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Spiritualità e pensiero  0

Se riuscissimo a sottrarci per un attimo ai condizionamenti del pensiero ordinario e materialista che domina la nostra società, ci apparirà evidente quanto la nostra sensibilità  sia obnubilata  dal pensiero unico corrente. Quale che possa essere il pensiero sugli artisti occidentali, è innegabile che non vi sia traccia di spiritualità nelle arti visive e nella musica di consumo di massa. Questa situazione non solo  influenza  la produzione d’arte, ma incide in modo determinante sulla compagine sociale. Le altre civiltà sono da noi viste  con una sorta di sufficienza, quando invece avremmo molto da imparare, soprattutto dall’oriente che conta un’antica e raffinata civiltà. Dovremmo renderci conto che la nostra, presunta, superiorità, è dovuta, oggi molto più del passato, al possesso di tecnologia e bene materiali. Anche la musica da noi è, per così dire, materializzata, In India, anche dalla cultura religiosa dei Veda , la musica è stata valorizzata in modo molto diverso da come è avvenuto in occidente. Molti artisti occidentali hanno compiuto pellegrinaggi in India per arricchire la loro ispirazione. La filosofia dell’occidente è dominata quasi completamente   dal senso dell’apparenza delle cose, la spiritualità, cioè il tentativo di arrivare all’essenza dei fenomeni, è considerata una stranezza di spiriti bizzarri. Nella tradizione magica di tutti i tempi, il suono finalistico, è uno dei fili conduttori della meditazione interiore. Così come il linguaggio, ogni parola può, deve, essere analizzata in ogni sillaba e, secondo la tradizione il Tantra, le singole sillabe corrispondono ad aspetti diversi della spiritualità. L’aiuto dei suoni sembra essere una particolare posizione tantrica. Nella cultura indiana la caratteristica di  indefinitezza della fantasia individuale, trova la sistemazione in un certo ordine che riguarda il superamento dell’apparenza visiva. Rilevante la meticolosità dei testi chiamati Sadhana, alcuni dei quali risalgono a 500 anni a.c.  Fu compito degli artisti eseguire la prescrizioni. La grande maggioranza delle immagini tantriche  giunte fino a noi testimonia esattamente le prescrizioni del Sadhana. L’immagine artistica è estremamente importante, tanto da essere considerata il punto di partenza per la visualizzazione della multi sensibile spiritualità capace di sottrarre l’osservatore dalla percezione del presente per trasportarlo in una dimensione onirica, allucinatoria attraverso il semplice esercizio della meditazione. E’ chiaro che siamo lontani anni luce dalla nostra realtà sociale e artistica nella quale prevalgono le forme “razionali” e materiali, pensiamo alla pop art, alla body art, alle sculture di Richard Serra, pensanti e spogli manufatti industriali spacciati per opere d’arte.       aaaaaaaaaaastrumento-per

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L’origine oscura del pensiero.  1

I neurofisiologi  sostengono che , non solo l’attività della nostra mente crea effetti collaterali permanenti a livello neurologico;  e vero anche il contrario. I nostri pensieri coscienti sembrano scaturire dalla profondità della mente , le immagini irrompono nel centro delle nostre riflessioni senza  che noi abbiamo idea della loro provenienza . Questo vale per le persone comuni e scienziati. Per gli artisti, in mancanza di comprensione del meccanismo immaginativo, è stata coniata l’espressione: ispirazione. Così gli artisti si attribuiscono i meriti delle loro “improvvisazioni” , senza capirne la provenienza.  Siccome per ispirazione vale ciò che si dice dell’araba fenice, che ci sia ciascun lo dice, cosa (dove) sia nessun lo sa, accade che all’insegna dell’ispirazione ci tocchi osservare cose che gli umani non dovrebbero vedere, tanto meno fare.   Tornando seri,  questa dicotomia del sé creativo in una parte cosciente e in una parte inconscia, è uno degli aspetti che più turbano scienziati e filosofi cognitivi quando  tentano di capire la mente. Se, come abbiamo visto, le nostre idee migliori sembrano scaturire da misteriosi e profondi recessi della mente, la domanda che si pone la filosofia cognitiva è: chi siamo noi veramente? Dov’è situato lo spirito creativo?  E’ un atto di volontà che noi compiamo oppure siamo in larga misura determinati da fattori che sfuggono al nostro controllo?  La convinzione di possedere il libero arbitrio è una sorta di auto-inganno?  Questo varco che il dubbio apre nella mente, è il punto di cova di tutte le oscurità dell’animo umano, la magia, la religione, la superstizione. Se invece d’impegnarci per un faticoso accumulo di conoscenza cediamo alla tentazione di andare  a “scuola dallo stregone”, vista la difficoltà di capire rinunciamo all’impegno di capire, imbocchiamo una deriva pericolosa.   Luca signorelli

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Mente e pensiero  0

Ciò che il cervello umano ha in comune con il pc, è l’ hardware, che conta generalmente più del software, ovviamente se non ci sono difetti e limiti di “fabbricazione” . Detta così, la cosa è forse eccessivamente semplificata ma nella sostanza non lontana dalla realtà, se non per una differenza sostanziale: l’assorbimento del software non è uguale per tutti cervelli. Questo è un aspetto che gli studiosi di neurologia non hanno ancora chiarito totalmente. Tantomeno  lo hanno chiarito filosofi e logici. Nel 1977 Karl R. Popper & John C. Eccles pubblicarono un bauletto con tre volumi “L’Io e il suo cervello” . Il terzo volume si concludeva con la frase:” …….l’uomo ha creato se stesso, mediante la creazione del linguaggio descrittivo e, insieme con esso, il Mondo.” . Nel 1978 Daniel C. Dennet pubblico “Brainstorm” . Il titolo del 15° capitolo: “Diamo ai sostenitori del libero arbitrio ciò che dicono di volere” . Daniel Clement  Dennet  è uno di quei filosofi americani che possono essere considerati pilastri dell’industria culturale, pubblica un’infinita di volumi di cui solo il 10% ha carattere di originalità e sostanza. Nel 1981, insieme a Douglas R. Hofstadter, ha pubblicato “L’Io della mente”, chiunque coglie l’assonanza semantica con “L’Io e il suo cervello”, anche se è ampiamente noto che per gli studiosi della materia, cervello e mente non sono la stessa cosa. Ma le ambizioni di Dennet, che dirige il Center of Cogntive Studies presso la Tufts University Medford, sono davvero smisurate, tanto che nel 2013 ha pubblicato “Strumenti per pensare” , una serie di divagazioni, alcune scherzose, in cui si propone di fornirci il software perché anche noi, comuni mortali, si possa tentare di mettere insieme qualche pensiero meno banale (come fa lui in molte parti del libro!) . Gli studi di IA in questi anni hanno fatto enormi progressi, tanto che, fin dal 2003, una esaltata neuroscienziata docente di farmacologia a Oxford e direttrice della Royal Institution inglese, ha pubblicato un libro con il titolo “Gente di domani” , un insieme di farneticanti profezie che ogni persona di buon senso si augura non si avverino mai, anche se,  l’accanimento scientifico verso la creazione dell’essere bionico, non lascia ben sperare. Questo scritto è infarcito di richiami a testi il cui valore  lascio a voi giudicare, per chi avrà  la pazienza di leggerli. E’ mia opinione che, nella migliore delle ipotesi, sono inutili, rispondono al detto diffuso tra i docenti “Pubblica o muori”. La spazzatura che in gran parte contengono, se non serve a chi li acquista e li legge, serve certamente a chi li pubblica. Nei miei testi e interventi filmici non mi stanco di mettere l’accento sulla necessità che si ampli il più possibile la conoscenza, non si può maturare un fondato senso critico se non si accumula conoscenza, mantenendo la consapevolezza che idee ed  immagini che la nostra mente cattura,  sono come il carbone per la caldaia, utile, ma dopo l’uso deve essere smaltito. Le nostre idee migliori sono quelli che maturiamo autonomamente dopo avere consumato tutto il “carbone” possibile . Lo spirito creativo, la famigerata “ispirazione”, non è qualcosa che nasce dal nulla, ma è supportata dal nostro hardware biologico, ed è frutto del nostro impegno per allargare i nostri orizzonti, non per trovare conferme alla nostre convinzioni. Quando gli si chiedeva la ragione del suo genio, Einstein rispondeva: 5% intuito, 95% lavoro.

 

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L’ottimismo di Pascal  0

 

E’ mia convinzione che l’arte possa sottrarsi alla mimesi ma non all’estetica senza mutare il proprio stato ontologico. L’evoluzione del pensiero sull’arte, che dovrebbe precederne l’attuazione, è sempre più spesso affidata alla improvvisazione. Parafrasando György Lukàcs: lo fanno ma non sanno perché. E’ questo il vero snodo problematico dell’arte contemporanea. Le discussioni sull’arte non tengono nel dovuto conto la distinzione tra segno e designato, piano dell’espressione e contenuto, in breve il rapporto tra intenzionalità e risultato. Richiamandoci a Frege, per ogni espressione occorre definire, distinguere tra satura e insatura, tradotto nel formalismo artistico, se un’opera non riesce esprimere ciò che è nelle intenzioni dell’artista, resta forma priva di significato, ovvero assume un significato diverso da quello che si proponeva l’artista nel realizzare l’opera. La filosofia dell’arte è sinteticamente definita da Wittgenstein quando, nel  Tractatus, parla del non senso dell’uso filosofico del linguaggio. La pretesa delle avanguardie di abolire l’estetica , e quindi la distinzione oggetto/concetto, assumendo di voler adottare un  linguaggio concettuale, ha prodotto la deriva dell’arte oggi confinata in un limbo di artifizi e serialità. La teoria dell’arte ha proceduto per balzi, fra apodismi e dogmi, guidata dall’ansia di abolire il passato. L’artista ha ritenuto di raggiungere la  libertà assoluta  affidandosi alla casualità. A ben vedere è un evidente regresso proprio del comportamento degli animali i quali sono  però guidati dall’istinto. Quanti tra coloro che hanno visto il film “Qualcuno volò sul nido del Cuculo” ha compreso il senso del titolo? Il Cuculo non fa nido, è un uccello parassita che occupa nidi di altri volatili nei quali depone le proprie uova, spingendo fuori dal nido le uova dell’ospitante involontario. I piccoli, appena usciti dal guscio, spingono fuori dal nido le uova in fase di cova. Perfetta metafora degli artisti contemporanei che, quando non ricorrono al citazionismo, si fanno spazio nella storia dell’arte spingendone fuori i maestri del passato e tutte le teorie che hanno accompagnato l’arte nei secoli, quasi che anche l’arte debba essere soggetta al famigerato progresso.  La Sagrada Familia di Antoni Gaudi  ha una forma molto simile a un termitaio, (vedi fotografia allegata, ) ma le due strutture sono completamente diverse in quanto alla genesi della costruzione. La differenza è data dall’intenzionalità progettuale di Gaudi, mentre le termiti agiscono per puro istinto, senza un principio razionale. Ulteriore conferma che  ridurre l’arte a casualità istintuale, tenuto conto, che siamo privi d’istinto, significa affidarci alla  sola casualità, compiamo un lungo balzo a ritroso. Blaise  Pascal, ne “I pensieri” , afferma che l’uomo, pur con i suoi limiti, fragilità, contraddizioni, è superiore a tutti gli altri animali perché, dice Pascal, egli è “una canna che pensa”. Temo che Pascal abbia peccato di ottimismo. In molti campi dello scibile umano il pensiero è guidato prevalentemente da irrazionalità emotiva, (gli esempi occuperebbero più pagine), ovvero da pragmatismo funzionale. L’arte, cancellato il filo d’Arianna che si dipanava dal passato al futuro, è una entropica confusione di segni, predominata  dalla casualità. L’artista finisce per attuare una maieutica degli orrori.

piergiorgio firinuterminaio-e-sagrada-famiglia

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Senso e signficato  0

Il problema della critica e filosofia dell’arte è innanzi tutto il linguaggio, dovremmo chiederci preliminarmente a quali  principi epistemologici si ispirano le singole filosofie dell’arte, se è attuata la  distinzione tra  logico e  psicologico, l’oggettivo e il soggettivo. E’ necessario valutare accuratamente il significato delle parole e la loro coerenza con il contesto enunciato. E’ fondamentale aver sempre presente la  distinzione tra concetto e oggetto. Non si raggiunge  validità ermeneutica se si sovrappone psicologia all’inferire logico. La storia dell’arte ha una precisa funzione di ricostruire un percorso storico, con marginali incisi ermeneutici. Critica e filosofia dell’arte invece impostano le loro tesi su una sorta di autorefenzialità con  la pretesa di descrivere non solo le opere, ma addirittura la struttura psicologica e motivazionale degli artisti. Evidentemente viene dato per scontato che le opere siano incomprensibili, quindi necessitino di un  “manuale” con le istruzioni. Ne deriva l’implicita tesi che il linguaggio dell’arte non goda di autonomia espressiva. Chimica, ingegneria, medicina, letteratura, teatro, non sembrano necessitare di un supporto filosofico per la loro comprensione,   solo l’arte sembra godere di  questo privilegio. Perché indulgere in una pluralità di teorie ermeneutiche? Perché quando analizziamo le possibilità di comprensione di un’opera d’arte ci inoltriamo in una serie di richiami filosofici, non di rado incongruenti, quasi  fossimo di fronte a un oggetto misterioso la cui comprensione è possibile a più livelli? Nell’elaborazione testuale  perdiamo di vista l’essenziale: che cosa è? Che cosa significa? Vi è una netta distinzione tra l’analisi psicologica e l’ermeneutica dell’oggetto, anche se spesso vengono sovrapposti.  Il risultato è confusione semantica, e la non  coerenza dei fini, nel senso che non vi è interpretazione, ma attribuzione di significato, che a tutti gli effetti appare arbitrario. Come possiamo condurre un discorso nella logica dell’interpretazione e contemporaneamente  attribuirci  facoltà di dare  significato all’opera? Se vogliamo arrivare a stabilire il senso dell’opera, dobbiamo rinunciare ai paludamenti verbali,  arrivare alla sostanzialità semantica. La grammatica delle definizioni deve purgarsi dalle colorazioni emotive e soggettive, queste, se mai ,restano prerogative degli artisti. Va da se che, essendo l’opera d’arte sottratta alle regole logiche, diventa arduo definire errori e distorsioni. E’ in questo vallo epistemologico si incuneano le fantasiose divagazioni ermeneutiche. E’ necessario distinguere tra ragionamento effettivo e  corretto dall’espressione del pensiero corrente, perché in tal caso, anche tesi infondate acquistano una parvenza di plausibilità. Le generalizzazioni sono frequentemente adottate proprio dagli ermeneuti che nutrono pretese innovative.   aaaaaaaaaaaaaaaaasenso-e-signficato

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Arte e cultura islamica.  0

Vi sono molte ragioni che spiegano la frattura tra Islam e Occidente. Anche se la retorica ufficiale insiste sulla distinzione tra islamici moderati e fondamentalisti, non c’è dubbio che su entrambi i fronti la convivenza è difficile. Le ragioni sono, more solito, di pretese egemoniche dell’occidente ed economiche, a cui si aggiungono secoli di sfruttamento e sottomissioni dei popoli del M.O. da parte dell’occidente, in primis dell’impero britannico, dal quale gli Stati Uniti hanno raccolto il testimone. Non c’è dubbio che la stessa esibita volgarità dell’occidente, che fà leva sui sensi, può essere polo di attrazione per le giovani generazioni islamiche,questo spinge verso l’estremismo famiglie tradizionali ed autorità religiose. In questo clima di conflittualità  si finisce per dimenticare che, nel campo dell’arte, ma non solo, l’occidente deve molto al mondo arabo. Gli algoritmi che consentono il funzionamento dei computer  li dobbiamo agli studi di Muhammad ibn Müsä, sopranominato al-Muhammad , matematico persiano il cui libro di procedure matematiche, scritto nel IX secolo , fu tradotto in latino  nell’XI da Adelardo di Bath e Roberto di Chester, i quali ne storpiarono il nome dando vita al neologismo algoritmo che è alla base di buona parte della sviluppo matematico dei secoli successivi.  L’arte mussulmana si spinse  fino alle frontiere dell’arte romanica, non soltanto nel regno franco di Gerusalemme, ma anche in Spagna, dove aveva determinato direttamente una forma composita, l’arte mozarabica e nella Francia del Sud- Est  e del Sud –Ovest, dove la cupola a nervature d’Oloron Sainte-Marie riproduce le cupole di Toledo, dove alcuni portali della Vandea, del la Saintonge e del Poitou  sono traforati e filigranati come stucchi di moschea, e molti capitelli accolgono una fauna esotica;  si è visto che Notre-Dame di Le Puy è debitrice dell’arte mussulmana. Un ruolo importante ha avuto l’arte islamica anche nella elaborazione della scultura monumentale dell’Occidente che senza dubbio reca in  sé molti temi del vasto repertorio del genio dell’antico Oriente, in parallelo  con sopravvivenze ellenistiche. Gli arabi avevano la tendenza ad escludere forme di creature viventi, seguendo in questo le indicazioni coraniche. Il gusto orientale  del geroglifico che anticipa di secoli, in forma molto più raffinata, la geometria astratta che ha avuto inizio in Europa solo all’inizio del ‘900. Purtroppo, più che la cultura e le raffinatezze artistiche, ha avuto la meglio il pragmatismo materialistico dell’occidente. Le armi hanno avuto il sopravvento sulla ragione.     parigi-pechino83

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La logica è democratica.  1

Kant ha anticipato intuitivamente ciò che è stato realizzato da Hollywood : le immagini come strumento di propaganda.  La stessa produzione secondo moduli  apparentemente conformi al comune sentire, in realtà contenenti un surrettizio principio di devianza. L’arte è andata oltre. La logica è democratica, essa vale per gli umili come per i potenti. Rimuovere il principio logico è il primo passo verso l’arbitrarietà delle decisioni. “Tutto è arte” va esattamente in questa direzione. L’affermazione è apparentemente democratica, in realtà rimuove la regola e lascia libertà d’arbitrio. Se, come scriveva Kant, ricollegandosi a Haller, l’etica viene meno, allora l’intera società è travolta dal nichilismo. Sade e  Mandeville sono celebranti dei vizi borghesi, Hobbes si limita a giustificarli. “Togliete al popolo che volete sottomettere il suo dio, e demoralizzatelo; finchè non adotterà altro dio che voi, non avrà altri costumi che i vostri….Lasciateli pure in compenso la più ampia facoltà di delinquere; e non puniteli  mai…”(“Histoire de Juliette” del marchese de Sade) Sembra la descrizione della società di oggi. “Non può esserci altro equilibrio se non quello degli interessi e delle passioni” (Ibid). L’economia mercantile scatenata ha travolto anche l’arte. I progressisti- reazionari   hanno capito che la libertà assoluta porta all’anarchia organizzata e strumentalizzabile dal potere. Foschi  aedi del progresso reazionario, lo hanno ben compreso. Se la grande filosofia, Leibniz e Hegel, pur nei limiti delle  astrazioni, avevano tentato un’istanza di libertà e di verità, l’ideologia borghese ha cancellato ogni slancio. Il pragmatismo odierno non lascia spazio all’arte come forma di conoscenza, depauperandola nel più bieco mercantilismo, con l’avvallo di filosofie dell’arte pregne di nichilismo. Il pensiero che ispira l’arte è ritenuto sensato solo se privato di senso. Preso atto della deriva mercantilistica dell’arte, si dovrebbe avere la coerenza di trarre le conseguenze, adottando le modalità con le quali si procede quando si vuole imporre un brand. Avviare un’indagine conoscitiva sugli artisti per comprendere la caratteristica socio- culturale dei produttori. Scegliere 100 tra i maggiori artisti contemporanei, indagare la loro provenienza geografica, corso di studi, classe sociale di appartenenza, credo religioso o atei, tendenze sessuali,  genere, dove e come sono avvenuti gl’inizi dell’attività artistica, quali galleristi e critici li hanno sostenuti, in quale misura questi ultimi condividevano stesse propensioni e tendenze. Da questa indagine, ben più che dalle artificiose e decettive manipolazioni critiche-filosofiche, sarebbe possibile conoscere la reale natura del sistema dell’arte. Basterebbe stabilire in quale misura esiste uniformità o difformità  tra i vari soggetti, aiuterebbe a capire se essi seguono il mail stream, ovvero mantengono una loro originalità di pensiero e azione. Va da sè che simile indagine non verrà mai attuata, i pretesti censori non mancano, la politically correct , il rispetto della privacy, l’idea che l’artista vada “giudicato” esclusivamente in base alle opere e non per le propensioni personali. Tuttavia non c’è dubbio che se l’80/90% degli artisti fosse omogenea, solleverebbe più di una perplessità sulla reale libertà della loro libera natura personale e artistica. Non resterebbe che continuare con l’ormai noioso mantra: cos’è l’arte. Si finirebbe per considerare scontata la schizofrenia tra la produzione di cultura e sensibilità, propria dell’opera d’arte,  e il pensiero, cultura e originalità del produttore. Troverebbe conferma l’evidenza: l’arte è ridotta a prodotto commerciale.

 modernita

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Globalizzazione del sapere o psicogorrea?  0

 

Sappiamo cosa significa gnosi? Avere coscienza della pluralità dei punti di vista non significa che i  livelli di conoscenza si equivalgano. ”Chi sapesse tutto e fosse trasparente a se stesso non avrebbe più niente da conoscere ed esperire, sarebbe morto” . E’ quanto sostiene Stefano Velotti in “Storia  filosofica dell’ignoranza” . Quest’affermazione è icastica dimostrazione della psicogorrea di cui è preda la cultura dell’occidente. Intanto è assolutamente impossibile conoscere tutto, se non altro perché l’essenza della conoscenza è il divenire, quindi la conoscenza uscirebbe dal campo della cultura per sconfinare nel campo delle profezia,  immaginando ciò che avverrà in futuro. Ma soprattutto  il sapere è per lo più circoscritto in ambiti geografici  e settori specifici di conoscenza. Non basterebbe una vita per conoscere e comprendere la filosofia cinese. Nel 1956 Mondadori ha pubblicato: “ Storia della filosofia cinese” di Fung Yu-Lan. Da allora  leggo periodicamente questo libro e sono consapevole di non avere compreso interamente il pensiero che vi è esposto, troppe  differenze nella forma mentale con i dotti cinesi. Può darsi che ciò dipenda dalla mia modesta intelligenza, certo la raffinatezza e profondità delle teorie  filosofiche cinesi sono tali da assorbire il pensiero di menti molto più acute della mia. L’occidente è condizionato dal pragmatismo nel rapporto della realtà e  linguaggio. Vi è una dispersione  in domande retoriche che sembrano più tese ad attivare acquirenti di libri che affrontare davvero questioni importanti. In questo ambito colloco il libro  pubblicato dal Mulino “ A cosa serve la verità”, autori Pascal Engel e Richard Rorty. Pilato pose la domanda: “cos’è la verità” , alla quale non è stata data ancora risposta. Il pensiero debole, ovvero il relativismo morale, ha tagliato il nodo della questione, assumendo che non esiste verità. In questa babele di dotta stupidità, spicca la filosofia dell’arte che nel solco del relativismo, crea illusionismi verbali il cui fine sembra essere soprattutto pro mercato. L’elenco di autori  oggettivamente decettivi, sarebbe lunghissimo. Artur C. Danto, George Dikie, Tiziana Andina, Federico Vercellone, Nigel Warburton, sono  alcuni dei filosofi che, partendo da ottiche  diverse, hanno di fatto avvalorato la tesi:  siccome l’arte è morta, tutto è possibile. Un modo infelice di parafrasare ciò che Dostoevskij fa dire a Ivan Karamazov: “ Se dio è morto tutto è possibile” . In realtà, come già sosteneva Pasolini, il senso di morte pervade da tempo tutta la società dell’occidente, volgare e materialista.  L’arte si adegua essendo gli artisti imbevuti di  una cultura che inneggia al mito della  libertà di cui in realtà ignoriamo il significato. I media producono a ritmo costante nuovi idoli per incrementare e lucrare sulla dabbenaggine di massa, senza guardare troppo per il sottile. Qualche giorno fa giornali e tv hanno dato grande spazio a una poveretta che si è rifugiata nella scrittura. Amina Sboui autrice di “Il corpo mi appartiene” . Truismo povero come il bagaglio culturale di  chi l’ha scritto. Per propagandare il libro l’autrice è apparsa nuda coperta di tatuaggi, la scritta “Fuck”  a grandi caratteri sul seno. Questa è oggi la cultura di massa. Ogni commento è superfluo.

Piergiorgio Firinuaaaaaaaaaaaadonna-diabolica

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Il brutto nell’arte.  0

Il libro “Dopo la morte dell’arte” di Federico Vercellone, è scritto e argomentato molto bene. Peccato che le sue tesi  ricalchino  le teorie di Belting, Danto, Dickie,  siano contraddittorie, smentite dalla realtà fenomenica dell’arte.  Warhol, Oldenburg  e gli altri artisti della PopArt, propugnatori dell’arte cosiddetta “vicina alla realtà”, sono diventati rapidamente icone, venerate e costosissime , ospitate   nei musei.  Esattamente come l’arte che loro contestavano assumendo di produrre “arte democratica” . E’ il destino di tutte le avanguardie il cui fallimento è certificato dalla loro “finta” contrapposizione alla status quo che non è mai  modificato, solo sostituito dalle nuove teorizzazioni. E’ risibile il susseguirsi di libri sull’arte contemporanea, per lo più angiografie, testi che ricalcano i  Medioevali dibattiti  sul sesso degli angeli, in una sorta di metafisica  immaginifica e decettiva,  a favore del sistema dell’arte, ovvero dei mercanti, specie i mercanti  USA  dotati di cospicue risorse  finanziarie. Trattasi di un “hortus clausus”  gestito da una oligarchia finanziaria, di  spacciatori d’arte per soddisfare le manie di feticisti del possesso.  L’inganno si avvale dell’ assunto “tutto è arte”. Affermazione apparentemente  democratica, che però serve a rimuovere i riferimenti di qualità e valore. Mentre prima era possibile una distinzione, avendo come riferimento la qualità dell’opera, oggi la scelta è esclusivamente demandata alla ristretta cerchia di chi  domina il cosiddetto mondo dell’arte, ovvero essenzialmente il mercato. Risulta falsa la tesi di Belting, il quale sostiene che:”…qualsiasi  cosa stesse all’interno del museo era privilegiato nei confronti di qualsiasi cosa stesse fuori…”  Oggi in realtà non è cambiato nulla. Semplicemente nel museo sono entrati  Brillo Box,   scope, tavole apparecchiate, tubetti di dentifricio usato, prodotti multi seriali e cartellonistici. In breve, l’assoluta banalità si è fatta “arte”. Il Museo era una realtà inaccessibile alla maggioranza degli artisti ieri, esattamente come ai più  è inaccessibile oggi. La differenza consiste nel decadimento qualitativo delle opere ospitate nelle sale. Essere collocate nel museo equivale  ad una consacrazione, si leggono i curriculum degli artisti, oggi come ieri sono elencati i musei che li ospitano, prodromo all’accesso ad aste milionarie. Si è prodotto un frame eletti stico  di basso livello, che seleziona in base a criteri oscuri. Caduta ogni distinzione stilistica e di contenuto, il problema dell’artista non è più produrre opere di qualità, ma riuscire ad accedere alla ristretta cerchia di coloro che hanno il potere d’inserire le sue opere nel circuito commerciale, primo passo per ottenere l’accesso al Museo e quindi l’“incoronazione” di artista di successo. Non è affatto vero che ad essere andata in crisi è la mentalità idealistica e platonica dell’arte. Semplicemente  la differenza ontologica dell’oggetto artistico è il background  culturale che ha accompagnato la creazione artistica ha perso valore,non è più il riferimento.  Accostare a William Morris  e la Bauhaus al processo disgregativo dell’arte prodotta da Warhol & C. è vera falsificazione della realtà. Morris produceva oggetti utili e curava meticolosamente il design. Non spacciava tubetti di dentifricio usati e  cartelloni pubblicitari come opere d’arte.

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Tecnologia e superstizione.  0

Tecnologia e superstizione

Nel  periodo tra fine anno e inizio del nuovo  sono particolarmente attivi aruspici, indovini e maghi. La nostra era tecnologica non ha eliminato  la superstizione, presente in ogni civiltà fin dalla notte dei tempi. Babilonia fu la città in cui più ebbe sviluppo l’astronomia, di qui derivò la lettura delle stelle per oroscopi e divinazioni. Dione Cassio c’informa che Settimio Severo aveva fatto dipingere le stelle nelle volte delle camere del palazzo in cui amministrava la giustizia, fatta eccezione della parte del cielo in cui era possibile ricavare il suo oroscopo. Il Codice teodosiano proibiva magia e divinazioni, punite  con pene severissime, fino alla pena di morte come per l’omosessualità e l’adulterio. Bastò l’accusa mossa ad Aristofane, di aver introdotto  presso Parnasio, governatore d’Egitto, un indovino, per farlo sottoporre a  tortura e correre il rischio di subire la pena di morte. Per inciso erano puniti severissimamente coloro che urinavano sulla statue, la pena poteva arrivare alla morte se la statua raffigurava l’imperatore. Apuleio, accusato di pratiche magiche, fu accusato di veneficium. Erano particolarmente perseguiti gli oroscopi che riguardavano l’imperatore. Ammiano Marcellino racconta la vicenda di Assiria, moglie di Barbazione che scrisse una lettera cifrata al marito, comandante di fanteria (pedestris militiae) dopo aver consultato un esperto di oroscopi. Nella lettera informava il marito che l’imperatore, Costanzo II, sarebbe morto ed egli sarebbe diventato il nuovo imperatore. Denunciata dalla serva, fu giustiziata e il marito con lei. A causa di una stupida donna fu provocata una tragedia. I romani giustificavano la persecuzione dei maghi accusandoli di voler conoscere ciò che non è lecito all’uomo conoscere. Al contrario dei greci che sostenevano che il  dio Apollo proteggesse gli indovini. Anche Platone sosteneva che la divinazione era un facoltà concessa ad alcuni uomini dagli dei. Porfirio, nel III secolo d.C., era sulla stessa linea di pensiero  per sostenerla  scrisse “Filosofia degli oracoli” . Giamblico ebbe invece un atteggiamento critico, non solo contro la divinazione, ma anche contro la scienza. Vi era dunque disparità di opinioni, la caccia alle streghe non fu una  scoperta dell’Inquisizione della Chiesa Cattolica, come vorrebbero far credere alcuni studiosi. Le streghe di Apuleio commettono maleficium, ovvero azioni magiche e cattive. Esse sono temute. Per benevolenza avverte Lucio, l’eroe della Metamorfosi, che la sua ospite è una maga famosa: se ne guardi bene! Apuleio parte per la Tessaglia alla ricerca di ricette magiche, per questo verrà punito. Anche l’Antico testamento interdice le pratiche divinatorie e magiche: “ non abbiate commercio con gli incantatori e non contaminatevi a causa loro” (Levitico 19.31) Nel  Deuteronomio (18.10.12) “…Chiunque pratica queste cose  è abominevole davanti a Jahvè…”. Ancora Origene  ritiene inaccettabili gli argomenti avanzati dal pagano Celso. Ci sarebbe ancora molto da scrivere sull’argomento, questo breve cenno è solo indicativo di come, parafando Chamfort, gli esseri umani incapaci di vincere vizi e debolezze, hanno scelto di cancellarne nome e  significato, in modo da poter fingere  allegria anche nelle pratiche più sciocche.

piergiorgio Firinu aaaaaaaaaaaaareligione e magia

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