Post by Category : arte e cultura

Come banalizzare Spinoza  0

C’è un modo sicuro per banalizzare le tesi di un filosofo: renderlo “di moda”, trendy come si dice oggi. La cultura vera, quella artistica inclusa, è frutto di attenzione filtrata e approfondita. L’ignoranza si manifesta anche nelle spezzettature, le famigerate frasi celebri, utilizzate come citazioni  servono a dimostrare  tutto e il contrario di tutto. Per fare un esempio, viene continuamente citata la frase di Voltaire: “ non condivido le tue idee ma mi batterò perché tu possa esprimerle” . A parte il fatto che Voltaire,prototipo dell’intellettuale moderno, non si sarebbe battuto in altro modo che con carta e penna. Ad un certo punto della sua vita, prima di ritirarsi nel suo castello di Ferney, nei pressi di Ginevra scrisse: “ Dopo aver tentato inutilmente di rendere ragionevoli gli uomini, preferisco vivere lontano da loro”.  Di recente, gli attivisti della banalizzazione, hanno preso di mira Bento de Spinoza, personaggio di grande coraggio e saggezza, morì a L’Aia all’età di 45 anni. L’Etica è uno dei miei  livre de chevet. In Spinoza sono  importanti le “Proposizioni”  seguite da “Dimostrazioni”,ma soprattutto è stimolo al libero pensiero. Nella seconda meta del Settecento vennero stampati una impressionante quantità di testi che condannavano non solo l’opera, ma proprio la stessa persona di Spinoza. “Sputa su questa tomba! Qui giace Spinoza..” Evidentemente la scomunica della comunità ebraica di Amsterdam aveva avuto un’influenza enorme sugli intellettuali dell’epoca. Goethe dedica molte pagine alle sue impressioni sui testi di Spinoza: “ Dopo che mi ero guardato attorno in tutto il mondo per trovare un mezzo per foggiare la mia strana natura, mi imbattei alla fine nell’Etica di Spinoza. Vi trovai un acquietamento dalle passioni, e parve che mi aprisse un ampia libera veduta sul mondo sensibile e morale. Ma quel che mi avvinse di più fu lo sconfinato disinteresse che traspariva da ogni massima.” Spinoza scrive: “ Chi ama Dio davvero non può pretendere che Dio a suo volta lo ami”.  Albert Einstein dichiara di avere fede nel Dio di Spinoza, perché egli  si preoccupa delle azioni e dei destini umani. Ma Spinoza guarda i suoi simili senza illusioni e mette in luce i loro limiti  quando scrive: “..noi non desideriamo niente per il fatto che lo giudichiamo buono, ma che viceversa diciamo buono ciò che desideriamo, e di conseguenza diciamo cattivo ciò che aborriamo..” (Ethica Preposizione 39 ) . Questa preposizione sembra fare eco all’affermazione di Agostino che nelle Confessioni scrive: “ Ci amano come si ama il cibo: per consumarci” (Libro Nono 2.2) . La riflessione può essere efficace se aiuta a determinare comportamenti e pensieri. Feuerbach  polemizza duramente con Hegel  non accettando la sua tesi della nullità della coscienza sensibile, ma con la scienza del poi potremmo dire che forse aveva torto.  Il corpo è il medio mediante il quale io m’incontro in generale con il mondo esterno. Se quindi voglio attuare i miei fini, devo rendere il mio corpo, inteso soprattutto come mente, capace di trasferire la soggettività in oggettività esterna. Questo è possibile solo attraverso la volontà, cioè il controllo del corpo. Come scriveva Seneca: “la libertà comincia dal controllo di noi stessi” . Oggi vale piuttosto l’indicazione che Rabelais pone sul frontone dell’abbazia di Teleme:” Fai ciò che vuoi”. Ma questa apparenza di libertà ci rende soggetti alle circostanze. Trascurata l’Etica e la volontà resta la verità di quanto scriveva Pascal: “ Un nonnulla ci turba perché un nonnulla ci consola”. Siamo perennemente a rischio. Forse a noi contemporanei non si addice l’Etica di Spinoza, accontentiamoci del pensiero debole.       rene magritte87

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Le asine di Saul.  0

A prescindere da religione e morale, è ancora possibile supporre che esista una interiorità negli esseri umani? Il carattere formale dell’opera d’arte è situata in un medio che, dovrebbe, riflettere valori posti tra soggettività e oggettività. La soggettività ha, per così dire, carattere privato, mentre l’oggettività è l’atto che la ragione compie prendendo una distanza dalle cose per meglio osservarle. Il pensiero, precede l’azione realizzatrice dell’opera, la soggettività dell’essere umano, per dirla in altro modo, parte da ciò che egli ha dentro. L’opera d’arte è il medio che realizza una sintesi armonica tra soggettività e oggettività, tra apparenza ed essenza. Nella storia dell’arte ogni creazione è legata, nei suoi elementi essenziali, al momento storico  in cui è prodotta. Una natura morta di Chardin, per esempio, non rappresenta soltanto un insieme di determinati oggetti, ma soprattutto il modo in cui alla metà del XVIII secolo il borghese francese viveva il suo ambiente. Basta confrontare un’opera di Chardin  con una natura morta olandese del XVI secolo o con opere di  Courbet o Cézanne per leggere nella forma di ciò che è rappresentato, delle trasformazioni storiche avvenute. Se in ogni opera d’arte l’hic et nunc è ineliminabile, significa che l’artista è influenzato dalla società che rappresenta. Non è compito della critica e filosofia dell’arte indagare i processi psicologici, ma è legittimo chiederci quale influenza avrà avuto su Francis Bacon la sua vita alquanto “disordinata” . E’ senz’altro vero che il giudizio riguarda l’opera e non l’autore, ma in questo modo si da per scontata la discrasia tra operare e pensare. Diceva Goethe: “l’uomo più insignificante può essere completo se si muove entro i limiti delle sue capacità e abilità; ma anche i bei meriti sono oscurati , annullati e distrutti se viene meno quella preposizione indispensabile “. Quindi s’imporrebbe un ritorno alle origine, la pittura come lavoro artigiano, manuale, senza pretese di trascendenza e rappresentazioni dell’inconoscibile astratto. Bacon usa la sua capacità tecnica per descrivere il suo inferno interiore. La pretesa universalità dell’arte, già contraddetta per altri versi, trova qui il limite nella soggettività. Dunque l’enfatizzazione di molti artisti si conferma, anche per questa via, una semplice operazione commerciale. Viene in mente Goethe. Nella replica finale Meister  Friedrich apostrofa così il protagonista: “mi sembri come Saul, il figlio di Kis, che andò a cercare le asine del padre e trovò un regno”.  Non pochi artisti contemporanei si trovano nelle stesse condizioni. L’opera d’arte è, o meglio era, il paradigma della perfezione. Una cosa fatta a regole d’arte era cosa perfetta. L’arte è allegoria che trasforma il fenomeno in concetto. Abolita la regola, l’arte diventa un manufatto come tanti. Ė questo, per concludere, il percorso a ritroso dell’arte priva di spinta interiore dell’artista, ignora la tecnica, rifiuta l’estetica. Tutto è affidato ai sofismi di una critica raramente padrona dei propri strumenti.      dali9

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Il linguaggio dei colori.  0

È ormai un consolidato luogo comune la tesi secondo cui il colore è percepito dall’emozione il disegno dalla ragione. In realtà vi è una terza ipotesi, l’emozione razionale, che non è un ossimoro come potrebbe apparire ma è la capacità della ragione di nutrire la sensibilità e renderla autonoma. Lo stesso Kant vede nei colori un’espressione del bello naturale. Alexandre Kojéve sosteneva: “ Ciò che è unico dell’arte, a differenza da altre creazioni dello spirito, è l’elemento del non esistente, del non pensabile..”. Qui appare chiara la posizione dell’arte contemporanea intenta a raccattare tutto ciò che non è forma. Dopo la perdita dell’aurea dell’arte, è seguita la perdita d’immaginazione creativa dell’artista. Kandinsky, nel suo entusiasmo quasi mistico, imbastì una interessante teoria sulla superiorità dell’arte astratta rispetto all’arte figurativa. Egli sosteneva che la superiorità dell’arte astratta consiste nel creare forme che non esistono in natura, mentre l’arte figurativa “copia” semplicemente l’esistente. Si può non essere d’accordo su tale tesi, ma certo ha una sua plausibilità. Purtroppo nell’evolversi successivo dell’arte astratta tale plausibilità è andata in gran parte smarrita. E’ prevalsa la casualità della forma alla quale solo a posteriore si tenta di dare un significato. Già Kant nel suo celebre testo “Teoria dei colori” aveva dato vita a una sorta di metafisica cromatica. Basterà ricordare la sua analisi del giallo: “Attraverso un movimento piccolo e impercettibile, la bella impressione del fuoco si trasforma in sensazione di melma, e il colore dell’onore e della gioia  si rovescia nel colore della vergogna, del ribrezzo, del disagio” . L’armonia della totalità è dunque questione delicata che non sembra percepita da gran parte degli artisti contemporanei, preoccupati più dell’effetto visivo, e qui entra in ballo l’emotività “ignorante” , che trascura la sensibilità capace di leggere i colori nel processo della semantica che trasforma la cromia nel linguaggio dell’arte.   colori.500

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Com’è bella la libertà!  0

Illustrissimo Chiarissimo Eminentissimo dott. Prof. Edoardo Boncinelli,

Ogni tanto, forse per punirmi, o per masochismo, leggo uno dei suoi articoli.Ovviamente ha ragione di propinare ai lettori la sua visione del mondo, infarcita  di colti anacoluti, detti paradossi, come  “quintali di parole”. La mia modesta opinione, del tutto irrilevante, visto che sono escluso dalla casta costituita da coloro hanno il potere di pubblicare regolarmente le loro corbellerie. L’apice in questo campo è raggiunto dalla critica d’arte, ma quelli come lei pullulano  in tutti campi. Credenziali per diventare oracolo sono: cattedra universitaria, libro di successo, presenza costante sui media. A quel punto le proprie opinioni diventano editoriali, vedi Saviano. E’ vero, la natura è spietata, la cultura è un fattore creato dall’uomo. E allora? Tutta la civiltà è una creazione culturale. Una donna che si accoppia con un animale. Un uomo che sodomizza e uccide un bambino. Un ragazzo minorenne che si prostituisce in un bordello per omosessuali. Sono cosa buona o cattiva? Sono natura o cultura?  Negli ultimi 70 anni la comunità umana, grazie agli intellettuali,  ha abolito le regole, rimosso ogni paletto etico. Salvo poi fingere stupore di fronte al susseguirsi di crimini ipocritamente definiti “orribili”. I guru della modernità avanzano tutta una serie di distinguo,tuttavia il mondo reale, creato dalla loro stupidità e corruzione, è di fronte ai nostri occhi. Neppure ai tempi di Sodoma & Gomorra si è visto tanto degrado, buona parte  spacciato sotto specie di “diritti individuali” . Letteratura ed arte celebrano lo sfacelo, mentre quelli come Lei proseguono nei distinguo. Intanto filosofi 70enni sodomizzano disc jockey di 18 anni, come già faceva Foucault, assiduo frequentatore dei ragazzi del ’68 che inchiappettava dopo averli storditi con la sua “sapienza”. Cohn-Bendit ha seguito le sue orme. Il resto è in corso….

I migliori saluti

piergiorgio firinu

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Progresso riflesso  0

Vi è una sorta di vuoto logico-linguistico  nel modo in cui si affronta  il tema della modernità e del progresso. E’ come se l’uomo contemporaneo fosse assillato dall’ansia  di precorrere i tempi ; una persona che corre senza guardarsi attorno  e senza sapere dove è diretta. Tutto questo trova supporto in diffusi apodismi. Parliamo di progresso, e tuttavia non abbiamo un’idea chiara di cosa realmente significa “progresso” per cosa? per dove?  Così come parliamo di arte senza avere chiarito il significato del sostantivo arte. Gramsci sosteneva che “il senso di una preposizione non dipende dalla qualità interna della preposizione stessa, ma deve essere valutata nel contesto” . Tutto ciò richiede dunque attenzione e riflessione soppressa dall’ansia di “progresso” che conduce a fallaci logiche che portano conclusioni errate. Fecondazione eterologa, eutanasia, matrimoni tra persone dello stesso sesso, libertà assoluta nei comportamenti individuali che, per altro, quando sono errati, ricadono a carico della comunità. Ci sono ciarlatani che promettono cure palliative come soluzione non solo nel campo medico, ma molto di più nel campo sociale, il loro successo è dato dall’incontro tra teoria e desiderio. L’illusione di libertà come specchio per allodole. Così ci convincono che arrivare a Parigi da Roma con 4 ore d’anticipo, 6 ore in meno per arrivare a New York, cambia in meglio la nostra vita, mentre in realtà giustifica solo l’aumento del costo del biglietto. Fuor di metafora, siamo davvero convinti che aver rimosso i paletti etici migliori la qualità della nostra vita? La frenesia di cambiamento è declinata soprattutto al femminile. Utilizzando richiami non proprio consoni come il libro di Simona Morini “Da Pascal a Fukushima”, si raffazzonano un insieme di teorie per tesi che, quanto più sono effimere e  provocatorie, tanto più suscitano l’interesse dei media. Anche la scienza si presta al gioco della provocazione. La teoria dei neuroni specchio, molto simile alla scoperta dell’acqua calda, ha occupato per mesi le pagine dei giornali. Era un’idea di progresso  della neurologia. Ora pare smentita da un libro di Gregory Hickok “ The Myth of Mirror Neurons”.  Ma in questo gioco non proprio adamantino di parole in libertà trova spazio anche “L’occhio della carne” teorizzato dalla filosofa Martha Nussbaum in “Persona oggetto”. Basta guardarci attorno per sapere dove ci porta tutto questo. Parafrasando Longanesi abbiamo fretta di arrivare, ma non sappiamo dove. Vi è un’artificiosa contrapposizione tra conservatori e progressisti, anche se è rimasto ben poco da conservare, e non è chiaro verso cosa stiamo progredendo. La scienza medica allunga l’aspettativa di vita,  ci aiuta a superare dolore e malattie, forse uno dei pochi vantaggi del progresso. Per il resto è un pullulare di tesi ardite ed  errate che trovano megafoni nei media contro i quali la maggioranza di noi non ha anticorpi. Nascono luoghi comuni che formano la pubblica opinione la quale raramente capisce, ma si adegua . Detto in altre parole, le opinioni della massa non nascono da riflessione e conoscenza, ma sono indotte da una decettiva e falsa comunicazione.

biennale2011-146

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www.artefutura.org L’Italia che sapeva sognare 1940 c.a Anonimo

i migliori anni2

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www.artefutura.org Pechino – Parigi Fotografie di Enrico Bossan 1989parigi-pechino3

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Cenni sull’origine dei romanzi  0

Antonio Delfini nei Diari  scriveva:“Il romanzo è diventato un’enorme truffa umana”. Gli scrittori contemporanei non tengono in alcun conto l’affermazione di Roland Barthes “La letteratura è la ricerca della parola giusta”. E neppure è ricordata la boutade di Oscar Wilde il quale affermava: “chi chiama zappa una zappa dovrebbe essere costretto ad usarla”. La cosiddetta immersione nella realtà, si riduce  alla rappresentazione del nuovo conformismo costituito da stereotipi, tanto antichi quanto il romanzo stesso, se è vero che già Petronio, secondo Hue, era letto per le sue lepide e spesso sconcissime rappresentazione. Vi è questa diffusa menzogna secondo cui la società sarebbe costituita in gran parte da persone per bene. In realtà sono folte le schiere di coloro che considerano  spregevole la virtù che limita la libertà, condiziona il diritto al piacere. E’ nota la boutade di Woody Allen: “ I cattivi vanno all’inferno, ma si divertono molto di più”. Tutto sommato, nella sua cinica concisioni è esattamente ciò che pensano le masse. J.J. Rousseau ha detto che le nazioni corrotte hanno bisogno di romanzi, come i malati di medicine. Ed esattamente come i malati ingurgitano ciò che viene loro dato, anche quando si tratta di placebo, le masse consumano romanzi, con predilezione alla sconcia trasgressività, al fatuo vittimismo, scegliendo spesso la forma più comoda: la tv. Lo schermo propina banalità e volgarità di ogni specie. La parola più inflazionata del nostro tempo è “diritto” . Oggi, più di ieri, chi scrive è attento alle regole del  politically correct, regole che, paradossalmente, non tengono in alcun conto l’etica, solo il rispetto formale sotto il profilo linguistico. Per dirla con parole più chiare e brutali, puoi parlare di pompini inculate, ammucchiate, ma guai se chiami negro un nero, sei messo alla berlina, guai se avanzi riserve sull’omosessualità. C’è un sorta di santo uffizio istituito dalle femministe USA che non tiene in alcun conto la libertà di espressione teorizzata anche da Rawls. Chi non condivide il pensiero unico, finto progressista, è tout court ignorante.  Secondo Hue l’intelletto degli umani è nemico naturale dello sforzo di conoscere, solo una minoranza è attratta dalla possibilità di ampliare i propri orizzonti mentali, i più sono molto più facilmente attratti dall’esca del piacere. Per questo ha facile gioco vellicare il progressismo da salotto,  tendenze ed  appetiti delle masse, fingendo di rompere tabù ormai inesistenti. Bernard Bolzano, filosofo che non a caso era già “fuori moda” ai suoi tempi,si schierava contro lo psicologismo che, per usare la fraseologia di Frege, spalanca le porte al terzo regno, vale a dire ai fenomeni mentali lontani da ogni ombra di verità ma linguisticamente correlati al soggettivismo intimistico tipico della letteratura femminile. Gli scrittori  infatti non hanno preoccupazioni formali, i best seller riguardano per lo più libri gialli o pornografici. Non si riesce a cogliere la natura della letteratura perché si è soggetti, come per la produzione artistica, al mercato. Parafrasando Poincarè  la letteratura non dovrebbe essere una raccolta di parole, come una casa non è una raccolta di mattoni. Siamo al punto cruciale della modernità. Non si scrivono libri per offrire cultura, come non si producono opere d’arte per indurre al bello. In entrambi i casi lo scopo è il guadagno. Il re è nudo. Le sue vesti non sono solo costituite dalla soggezione al potere, molto di più influisce l’ansia di riconoscimento mondano, avidità di guadagno nutrita di colta ignoranza.

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Dipingere l’aria.  4

Quale è la materia della pittura? Il colore,la tela, il segno? Le correnti che sostenevano “l’arte per l’arte” esprimevano la tendenza  oggettivamente esistente, la costituzione estetica delle opere come indipendenti da ogni altro riferimento. E’ seguita l’affermazioni di chi sosteneva, non importa dire, non importa fare, l’importante è esserci. E’ chiaro che l’apodittica autorefenzialità dell’arte porta agli estremi oggi palesi. L’arte in realtà è una sorta di alchimia, una simbiosi tra materia e pensiero. Analizziamo, a titolo d’esempio, lo stile di Pieter Brueghel il Vecchio, la solidità dei corpi e dell’aria che tiene il corpo separato dal mondo e nuovamente lo congiunge nel modo più profondo. Con la stessa forza con la quale i corpi s’incorporano nell’aria, essi si attirano anche l’un l’altro, diventano una sola sostanza. Il fiore acquista qualcosa dell’acqua, l’acqua dalla strada , il metallo dal cielo. Così si forma la materia della pittura. Ogni pittura ha dato, da sempre, un posto alla molteplicità della materia che si trasforma e da colore diventa immagine, fantasia, rappresentazione. Il ruolo mitico e unificante dell’arte non necessità del supporto della parola. Ma tutto questo ha un costo, richiede un percorso che non si arresta al ludico mondano, ma entra nelle viscere, corrode ed esalta. Kierkegaard descrive l’artista come un uomo infelice che trasforma in bellezza la sofferenza del cuore, non segue il gusto del filisteo. L’arte è tale quando possiede la capacità di guidare le emozioni ricettive. Assemblare assi, rifiuti, plastica, costruire strutture imponenti, non è creare, ma usare la materia informe come pensieri privi di sensibilità.

Piergiorgio FirinuBrueghel il Vecchio

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