La scelta e il caso.  0

Vi sono azioni e cose che vengono percepite come necessarie anche se il concetto di necessità cambia nel tempo. Ciò che è considerato necessario oggi non lo era qualche decennio fa. Lasciando  da parte riferimenti precisi, lo snodo è nella mutevolezza di una società proiettata al consumo.

E’ paradossale che nella società di massa, assolutamente condizionata da media e spettacoli, vi sia una certa ossessione per quella che viene considerata “originalità”.

Il problema coinvolge anche, se non soprattutto, gli artisti, o sedicenti tali, che rincorrono l’originalità attraverso quella che considerano violazione delle convenzioni, cioè le regole che ogni società si è data.

Ci fu un tempo in cui l’artista guardava il mondo con il cuore di un bambino. I sacerdoti egizi sostenevano che l’arte dei greci era conseguenza del loro essere  fanciulli capaci di sognare. L’uomo contemporaneo ha cessato di sognare ed anche per questo è diventato artisticamente impotente e tende a creare un arte di pura materia che non può dar gioia.

Il pensiero che dovrebbe stare alla base di ogni creazione artistica è inquinato dalla tecnologia, in molti casi, lo sostituisce. In questo modo si estingue l’umana necessità creativa, anche se, per Hegel necessità non conferisce valore alle azioni.

Wittgenstein nella sua opera principale, a proposito del processo di creazione, di un opera, sostiene che l’artista a un certo punto si arrende a un “va bene così”, ovvero accetta l’imprevisto soccorso del caso.

Si narra che Apèlle dopo aver tentato a lungo di creare la schiuma che usciva dalla bocca del cavallo, non riuscendoci, rinunciò, e con stizza gettò la spugna, sulla tela istantaneamente affiorò la schiuma che pareva uscire dalla bocca del cavallo.

Le avanguardie si affidano spesso alla provocazione, all’amusement.  In questo modo finiscono per svilire l’opera, trascurando l’aspetto epistemologico e la stessa ontologia. Il concetto di valore è sempre opinabile, possiamo considerare valore ciò che ha significato per forma o rappresentazione e può costituire  cultura, ovvero memoria storica, e merita di essere conservato.

Schopenhauer, usava una metabase,chiamava in gioco l’arte attribuendo ad essa finalità escatologiche dell’esistenza. Egli  respinse fermamente ogni teoria di vitalità trionfalistica, ma supplì con l’affermazione;  quand’anche la vita fosse un guazzabuglio irrimediabilmente doloroso e informe, viene redenta dall’arte che costituisce  una sorta di rifugio, o, come nella caverna di Platone, lascia immaginare vi sia altro, oltre all’ordinario della nostra esistenza che tende a indurci alla rassegnazione.

La filosofia di Schopenhauer è impregnata di  pessimismo tragico com’è proprio della realtà, un maggiore slancio nasce dal tentativo di rappresentazione.

Nietzsche disse: “abbiamo l’arte per non soccombere alla verità”. Intendeva dire che ci serviamo dell’arte non per sottrarci alla verità, ma per tentare di cogliere  la verità senza soccombere.

 

 

 

Silvia Canton, “ Il caso inventa la forma”. S.d.images

 

 

 

 

 

 

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