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L’arte contemporanea è reazionaria?  4

La denominazione “considerazioni sull’arte” non è stata scelta a caso. I pensieri che esprimo, necessariamente frammentati, rischiano di cadere nella semplificazione. E’ l’inconveniente del mezzo che impone i tempi. In ogni caso le mie non sono tesi, ma ipotesi. E’ mia convinzione che, nonostante le pretese delle avanguardie, giustificate con teorie dalla apparenza progressista, l’arte contemporanea sia in larga misura reazionaria, regressiva, sia per l’suo dei materiali, sia per il linguaggio che esprime. In questa occasione ho scelto di scrivere il testo, anziché parlare a braccio come faccio di solito, perché l’argomento richiede più che mai di evitare impacci e imprecisioni, per quanto possibile.Il mondo dell’arte appare dinamico, in realtà a muoversi non sono le idee, ma il mercato, la libertà di cui gode l’artista appare spesso priva di costrutto. Vi è stato di fatto un ribaltamento dal mercato per l’arte, dall’arte per il mercato, con tutta la serie di condizionamenti che questo comporta. L’aspetto regressivo dell’arte si manifesta anche con il ricorso alla tecnica, l’artista, adducendo la commistione di materiali e strumenti, finisce per obliterare la stessa essenza dell’arte. Viene in mente la frase di Karl Marx che György Lukàcs pone all’inizio del trattato di Estetica: “essi non lo sanno, ma lo fanno”. Il comportamento quotidiano dell’uomo è insieme il punto di inizio e di arrivo di ogni attività umana. Ho affrontato questo tema nel mio libro “La logica del quotidiano” nel quale sostengo che la ricezione e riproduzione della realtà è compito dell’artista che si propone finalità di comunicazione sociale attraverso il filtro della sensibilità.
L’antichissimo etimo della parola metodo, contiene l’idea della via verso la conoscenza, implica l’imperativo per l’artista di raggiungere determinati risultati. Ma questo non è possibile quando l’artista pone la pregiudiziale della propria libertà che si traduce in una forma autoctona, e ritiene di avvalersi di forme tecnologiche indistinguibili da altri ambiti. L’artista nel momento in cui si pone come referente a se stesso, deve usare i propri mezzi, in primis sensibilità e cultura. Il percorso delle avanguardie è approdato nelle Accademie dimostrando la strumentalità del rifiuto del metodo.
Scelta che ha trovato avvallo di alcune frange della filosofia contemporanea, per esempio Paul K. Feyerabend che nel 1975 pubblicò “Contro il metodo”, sottotitolo “Abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza”. La conoscenza è ricerca, filtro del già detto, immaginare che il metodo intralci il percorso è un anacoluto concettuale. Ciò che conta è la meta, ovvero l’opera, la scoperta. Non pare che Feyerabend abbia innovato la scienza che, a differenza dell’arte, ha punti di verifica nel percorso di rinnovamento, mentre l’arte, sottratta a giudizio di merito si presta ad infinite mistificazioni. Non c’è dubbio che esiste un limite alla pretesa di dare organicità al sapere, ed esiste il rischio sclerotizzazione formale, tanto più nel campo dell’arte, l’ambito per eccellenza della creatività. Ma proprio qui sta la sfida, come hanno dimostrato alcuni grandi maestri contemporanei. La scelta formale e metodologica, viene ad assumere necessariamente un significato contenutistico, si traduce in una determinata visione del mondo legata a come viene interpretata o filtrata o manomessa la realtà, ecco perché non è giustificato il rifiuto ancìpite che gli artisti accampano.
L’immanenza operativa, l’uso della materia, neutralizzano le velleità antiestetiche, al più offrono pretesto per sottrarsi al canone e quindi alla creazione vera, ripiegando su espedienti di tipo provocatorio e/o mondano. L’oggettiva struttura categoriale dell’opera d’arte non può essere ogni volta inventata dal singolo artista, o sedicente tale. La condanna più volte pronunciata contro l’arte, da Platone, Tertulliano, fino a Kierkegaard, aveva una valenza totalizzante in coerenza alla quale l’artista avrebbe dovuto cambiare mestiere, o quanto meno il sostantivo sotto cui colloca il proprio lavoro. Nulla di tutto questo è stato fatto. Gli artisti hanno scelto di gingillarsi ora con l’ideologia, ora con l’autoreferenzialità, espressa nella forma dell’arte per l’arte. Il percorso così realizzato, non solo non ha nulla di realmente innovativo, cosa può esserci di innovativo nel recupero sotto specie artistica di orinatoi e merda? ma si perde e si annulla nell’oggetto, rinuncia alla dialettica formale, diventa produzione materialistica fine a se stessa, in funzione del mercato.
Darwin ritenne di scoprire le categorie dell’arte già negli animali espressione di puro istinto, arte contemporanea “di te fabula narratur” .Pavlow, attraverso i suoi studi ha accertato che l’attività nervosa superiore è una conquista dell’ homo sapiens. Gli animali che ci hanno preceduti nella scala dell’evoluzione avevano rapporti con l’ambiente attraverso impressioni immediate.
Ma senza addentrarci in questo vasto e importante argomento, per quanto detto, va da se l’arte è conseguenza di una rivoluzione semiologica e linguistica, la cui negazione è palesemente un atto regressivo che nega determinati traguardi antropologici e limita il rapporto tra linguaggio e forma.

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