La filosofia dell’Unicorno  1

La filosofia dell’unicorno

La filosofia dell’arte procede in larga misura per deformazione  logica e forzature ermeneutiche basate su supposizioni. Anziché descrivere le opere il filosofo dell’arte le interpreta,  riconducendole alle proprie aprioristiche convinzioni. Uno degli espedienti abituali  consiste nel contestualizzare,  quasi che il contesto abbia  il potere di mutare significato e sostanza. Un asino è un asino in qualunque luogo o situazione  collocato. La contestualizzazione ambientale e storica non ha il potere di modificare l’ontologia , come pretendono molti filosofi dell’arte. Se noi collochiamo un’opera di Cesar in un deposito di ricuperi ferrosi, essa si confonde con il resto dei materiali, così come l’orinatoio di Duchamp  riportato in un magazzino di apparati igienici. La  contestualizzazione è dunque un’efficace espediente che, insieme alle forzature ermeneutiche , attua il tentativo di modificare l’ontologia dell’oggetto. Far credere che l’ottone sia oro non è abilità, è inganno. Dunque oggetti la cui ontologia è affidata al contesto, non possono essere considerate opere d’arte nonostante le spurie teorie che sostengono il contrario. Attraverso la parafrasi  proposta da Russel,  l’enunciato , il cui predicato non è formulato secondo le proprietà dell’oggetto, è un anacoluto logico e grammaticale. Un nome , nel senso ristretto di denominazione di un oggetto, non comporta di necessità la conoscenza. Il concetto semantico deve avere una fondazione epistemologica, basata sulla distinzione tra conoscenza diretta e conoscenza per descrizione. Ogni formulazione filosofica, dovrebbe partire da un riconoscimento formale e materico  e quindi  pervenire a una conoscenza diretta dell’oggetto, quale è realmente. S’indugia invece in forme metafisiche attribuendo all’artista il potere di modificazione ontologica con il semplice atto di scelta. La forma logica di un enunciato del linguaggio deve avere riscontro con la realtà sostanziale. Le presunte intuizioni dell’artista, in base alle quali il filosofo dell’arte formula teorie e giudizi, non sono che opinioni che nascono da un percorso epistemologico viziato dal pregiudizio, le distinzioni, e formulazioni arbitrarie che ne conseguono, sono un formidabile  esempio di manipolazione del linguaggio su errati presupposti ontologici. Russell era consapevole di questo quando sosteneva che “un robusto senso della realtà è indispensabile per un uso corretto del linguaggio,perché la logica non può ammettere  l’esistenza di un unicorno più di quanto lo possa la zoologia”.

piergiorgio firinu    aaaaaaaaaaaaaaaaunicorno

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Anna Orsi - PressArt scrive:

La Galleria Moshe Tabibnia ha ideato, promosso e realizzato una grande mostra che svela per la prima volta, al pubblico milanese e internazionale, alcuni tra i più rari e antichi esemplari di arazzi e ricami realizzati nei più importanti centri manifatturieri di area tedesca, francese, fiamminga e italiana, tra il ‘400 e il ‘700.

Occasione per questo viaggio lungo più di tre secoli di storia dell’arte tessile è l’uscita del volume, “CAPOLAVORI D’ARTE TESSILE. GLI ARAZZI E I RICAMI DELLA COLLEZIONE ZALESKI”, dedicato a una delle più importanti collezioni di tessili antichi al mondo, curato da Moshe Tabibnia ed Elisabetta Mero con testi di Nello Forti Grazzini, Chiara Buss e Gian Luca Bovenzi.
Nelle sale di via Brera una quarantina circa di opere provenienti dalla COLLEZIONE ZALESKI dialogano con esemplari coevi della collezione della GALLERIA MOSHE TABIBNIA, attraverso un percorso che permetterà al visitatore di immergersi in un passato di “corti e sovrani” in cui l’arte tessile aveva un ruolo centrale nell’estetica cerimoniale e nella quotidianità.
Il volume e la mostra sono un’occasione unica per conoscere le tipologie più rare di tessili europei, riscontrabili in pochi e grandi musei quali il Metropolitan Museum di New York, il Musée de Cluny di Parigi, il Victoria and Albert Museum di Londra e la Burrel Collection di Glasgow.

Dal 7 maggio all’11 luglio 2015 la Galleria Moshe Tabibnia presenta “RACCONTI TESSUTI. Arazzi e Ricami dal Gotico al Rinascimento”.
Un’esposizione importante che dà luce a un lungo periodo di studi e ricerche, indirizzati alla scoperta degli esemplari più antichi di arazzi e ricami europei, assoluti capolavori d’arte tessile per l’altissima qualità stilistica e tecnica con cui son stati realizzati.
A due passi da Palazzo Reale, dove si svolgono nello stesso periodo le mostre “Il Principe dei sogni – Giuseppe negli arazzi medicei di Pontormo e Bronzino” e “Arte Lombarda dai Visconti agli Sforza” e dalla Pinacoteca di Brera, la Galleria Moshe Tabibnia espone, attraverso un percorso cronologico, geografico e tematico, arazzi gotici di area svizzera e tedesca del ‘400, arazzi franco-fiamminghi e fiamminghi, realizzati tra il ‘400 e il ‘600 così come gli arazzi Millefleurs , Verdure e Feuille de Choux; arazzi e cuscini narrativi e allegorici del ‘500 e ‘600 e ricami europei sacri e profani dal ‘500 all ‘800. Una sezione sarà dedicata, come omaggio a EXPO2015, a una selezione di tessili che, per i soggetti rappresentati e per l’uso d’origine, si connettono al tema del nutrimento nella storia e nella cultura, e al cibo come simbolo sacro.
La mostra è suddivisa in 6 SEZIONI che si intersecano tra di loro negli spazi della galleria. Le prime 5 corrispondono ai nuclei tematici emersi nel volume dedicato alla Collezione Zaleski:

1- arazzi GOTICI: svizzeri e tedeschi del 1400
A questo gruppo appartengono alcuni degli esemplari europei più rari e antichi sopravvissuti: arazzi che attingono al repertorio culturale e tradizionale del mondo germanofono come gli esemplari che riprendono il mito dell’uomo selvaggio o “Wildman”, quelli con scene tratte dalla letteratura tedesca cortese (minnesang), dal Vecchio o Nuovo Testamento, con figure di santi o con stemmi araldici.
Le figurazioni, frutto di cartoni forniti da pittori professionisti, sono connotate da un armonioso primitivismo a tratti espressionistico, non sono mai prive di raffinatezza.

2- arazzi di area franco-fiamminga e fiamminga tra ‘400 e ‘600
È nell’area corrispondente all’attuale Francia nord-orientale, da Parigi ad Arras e Lille, e al Belgio odierno, da Tournai a Bruxelles, che tra la fine del Medioevo e nel corso dell’Età moderna l’arte dell’arazzo ebbe la sua massima fioritura sia dal punto di vista estetico sia da quello sociale ed economico. La mostra propone alcuni significativi esempi tra i più pregiati in assoluto come l’arazzo, riscoperto da poco, con il compianto delle vergini. che recentissimi studi ne hanno svelato l’origine, o l’arazzo con “l’Annunciazione” di Bruxelles realizzato da un cartone di un pittore fiammingo della cerchia di Bernard Van Orley.

3- arazzi Millefleurs Verdure e Feuille de Choux tra ‘400 e ‘600
Al piano terra della Galleria saranno esposti, senza soluzione di continuità arazzi che in origine avevano una funzione decorativa rappresentando scenografie botaniche alle quali venivano in alcuni casi sovrapposti stemmi o medaglioni, figure umane o animali. Il grande impiego di questo genere di opere è documentato da un buon numero di miniature, dipinti e affreschi anche italiani. Si pensi ad esempio, per non andar lontano, ai parati floreali che scandiscono le pareti laterali scorciate della sala in cui si svolge L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci nel Refettorio di Santa Maria delle Grazie (1496-1498) a Milano.

4- arazzi e cuscini narrativi e allegorici tra ‘500 e ‘600
Di diversa provenienza e fabbricazione, fiamminga, tedesca e italiana, questo gruppo annovera arazzi eterogenei accomunati da uno stile che mostra una persistenza di stilemi tardo-gotici, sebbene le novità estetiche rinascimentali e barocche abbiano già conquistato un gran numero di tappezzerie europee.
Si possono così scoprire cuscini e arazzi con narrazioni tratte dalla Bibbia, come i quattro cuscini con le “storie di Giuseppe” e altri esemplari con rappresentazioni di Virtù, o l’arazzo “Davide e Betsabea” la cui singolare cromia mostra connessioni con la pittura tedesca del XVI secolo, come quella di Lucas Cranach il Vecchio.

5- ricami europei sacri e profani dal ‘500
Il ricamo in lana, seta e in metallo è una delle tecniche artistiche più complesse e meno conosciute. Sin dal Medioevo rappresenta l’arredo elitario per eccellenza che si manifesta talvolta con manufatti di straordinaria complessità. Le testimonianze che abbiamo si legano alla liturgia della chiesa (paramenti sacerdotali, paliotti, stendardi processionali e coperture parietali) e alle celebrazioni laiche dove li troviamo a nobilitare baldacchini, bandiere, vessilli e nell’arredamento domestico (coperture del letto, biancheria in lino come asciugatoi, tovaglie e fruttiere da credenza).

6- tessili intorno al tema del nutrimento nella storia
Inaugurando a inizio maggio, in concomitanza con l’apertura di EXPO2015, la mostra dedicherà uno spazio ad alcuni tessili antichi che, per i soggetti rappresentati e per l’uso d’origine, si connettono al tema del nutrimento nella storia e al cibo come simbolo sacro. La sala della Galleria che si apre su via Brera, presenterà arazzi copritavola olandesi del ‘600, un cuscino cosiddetto “Amburgo” del ‘600, un prezioso ricamo inglese del ‘500 e arazzi con scene di caccia e Millefleurs. Una mise en place di una selezione di opere tessili accomunate dal legame con le mense e convivi nobiliari in Europa a partire dal Medioevo, come ricordano alcuni dipinti fiamminghi del XV secolo, come ad esempio “Le nozze di Cana” di Gérard David, conservato al Louvre di Parigi,


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