Siamo giunti al punto in cui è forse necessario un vero e proprio riposizionamento culturale. La cultura umanistica, anche quando non è accantonata del tutto, è comunque vista come una forma inutile di snobismo culturale, una forma di sapere che non serve alla produzione. La scuola deve preparare al lavoro. Questo è il leitmotiv trasmesso dai media. Il valore della vita umana non può, o non dovrebbe, essere orientato solo alla produzione. Anche l’arte è da tempo entrata in un circuito di produzione-mercato. Le risorse culturali che migliorano la nostra umanità vengono orientate in senso ideologicamente impuro. La cultura ha una posizione ancillare rispetto al mainstreem corrente. La letteratura non è più, come diceva Roland Barthes, “la ricerca della parola giusta”, ma piuttosto la ricerca dell’espediente che suscita curiosità, appare provocatorio. Non conta la forma ma il contenuto. La letteratura ha rinunciato al ruolo di orientamento scegliendo di seguire il pensiero unico, dandone un’interpretazione che trovi il consenso delle masse. L’etica è sicuramente estranea all’orientamento sociale generalizzato. Ne abbiamo conferma ogni volta che accendiamo la tv, apriamo un giornale, seguiamo un network. Vi è l’esibizione di un narcisismo pervasivo. Si discute da tempo sulla funzione del web, se renda stupidi o semplicemente amplifichi la stupidità. Quello di cui non si parla è la ragione per la quale sul web le ragazzine e le loro madri sentano la necessità di esibire la propria anatomia e gli organi genitali, molto più dei maschi. E’ possibile, come scriveva Nietzsche: “ Il ripetersi di esperienze di soli corpi , ci distoglie dal pensiero”. Vi è inoltre la paura della solitudine, incapacità di vivere davvero in modo autonomo la propria vita e quindi, come scrive Nietzsche:” Troppo frettoloso è il solitario nel tendere la mano a colui che incontra”. Anche nell’arte vale lo stesso concetto. Un personaggio come Picasso, che pure era immerso nella mondanità, arrivava a dire:” Senza grande solitudine nessun serio lavoro è possibile”. Ma c’è ancora qualcuno che apprezza un “serio lavoro” nell’arte, nella letteratura, nel teatro? Aggressività e competizione sono la cifra della nostra società priva di riferimenti etici, ma soprattutto priva di pace. Henry James il 28 ottobre 1895 annotò nei suo taccuino un breve incontro con Mrs Procter è l’affermazione di questi:” Nulla è più appagante che stare in compagnia di un libro” . I tempi sono cambiati e i libri pure, ma esistono pur sempre i classici che la maggior parte dei giovani non ha letto, Moby Dick. La commedia umana di Balzac. La vita e le opinioni di Tristram Shandy Gentiluomo. Di Laurence Sterne e un gran numero di altri libri a cui vale la pena di dedicare un po’ di tempo sottraendolo eventualmente a quello speso su network. 
Considerazioni sull'arte






La pubblicità redazionale deve essere semplice e incisiva. Forse per questo Maurizio Ferraris non divaga con citazioni ai molti colleghi che hanno affrontato il tema della percezione. Così invece di richiamarsi al filosofo Joseph Campbell, preferisce richiamarsi alla zuppa Campbell. La pericolosità sociale dei filosofi deriva dalla loro capacità dialettica ed un abile uso del linguaggio. Verrebbe quasi da dire: per fortuna i lettori sono sempre meno numerosi. Credo che appartenga ai filosofi il primato quantitativo dei “tuttologi”. Ferraris infatti è docente di filosofia teoretica , ma i suoi interventi sono spesso di segno opposto a quella che è la definizione di “filosofia teoretica”. Non è la prima volta che mi tocca leggere teorizzazioni piuttosto strapalate del nostro, ma fino ad ora non aveva raggiunto il vertice dell’articolo pubblicato su Domenica, inserto culturale del Sole24Ore. Il titolo dell’articolo è di quelli che fino a pochi anni fa avrebbe fatto sobbalzare: “La grande bellezza delle scatole Brillo Box”. L’oggetto non la questione ontologica, qunati piuttosto il contenuto culturale della comunicazione. E’ vero che oOggi non ci si stupisce più di nulla, quindi anche dell’accostamento dell’opera di Warhol al famoso film sulle bellezze di Roma non sorprende più di tanto. Neppure sorprende che Ferraris definisca “filosofo autorevole” Arthur Danto, forse un favore tra colleghi. Sicuramente non può non destare preoccupazione che simili docenti insegnino nelle nostre Università ed usino il loro sapere per esaltare un fortunato grafico statunitense prestato all’arte con enorme successo commerciale grazie al supporto della critica che, come non mi stanco di sottolineare, è sempre più spesso megafono del mercato. Nel 2007 l’Università di Torino ha conferito a Danto la laurea Honoris causa. Un fatto che richiederebbe seria riflessione. Scrive il nostro docente: “ …E se le dimensioni della Brillo Box e della Zuppa di pomodoro Campbell’s appaiono troppo modeste , si provvede, per l’appunto a magnificarle, ossia, dicevo, a farle diventare più grandi, affinchè chi guarda possa capire quanto contano, e a capire lo splendore del mondo che rappresentano”. Se scrivere simili scempiaggini fosse un paziente di Foucault non desterebbe sorpresa, ma se è un docente universitario, allora ogni preoccupazione è legittima. Certo Ferraris si trova in una folta compagnia di aedi di Warhol, Achille Bonito Oliva arrivò a paragonare Warhol a Leonardo da Vinci. Sarebbe interessante esaminare le ragioni del successo di Warhol che gli ha permesso di contribuire, insieme a molti altri, a rendere l’arte quel guazzabuglio di oggetti insignificanti che oggi è. Vale la pena di notare che i ritratti serigrafici di Warhol sono tutti di personaggi famosi del mondo USA, con spiccata preferenza per il mondo newyorchese e gay, a cui si aggiunge la sua esaltazione del consumismo che Ferraris esalta in modo smodato. Esaltarlo come fa Ferraris lascia esterrefatti. Di fronte a tali manifestazioni di imbecillità accademica non resta certo molta speranza in un futuro migliore. 








Commenti recenti