Antonio Delfini nei Diari scriveva:“Il romanzo è diventato un’enorme truffa umana”. Gli scrittori contemporanei non tengono in alcun conto l’affermazione di Roland Barthes “La letteratura è la ricerca della parola giusta”. E neppure è ricordata la boutade di Oscar Wilde il quale affermava: “chi chiama zappa una zappa dovrebbe essere costretto ad usarla”. La cosiddetta immersione nella realtà, si riduce alla rappresentazione del nuovo conformismo costituito da stereotipi, tanto antichi quanto il romanzo stesso, se è vero che già Petronio, secondo Hue, era letto per le sue lepide e spesso sconcissime rappresentazione. Vi è questa diffusa menzogna secondo cui la società sarebbe costituita in gran parte da persone per bene. In realtà sono folte le schiere di coloro che considerano spregevole la virtù che limita la libertà, condiziona il diritto al piacere. E’ nota la boutade di Woody Allen: “ I cattivi vanno all’inferno, ma si divertono molto di più”. Tutto sommato, nella sua cinica concisioni è esattamente ciò che pensano le masse. J.J. Rousseau ha detto che le nazioni corrotte hanno bisogno di romanzi, come i malati di medicine. Ed esattamente come i malati ingurgitano ciò che viene loro dato, anche quando si tratta di placebo, le masse consumano romanzi, con predilezione alla sconcia trasgressività, al fatuo vittimismo, scegliendo spesso la forma più comoda: la tv. Lo schermo propina banalità e volgarità di ogni specie. La parola più inflazionata del nostro tempo è “diritto” . Oggi, più di ieri, chi scrive è attento alle regole del politically correct, regole che, paradossalmente, non tengono in alcun conto l’etica, solo il rispetto formale sotto il profilo linguistico. Per dirla con parole più chiare e brutali, puoi parlare di pompini inculate, ammucchiate, ma guai se chiami negro un nero, sei messo alla berlina, guai se avanzi riserve sull’omosessualità. C’è un sorta di santo uffizio istituito dalle femministe USA che non tiene in alcun conto la libertà di espressione teorizzata anche da Rawls. Chi non condivide il pensiero unico, finto progressista, è tout court ignorante. Secondo Hue l’intelletto degli umani è nemico naturale dello sforzo di conoscere, solo una minoranza è attratta dalla possibilità di ampliare i propri orizzonti mentali, i più sono molto più facilmente attratti dall’esca del piacere. Per questo ha facile gioco vellicare il progressismo da salotto, tendenze ed appetiti delle masse, fingendo di rompere tabù ormai inesistenti. Bernard Bolzano, filosofo che non a caso era già “fuori moda” ai suoi tempi,si schierava contro lo psicologismo che, per usare la fraseologia di Frege, spalanca le porte al terzo regno, vale a dire ai fenomeni mentali lontani da ogni ombra di verità ma linguisticamente correlati al soggettivismo intimistico tipico della letteratura femminile. Gli scrittori infatti non hanno preoccupazioni formali, i best seller riguardano per lo più libri gialli o pornografici. Non si riesce a cogliere la natura della letteratura perché si è soggetti, come per la produzione artistica, al mercato. Parafrasando Poincarè la letteratura non dovrebbe essere una raccolta di parole, come una casa non è una raccolta di mattoni. Siamo al punto cruciale della modernità. Non si scrivono libri per offrire cultura, come non si producono opere d’arte per indurre al bello. In entrambi i casi lo scopo è il guadagno. Il re è nudo. Le sue vesti non sono solo costituite dalla soggezione al potere, molto di più influisce l’ansia di riconoscimento mondano, avidità di guadagno nutrita di colta ignoranza.
Considerazioni sull'arte