Un film poco ricordato intitolato: “Salvate la tigre”. Interprete Jack Lemmon. Tema del film la difficoltà di comprensione tra generazioni. Lemmon dà un passaggio ad una ragazza che fa l’autostop. Finiscono a letto e dopo avere fatto sesso iniziano un dialogo surreale. Ognuno dei due cita cantanti, attori, personaggi che l’altro/tra non conosce. Mi è venuto in mente questo film leggendo un articolo sulla “la nostalgia contemporanea” .Non siamo mai andati via, e tuttavia desideriamo tornare a qualcosa a qualcuno. “Nostalgia” è un composto di due termini greci. “Nostos”, tornare a casa, “Algos”, sofferenza, struggimento. Il termine è stato coniato da un medico Svizzero alla fine del XVII secolo. Oggi, nel mondo globalizzato in cui viviamo, nel quale la casalinga di Voghera va tranquillamente a Cuba, 7 giorni 6 notti tutto compreso, c’è spazio per la nostalgia? Leggendo l’articolo ho provato una profonda tristezza. La nostalgia di cui si parla, sembra più che altro legata ad oggetti tecnologici, non a persone, atmosfere, situazioni, ma alle tracce che la tecnologia dissemina nella nostra esistenza. Per circa circa il 50% delle copie primo incontro avviene sul web. La rete sembra marcare i tempi della nostra esistenza, il terribile vuoto esistenziale colmato da oggetti, contatti frettolosi, sesso immediato. Quando, nel 1978, pubblicai il libro “Operazione Nostalgia”, termine che da allora è entrato nel lessico giornalistico, scrivevo del cinema hollywoodiano degli anni 1950 –60. Le cinquanta fotografie che accompagnano il breve scritto, richiamavano costumi, trance de vie, amori. Non vi erano, nei film d’allora, scene di nudo, quando la coppia entrava in camera da letto chiudeva la porta alle spalle. Oggi veniamo trasformati, volenti o nolenti, in guardoni. Scene tutte uguali, frettolosi e agitati spogliarelli, seguiti da ansiti e scene di sesso. Alla lunga una grande noia, per nulla eccitante. Viviamo un frenetico presente nel quale il sentimento sembra legato agli organi sessuali. Siamo senza memoria e senza futuro. Abbiamo però l’I PAD, I POD, PC, da essi traiamo dozzinali pensieri, e superficiali contatti. Mai come in questo caso vale la celebre affermazione di MacLuhan: “ il mezzo è il messaggio” Abbiamo una vita virtuale, ci aiuta a dimenticare la vita reale che non sappiamo e forse non vogliamo vivere. E’ il tempo degli amori virtuali e della rassegnazione al reale.
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