Senza dubbio l’arte costituisce la più acclarata dimostrazione di enfasi antropologica che pare essere cresciuta in modo inversamente proporzionale al valore delle opere prodotte nell’ultimo secolo.
La critica e filosofica dell’arte abitualmente non esercitano la loro funzione, cioè vera critica, piuttosto attuano una sorta di celebrazione dell’opera e dell’astista. Inoltre l’ermeneutica è quasi sempre portata avanti in modo generico. Difficile negare che,accanto a opere significative, molte di più possono essere definite quanto meno deludenti. Supporre che tutta l’arte abbia un valido significato culturale che permane con il passare dei secoli, è un azzardo.
La Filosofia antica tratta con ampiezza la questione del soggettivistico fenomenico, che, sebbene anacronistico, è parte della tradizione antica pervasa da relativismo oggettivistico e realistico. Com’è noto Platone considerava negativamente l’arte ritenendola frutto di doppia illusione.
Socrate insegnava ai suoi allievi il metodo per inventare le idee, ma le idee, non avevano necessariamente un fine pratico. Una delle interpretazioni della teoria di Protagora che si fonda su un’altra tesi che gli viene attribuita; il divenire è universale e incessante, nulla esiste o è una data cosa in maniera permanente.
Dunque qual’è la permanenza del significato etimologico dell’arte? L’ermeneutica procede dall’oggetto, dalle qualità sensibili, ma spesso trascura il significato.
Teoricamente vi è la possibilità di una doppia fruizione, emotiva, quando ci si affida all’organo del senso, in questo caso produce la sensazione, oppure,in alternativa, vi è la fruizione razionale. tesa a identificare il significato nell’opera.
Non esiste altro che il rapporto determinato dalla relazione oggetto-pensiero, oggetto-sensazione. Non sembra esserci altra tesi alla base dell’interpretazione che Platone attribuisce vagamente a Protagora, anche se non vi è certezza possa essergli storicamente attribuita.
Per Platone non esisterebbe un nesso analitico tra fenomeno, arte, essere. Solo la produzione di un illusorio valore della rappresentazione formale, ciò che noi definiamo genericamente arte.
Il sofista Gorcia, trascinato da una incontenibile vena polemica, sviluppa una filosofia che appare più che altro sotto forma di speculazione, per lui, maestro di retorica, l’intento è dare una prova del suo virtuosismo dialettico, ovvero la capacità di creare significato attraverso la parola. Potremmo definirlo un precursore della filosofia dell’arte. Il suo virtuosismo gli conferisce grande capacità di elaborazione, non sempre corretta e coerente con la base di quanto effettivamente può essere l’essenza dell’opera d’arte.
Nell’ultimo secolo, critica e filosofia dell’arte hanno creato situazioni e significati immaginifici, difficilmente ravvisabili negli oggetti osservati. Su questo aspetto non si riflette mai a sufficienza.
L’arte è semplicemente un tentativo di dare forma al pensiero, come afferma Hegel, ma, a differenza del mobile pensiero, l’opera d’arte plastica, nella sua staticità, non sempre conserva significato e valore.
Dare forma alla storia del pensiero attraverso l’immagine, è prerogativa dei grandi artisti il cui segno resta una traccia del passato che la nostra sensibilità ancora recepisce.
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