Post by Category : arte e cultura

Arte e cucina.  0

Vi è una relazione tra cucina e arte. L’argomento potrebbe essere declinato in vari modi, anche se sono lontani i tempi in cui lo stereotipo dell’artista era rappresentato da un individuo abbigliato in modo bizzarro, sempre affamato. I francesi, che alla cucina hanno sempre dedicata molta attenzione, chiamano la manipolazione che l’artista fa dei colori, la sua cuisine. Esistono dipinti destinati alla sala da pranzo. Vi sono ristoranti, come l’Asino d’Oro di Saint Paul de Vence, tanto ricco di opere d’arte alle pareti da apparire più una galleria d’arte che un luogo di ristoro. Certo la pittura non è tutta qui. La Venere di Botticelli, o un autoritratto di Rembrandt hanno altre dimensioni pittoriche. I critici hanno imparato a tout comprendre c’est tout pardonner, al punto che considerano opere d’arte le stoviglie usate, le cicche nel piattino del caffè, gli avanzi di cibo, non dipinti, ma semplicemente incollati alla tavola e chiusi in un contenitore di plexiglas  pronti per essere esposti nei musei. Sono opere del nouveau rèalisme di cui Daniel Spoerri è uno tra i maggiori esponenti. Tali opere, sono  trattate da importanti gallerie,  esposte in musei. Il minimo che si possa dire, senza entrare nel merito del gusto, e un’evidente mancanza di fantasia. Viene in mente la famosa boutade di Oscar Wilde “ chiunque chiami zappa una zappa dovrebbe essere costretto a usarla”. Minaccia vana. Non c’è da meravigliarsi se per l’arte non c’è più “critica” sostituita dall’”apologetica”, molto ben retribuita e, per dirla con i teologi in partibus infidelium. Ma si sa, il mercato ha le sue regole e non sarà certo il “culturame” a frenare l’impeto produttivo dei “nuovi maestri”. Duilio-Gambino

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Brevi cenni sull’origine dei fumetti.  0

 

Fu l’umorista e disegnatore ginevrino Rodolphe Topffer  con il suo pamphlet  sulle espressioni fisionomiche pubblicato nel 1845, a dare inizio ai disegni satirici, progenitori dei cartoni animati e fumetti ai quali Disney avrebbe dato lo sviluppo che conosciamo. In realtà il termine e l’uso della caricatura risale al Cinquecento. Gli inventori del genere furono artisti raffinati come i fratelli  Carracci.   Spetta Comunque a Topffer il merito, se vogliamo chiamarlo così, ad avere per primo utilizzatoil racconto a figure, o fumetto. Le storie comiche di Topffer, la prima delle quali ebbe l’ammirazione di Goethe, che  incoraggiò l’artista a pubblicarle. Sono gli antenati degli odierni cartoon fabbricati in serie. Un altro precursore tra i disegnatori comici fu Wilhelm Busch in Germania. Come spesso accade nella storia dell’arte, anche in questo caso un fattore personale e uno tecnico sono all’origine dell’invenzione. Topffer era figlio di un pittore paesaggista, divenne egli stesso pittore seguendo la scuola del padre. Ma una malattia agl’occhi gli impedì di proseguire l’attività e lo indusse a dedicarsi alla scrittura. Divenne noto pubblicando brevi racconti che vennero annoverati tra le gemme della letteratura svizzera. Tuttavia, benché i suoi occhi non gli consentissero di applicare una tecnica meticolosa, egli era attratto dal disegno  e sentì l’impulso di dedicarsi all’arte figurativa. L’invenzione di nuove tecniche grafiche gli fornirono l’occasione propizia. La litografia gli permise di disegnare senza impaccio e poter far riprodurre a poco prezzo i suoi disegni. Egli scrisse anche un breve trattato sull’espressione fisionomica che, alla luce dei successivi sviluppi, appare profetico. Hogarth utlizzo le indicazione di Topffer in una sequenza di immagini intitolata “Marriage à la Mode”. L’invenzione del ritratto caricaturale fu reso possibile dalla scoperta teorica della differenza tra verosimiglianza ed equivalenza. Vi  è ampia documentazione che anche il Bernini conosceva alla perfezione l’arte di trasformare le fisionomie. Divenne celebre la caricatura di Luigi Filippo che Philipon, l’editore di Daumier,  trasformò in una pera. Per questo denunciato e condannato, primo di una lunga serie di disegnatore satirici che subirono la stessa sorte.     aaaaaaaaaaaaaa-Superman

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Accanimento terapeutico.  0

La storia della letteratura, filosofia, arte, sembrano orientate ad imprimere  una sequenzialità logica, quasi che ogni singolo autore  prosegua come la staffetta di chi l’ha preceduto. I testi sono infarciti di citazioni e richiami  a supporto della tesi che si vuole sostenere. Non c’è dubbio che la cultura si riferisce necessariamente al passato, dal momento che non si può far riferimento a ciò che non è stato. Accade che l’ermeneutica  contemporanea  di opere del passato, compia errori di prospettiva, arrivando a presumere di decifrare pensieri e intenzioni degli  autori. Se osservassimo con disincanto le opere realizzate nei secoli passati, ci renderemmo conto che il percorso verso il degrado, tecnico, iconologico, culturale, è stato costante. Non pochi artisti furono consapevoli di ciò. Intorno al 1830 nasce in Europa il romanticismo, un tentativo  di contrastare  l’ideologia  che  accompagna la rivoluzione industriale.  Nel 1905 si delineano  in Francia le prime avvisaglie di quella che sarà definita “avanguardia”, termine di matrice militare ridicolizzato da Roland Barthes. L’Impressionismo. Caillebotte, Corot, Coubet, Degas, Manet, Monet, per citare alcuni artisti dell’epoca, non facevano che rappresentare la borghesia, un piccolo mondo con i suoi  aedi come Baudelaire, Chamfleury, Zola. Tutto molto romantico e affascinante, ma non era altro che la rappresentazione di un piccolo mondo, l’arte come prassi, ipotizzata da  Georg W. Bertram, nel libro che ha appunto il titolo “L’arte come prassi umana”, pubblicato all’inizio del 2017, non tiene conto dei fattori reali.  Manet, Morisot, Caillebotte, ritraggono personaggi in redingote e cilindro e  il loro mondo.  Fare dell’arte prassi di vita, implica un processo di maturazione socio- culturale di cui non si vede traccia. Quando Cézanne descrive l’artista  come “ organo ricettivo, un apparecchio di registrazione per l’impressione sensibile”, per ciò stesso condanna l’arte all’estinzione. Oggi prevale  quello che Broch  chiama uomo/donna Kitsch, il rapporto con la prassi, o realtà sociale, si basa su forzature alle quali l’estetica è estranea. Alla Biennale di Venezia del 2017 la Macel, per dare senso allo slogan che dà titolo alla manifestazione “Viva l’arte viva”, non trova di meglio  che organizzare pranzi con e per artisti. Ospiti sono tra le altre  Kiki Smith,di cui si ricordano le sculture di donne defecanti.  Costei fa parte di una folta schiera di artiste femministe, Sherman, Abramavic, Renee, Cox,  Joana Vasconcelos  che alla Biennale del 2005 presentò come opera d’arte  un lampadario realizzato con tampax. A quale prassi si riferisce Bertram? Si è reso conto che gallerie come quella di Elizabeth A. Sackler  del Center for  Femminist  Art, stanno proliferando in tutto il mondo coadiuvate dal fatto che la maggior parte delle istituzione pubbliche dell’arte è affidata a donne?  La verità è che la borghesia ha escogitato un sistema trasversale, anche attraverso il femminismo, ha  creato un sistema dell’arte la cui base è il mercato, i cui alfieri sono critici e filosofi che si affannano per dare un senso a qualcosa di depravato, blasfemo, tenere in vita ciò che un tempo era indicato con il sostantivo arte e non appartiene più alla contemporaneità.  aaaaaaaaaaaaaa-RENEE-COX-2

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A cosa serve la Biennale d’arte di Venezia?  0

Se è vero che la violenza è, in misura diversa, parte del DNA dell’’essere umano, è altrettanto vero che la violenza  è alimentata da larghi strati  della società  e dalla cultura contemporanea, cinema, tv , cronaca. Vi sono molti aspetti della violenza. La violenza fisica è quella più visibile, per questo più esecrata. Peter Sloterdijk  nel suo testo “L’imperativo estetico”  rileva come ”Il più perfetto matriarcato del mondo, sono gli  Stati matri-alimentari Uniti  d’America”.  In parallelo, in ragione della compulsione  femminile  al consumo, si attua quello che  Ernest Gellner ha definito: “L’internazionale dei consumatori  senza fede”.  Tale fenomeno ha da tempo investito il mondo dell’arte, non a caso, vede sempre più la dominanza femminile. Bourdieu ha definito questo meccanismo nei termini di  violenza simbolica. Violenza è anche l’imposizione di qualcosa di  iniquo, come le leggi di genere che  alterano ogni sana competizione meritocratica. L’accampare diritti di rivalsa, come fanno le femministe, è un espediente decettivo.  Che dire della violenza  estetica ?  Comportamenti volgari, sguaiati, osceni in luoghi pubblici e nelle strade, rappresentati in modo insistente  da tv e cinema. Quale  difesa può attivare chi si sente profondamente offeso da tali esibizionismi?  La violenza si manifesta in ambito socio-politico. Molte di queste iniquità sono elencate da Shakespeare nel monologo di Amleto. “… le offese e i torti che la virtù patisce conculcata dai tristi, della legge gli indugi..” . Lucrezio  suggerisce presa di distanza, e isolamento  in “La natura delle cose”. Purtroppo non sempre è possibile fuggire. Quando si vive in una società si è soggetti all’arroganza del potere, ai piccoli soprusi quotidiani di funzionari frustrati al servizio di oligarchie politiche ed  economiche, che inquinano la società . Anche il mondo dell’arte è soggetto a questi  virus. La Biennale dell’arte di Venezia è da anni dominata da un  certo Paolo Baratta (nomine omine) sotto la cui guida le manifestazioni  sono sempre più squallide e dominate da oligarchie mercantili/ mondane, con grande  riguardo a donne e arte statunitense. La Biennale dell’arte del 2005, affidata a certa Maria de Corral, passò alla storia come la Biennale dei Tampax, per un’opera, un lampadario fatto di Tampax, realizzata  della conterranea della curatrice, certa  Joana Vasconcelos. Quest’anno, 2017, un’altra donna Christina Macel, è stata designata da Baratta a dirigere la Biennale. Costei non trova di meglio che organizzare cene per e con artisti, ovviamente a spese dei contribuenti italiani. Per finanziare i festini di  pochi eletti, la Marcel non ha trovato di meglio che  negare l’accredito, cioè l’ingresso gratuito alla Biennale,  ai non iscritti all’ordine dei giornalisti. Significa escludere tutti coloro che, a vario titolo, curano siti e Portali web dedicati all’arte pur non essendo iscritti all’Ordine dei giornalisti, una delle tante caste nostrane. Voler burocratizzare l’arte è un atto di arroganza inaudita, affidata per lo più a oscuri funzionari  che attuano le direttive dei vertici. Anche questa è una forma subdola di violenza contro la quale è impossibile opporsi. Il potere ha concesso la delega  alla Macel, la quale detta le regole della Biennale che i contribuenti italiani pagano. Di questo è al corrente il sig. Franceschini  ministro pro tempore della cultura? Certo non è una tragedia, il sopruso ha il valore del costo del biglietto, ma  resta un sopruso, cioè un atto di violenza burocratica. Donne libere di..

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Inesistenza protratta.  0

Nelle lezioni di estetica di Hegel sono contenute queste affermazioni: “ Per noi l’arte non costituisce più il modo supremo in cui la verità giunge ad esistere” (WW.X,1 p.134) E prosegue: “ si può, certo, sperare che l’arte continui sempre più a elevarsi e a compiersi,ma la sua forma ha cessato di essere il supremo bisogno del Geist (ibid. p.135). “Rispetto a tutti questi rapporti,l’arte, colta in relazione alla sua vocazione suprema, è e rimane per noi un che di passato” (X 1 p.16). Nonostante il requiem di Hegel, l’agonia dell’arte si protrae da due secoli, ma, come sempre avviene in uno stato agonico, ha mutato volto. Da sempre allegoria e simbolo costituirono la prospettiva entro cui l’arte si realizza, l’artista compiva con le sue mani ciò che il suo pensiero aveva formulato. Se, come oggi avviene, l’operare dell’artista si riduce al solo pensiero, siamo di fronte a una incompletezza snaturante. Il percorso dell’arte è avvenuto dall’homo sapiens, attraverso l’homo faber fino all’homo aestheticus. L’artista non crea, semplicemente trasforma, assembla, costruisce. L’artista, il demiurgo, non ha altri poteri che la sensibilità formale e la capacità di realizzare il proprio pensiero. Utilizzando la propria epistemologia egli realizza l’ontologia. E’ forse eccessiva la narrazione che si realizzata intorno all’arte. Per Heidegger: “ L’arte è il mettersi in mostra della verità” . Ma ciò presuppone la risposta alla domanda: chi è l’artista? Da escludere che l’artista sia una sorta di unto del signore, ma semplicemente un demiurgo che dà forma alla materia. Per ciò stesso mette in mostra la verità? Cosa significa “verità”? Secondo Heidegger è l’essenza del vero. Ma cosa pensiamo quando diciamo “essenza”? Ecco dunque che il transito dalla forma alla parola, anziché aiutarci a capire crea un vuoto concettuale, ed è in questo vuoto che si è annidato il virus dell’arte contemporanea erodendo significati e cancellando forme in un progressivo allontanarsi dalla semplicità, verso un frammentarsi in una penosa autoreferenzialità. In questo percorso di funambolismo ideologico, irrompe la tecnica che sembra fornire una via d’uscita. In realtà è la mela avvelenata che aggrava la stato agonico. La paziente viene tenuta in vita, stimolata con allucinogeni, perché non è ancora chiaro chi è il beneficiario del suo testamento. I suoi rantoli sembrano allietare la mondanità cinica che la circonda. aaaaaaaaaaaaaaa11-aprile-2017

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Verità e post-verità  0

Su Robinson di Repubblica, c’è stato una specie di confronto tra Alessandro Baricco e Maurizio Ferraris, sulla post-verità. Il tema, sicuramente importante, è trattato, specie dal “filosofo” Ferraris, in modo inadeguato. Considerato che Ferraris, sfortunatamente, è docente di filosofia teoretica all’Università di Torino. Vale la pena rilevare che anche Baricco è torinese. Verrebbe da dire: o parliamo di verità o di filosofia. Sembra che gli intellettuali, come i politici, la verità non la cercano, la creano. Per Heidegger “la verità è l’essenza del vero”. Espressione vagamente tautologica. Forse il detto : la storia la scrivono i vincitori, potrebbe essere esteso alla cultura giornalistica e alle pubblicazioni di libri in generale. L’esempio più evidente è il sistema dell’arte creato dalla critica e dalla filosofia dell’arte. Gli artisti, per ignoranza e/o convenienza, si sono accodati, creando la più colossale truffa che la storia possa registrare. Se è vera l’affermazione: la verità rende liberi, non siamo mai stati tanto prigionieri della menzogna come in questo nostro tempo. Quando Karl Popper scrisse “La società aperta e i suoi nemici” , testo nel quale sferrava un duro attacco a Platone, forse non era ben consapevole di come si sarebbe evoluta la cosiddetta società “aperta” . Basta prestare attenzione al linguaggio dei politici. E’ di oggi la notizia che Marine La Pen ha copiato pari pari un discorso del suo avversario politico. Sentire i discorsi di Trump, Bergoglio, Hollande, Renzi, c’è di che inorridire. Quando Ferraris afferma che sul web circolano falsità e idiozie, dovrebbe essere invitato ad ampliare lo sguardo a giornali e libri, inclusi quelli che scrivono le sue allieve. Ferraris sostiene anche che una democrazia non può esistere senza una verità condivisa e che il miglior correttivo alla post-verità è la verità. Costui è docente in una città la cui Università ha conferito la laurea honoris causa al “filosofo” statunitense Danto. Gli USA hanno inquinato il pianeta con post-verità costruite negli studi di Sodoma- Hollywood. L’inquinamento è tale che due filosofi, Pascal Engel e Richard Rorty hanno sentito il bisogno di scrivere un libro dal titolo: “ A cosa serve la verità”. La nota domanda di Pilato: Cos’è la verità, è stata adeguata ai nostri tempi di consumismo, dunque ci chiediamo a cosa serve. Sicuramente le verità costruite da intellettuali e giornali collaterali al potere, serve a mantenere le masse all’oscurità dei molti crimini commessi dal potere. Ricordo che prima dell’invasione dell’Iraq ebbi uno scambio di e- mail con Piero Ostellino, allora vice direttore del Corriere della Sera. Io sostenevo l’assurdità di una guerra contro; l’Iraq, Ostellino, mi accusava di non capire il pericolo costituito dalle armi di distruzione di massa in possesso di Saddam. Sappiamo come è andata a finire. 200.000 morti, distruzioni di un patrimonio culturale. Dopo di che non è cambiato nulla. Bush si gode la vita come Ostellino, come tutti i disonesti imbecilli responsabili del disastro. Questa è la civiltà nella quale ci tocca vivere. E’ dunque chiaro che disquisire di verità e di post- verità è un esercizio futile, o forse semplicemente un ulteriore strumento di distrazione di massa. aaaaaaaaaaaaaaaaaa--critico-d'arte

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Codici e fantasia.  0

Quando si affronta il tema dell’arte, inevitabilmente, ci si scontra con una serie di contraddizioni le cui implicazioni vengono solitamente trascurate o aggirate con il ricorso ad apodismi. Da un lato si usano espressioni come “ispirazione”, si sostiene che un oggetto di uso comune assume lo status artistico semplicemente in base alla scelta dell’artista che lo considera arte. D’altro lato sappiamo che ogni anno Accademie e scuole di varia natura rilasciamo la patente di “artista” a migliaia di persone. Sorge dunque la domanda: cosa significata essere artista oggi? Come si diventa artista? In astratto dovrebbe valere il principio della conoscenza che riguarda ogni attività professionale. Sappiamo però che, per una convenzione unanimemente accettata, l’arte non è soggetta a codificazione. Ergo, mentre medici, ingegneri, avvocati e tutte le altre categorie professionali, devono obbligatoriamente seguire determinate prassi . Per l’artista non esiste prassi, regola, codificazione,prevale il privilegio della “creatività”, espressione per altro non ben definita. Dunque l’artista non è soggetto a vincoli di sorta. Se tale principio poteva avere una qualche giustificazione quando l’arte seguiva determinate regole, una scuola, cioè fino verso alla fine dell’800, con l’avvento delle avanguardie l’epistemologia dell’arte non è stata modificata, ma semplicemente rimossa. Non esistono linee guida, prassi, indicazioni di stili che possano orientare, costituire riferimento all’operare dell’artista. Egli è assolutamente svincolato da tradizioni, metodologia, naturalismo. Nel ‘600 il livello culturale dei pittori era tale da consentire loro di esprimere nella pittura non solo elevati valori estetici, ma concetti di grande valore scientifico. Non era l’arte che imitava la scienza, come accade oggi, ma l’arte spesso anticipava la scienza. E’ il caso, del pittore Adam Elsheimer che a 32 anni realizzò l’opera “Fuga in Egitto” Nella tela vi è rappresenta una scena notturna nella quale la luna e le stelle sono collocate secondo i dettami delle ultime scoperte astronomiche, prima che la scienza confermasse la mappa delle stelle. Un bellissimo esempio d’intuizione. Altro esempio è costituito dall’opera di Ludovico Cardi,detto il Cingoli, amico e compagno di Galileo con il quale compì gli studi alla scuola di disegno di Firenze. Nella sua opera, il Cingoli, rappresenta l’Assunta, sullo sfondo è raffigurato un cielo con la luna non bianca e liscia come era stata rappresentata fino ad allora. La pittura della luna rappresentava solchi, rilievi, tutto quanto sarebbe stato scoperto anni dopo da Galileo Galilei, attraverso la osservazione con il telescopio Dunque ci fu un tempo in cui l’intuizione dell’artista e la sua conoscenza dei fenomeni era rappresentata nelle opere. Oggi non accade nulla di questo, anzi, l’ansia d’innovazione, unita a una buona dose di ignoranza, producono opere nelle quali è arduo trovare un significato che le giustifichi. Sicuramente le opere non esprimono lo stesso livello di innovazione e conoscenza come avveniva con frequenza con gli artisti dei secoli passati. newletter-25-aprile-2017

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Una certa idea di arte.  0

aaanewslettereUn tema interessante che riguarda l’arte ed aiuta a  conoscere  artisti e opere, è  lo stimolo originario che induce un artista  a denominare un opera. Come sceglie il titolo?  Quando Robert Rauschenberg, presenta una scopa come opera d’arte, prendendo alla lettera l’affermazione di Leo Castelli: “ se un artista mi porta una scopa io la vendo come opere d’arte”. Il quel caso il titolo è quanto meno superfluo. Forse tutta l’arte contemporanea non è che un espediente commerciale.  Jacques Derrida, come molti filosofi, si è interessato di arte. Nel 1979 scrisse: “ Penser à ne pas voir” Sottotitolo “ Ẻscrits sur les arts du visible”. Stranamente si occupò di artisti non particolarmente noti.  Il libro  è un dialogo tra il filosofo e gli artisti, a volte con l’intervento di una terza persona. In buona sostanza il libro, 387 pagine, è costituito da divagazioni per il gusto della parola una sorta di autocelebrazione del proprio pensiero. Tredici pagine con filo conduttore “Dessous” ,  parola ambigua dei molti significati, fondo, rovescio, parte inferiore retroscena, Biancheria intima. Nell’intreccio delle parole e del senso, c’è spazio per l’esaltazione del mercato e la promozione della Fondazione Maeght che ha pagato il suo intervento. Quando Derrida parla della rarità assoluta di un opera d’arte è chiaro che, ad essere gentili, dice una cosa inesatta. Non è necessario richiamarsi a Walter Benjamin e la sua nota tesi sulla perdita d’aura dell’opera d’arte in epoca di riproducibilità. Oggi siamo ben oltre. E’ vero che l’arte viene oggi feticizzata e sacralizzata oltre misura, ma questo non avviene per amore dell’arte ma per la speculazione sull’arte che oggi ha raggiunto livelli stratosferici. La rilettura critica della filosofia dell’arte ci porta a disarmanti considerazioni. Jacques Derida non s’inoltra nella filosofia del’arte, in 387 pagine gira intorno all’argomento  con un lettura  di opere di alcuni suoi amici, tra i quali Valerio Adami, lettura dalla quale non si ricavano lumi sui singoli artisti, tanto meno sull’arte in generale. Quando afferma che dovrebbe essere proibito descrive un quadro, è chiaro che contraddice se stesso. Considerata la statura filosofica che viene riconosciuta a Derride francamente c’è da trarre sconfortanti conclusioni .

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Obbedienza  0

L’etimologia della parola obbedienza deriva dal prefisso latino ob, significa dinnanzi, e il verbo audere, ascoltare. Non ubbidire significa innanzi tutto non ascoltare. Scrive Spinoza: “ l’uomo non è quasi mai un essere razionale, ma quasi sempre un animale dominato dalla passione e dalla paura che lo portano a compiere azioni che lo danneggiano. Occorre dunque che si stabilisca un potere terreno  in grado di dominare le passioni degli esseri umani attraverso prescrizioni che ne limitino l’aggressività reciproca”. E’ questa la ragione per cui  nel Tractatus , usa spesso il concetto chiave di obbedienza.  Nulla di diverso sosteneva Hobbes quando affermava la necessità dello Stato. Zabarella e Hobbes  avevano ravvisato alla base degli enunciati logici  messi in evidenza da Occam la necessità di disciplinare i comportamenti sociali. Declinare in senso positivo l’espressione “trasgressione” , denota innanzi tutto assenza di  razionalità, la capacità di valutare atti e fini. Quando parliamo di  trasgressione ci riferiamo innanzi tutta alla nostra libera scelta, non valutiamo con la necessaria chiarezza razionale le conseguenze  che anche  noi potremmo subire per comportamenti devianti altrui. Fatti di cronaca, subito dimenticati, dovrebbero far riflettere, essi costituiscono sintomi di una società nella quale prevale il miope interesse individuale. Antigone sembra essere oggi il modello sociale. Hobbes sottolinea la circostanza che la verità e la falsità sono proprietà del discorso, non delle cose. Mal interpretata questa affermazione potrebbe avere la  conseguenza che la menzogna rischia di diventare stabilmente parte della epistemologia sociale, portando con sè un graduale adattamento a  comportamenti privi di equità. Lucien Freud

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L’eunuco femmina.  0

La “Nascita della tragedia” di Friedrich Nietzsche ha il sottotitolo “Considerazioni inattuali”. In effetti le considerazione di Nietzsche fanno riferimento all’antica Grecia,  sono  un prologo. La vera tragedia, nascerà con l’avvento della modernità. La realizzazione  di strumenti sempre più sofisticati consentono di raggiungere un maggiore benessere materiale, ma   infondono un illusorio senso  di sicurezza, quasi  d’onnipotenza. Viviamo su un palcoscenico in cui è in scena, ininterrottamente, il teatro dell’assurdo. Le parole hanno perso significato. L’arte abbandona  mimesi  ed estetica,ed  esalta la produzione industriale. Giaconi & Lenz presentano “Farmacropoli” . Medicinali come opere d’arte. L’arte è esposta nei supermercati, anzi ,sono arte gli stessi supermercati. Manca la consapevolezza che cancellare la memoria storica equivale a cancellare la civiltà costruita attraverso   regole e comportamenti che limitano l’aggressività umana. L’evoluzione sociale e civile ha dato vita a  una parvenza di società basata su libertà e rispetto. Oggi non è più così. Secoli di cultura sono stati archiviati assumendo che la libertà individuale debba prevale su tutto. I nani non salgono più sulle spalle dei giganti, si credono giganti. Diceva Platone a proposito di Aristotele:” anche solo lodarlo non è permesso a chi è da poco”. Così anche l’arte oggi è ridotta a parodia,  maieutica  tramite la forma. Come dice un antico detto della  saggezza indiana: “Rosicchiare un corno di vacca  è inutile e accorcia la vita: ci si logora i denti e non se ne ricava alcun sugo”. E’ quanto accade. Siamo in presenza di una pleonastica  dilatazione di paranoie personali scavate nel vuoto di coscienze senza peso. I pasdaran del progresso, sono simili alla duchessa Delaforte, la quale. conversando con Madame di Staềl diceva:” devo confessarlo, mia cara amica, non trovo nessun altro che abbia sempre ragione, se non me”. Per un eunuco, “una donna vale l’altra”, diceva Nietzsche . Oggi siamo oltre. Germaine Greer nel 1970 pubblicò “L’Eunuco femminina” , sulla scia della rivoluzione femminista,  l’implicita ammissione che un maschio vale l’altro. Ci sono conquiste che si pagano più delle vittorie, come ben comprese Pirro e come presto sarà evidente a molti.   aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaEunuco

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