Tecnologia e superstizione
Nel periodo tra fine anno e inizio del nuovo sono particolarmente attivi aruspici, indovini e maghi. La nostra era tecnologica non ha eliminato la superstizione, presente in ogni civiltà fin dalla notte dei tempi. Babilonia fu la città in cui più ebbe sviluppo l’astronomia, di qui derivò la lettura delle stelle per oroscopi e divinazioni. Dione Cassio c’informa che Settimio Severo aveva fatto dipingere le stelle nelle volte delle camere del palazzo in cui amministrava la giustizia, fatta eccezione della parte del cielo in cui era possibile ricavare il suo oroscopo. Il Codice teodosiano proibiva magia e divinazioni, punite con pene severissime, fino alla pena di morte come per l’omosessualità e l’adulterio. Bastò l’accusa mossa ad Aristofane, di aver introdotto presso Parnasio, governatore d’Egitto, un indovino, per farlo sottoporre a tortura e correre il rischio di subire la pena di morte. Per inciso erano puniti severissimamente coloro che urinavano sulla statue, la pena poteva arrivare alla morte se la statua raffigurava l’imperatore. Apuleio, accusato di pratiche magiche, fu accusato di veneficium. Erano particolarmente perseguiti gli oroscopi che riguardavano l’imperatore. Ammiano Marcellino racconta la vicenda di Assiria, moglie di Barbazione che scrisse una lettera cifrata al marito, comandante di fanteria (pedestris militiae) dopo aver consultato un esperto di oroscopi. Nella lettera informava il marito che l’imperatore, Costanzo II, sarebbe morto ed egli sarebbe diventato il nuovo imperatore. Denunciata dalla serva, fu giustiziata e il marito con lei. A causa di una stupida donna fu provocata una tragedia. I romani giustificavano la persecuzione dei maghi accusandoli di voler conoscere ciò che non è lecito all’uomo conoscere. Al contrario dei greci che sostenevano che il dio Apollo proteggesse gli indovini. Anche Platone sosteneva che la divinazione era un facoltà concessa ad alcuni uomini dagli dei. Porfirio, nel III secolo d.C., era sulla stessa linea di pensiero per sostenerla scrisse “Filosofia degli oracoli” . Giamblico ebbe invece un atteggiamento critico, non solo contro la divinazione, ma anche contro la scienza. Vi era dunque disparità di opinioni, la caccia alle streghe non fu una scoperta dell’Inquisizione della Chiesa Cattolica, come vorrebbero far credere alcuni studiosi. Le streghe di Apuleio commettono maleficium, ovvero azioni magiche e cattive. Esse sono temute. Per benevolenza avverte Lucio, l’eroe della Metamorfosi, che la sua ospite è una maga famosa: se ne guardi bene! Apuleio parte per la Tessaglia alla ricerca di ricette magiche, per questo verrà punito. Anche l’Antico testamento interdice le pratiche divinatorie e magiche: “ non abbiate commercio con gli incantatori e non contaminatevi a causa loro” (Levitico 19.31) Nel Deuteronomio (18.10.12) “…Chiunque pratica queste cose è abominevole davanti a Jahvè…”. Ancora Origene ritiene inaccettabili gli argomenti avanzati dal pagano Celso. Ci sarebbe ancora molto da scrivere sull’argomento, questo breve cenno è solo indicativo di come, parafando Chamfort, gli esseri umani incapaci di vincere vizi e debolezze, hanno scelto di cancellarne nome e significato, in modo da poter fingere allegria anche nelle pratiche più sciocche.
piergiorgio Firinu 

Di questo passo il dibattito sull’arte si svolgerà negli obitori. I filosofi dell’arte, prendendo lo spunto da Hegel, dibattono sulla morte dell’arte. Gli artisti, quelli che sono in grado di condurre un dibattito con qualche costrutto, dichiarano la morte della filosofia. Di certo siamo a buon livello di paranoia che si manifesta in verbose insensatezze. Joseph Kosuth nel 1989 scrisse “L’arte dopo la filosofia. Significato dell’arte concettuale” . Nel libro delinea icasticamente la situazione come è vista da lui. Dal mio punto di vista, la pretesa dell’arte di dare “forma” alla filosofia approda ad un completo fallimento, sul piano epistemologico e ontologico. Premesso che l’impegno prevalente degli artisti sembra essere la provocazione, attuata in forme diverse. Il modo più grossolano avviene attraverso immagini shook , laidi espedienti, come, rane crocifisse, letti sfatti, vagine partorienti, simulazione di fellatio, sesso per denaro come opera d’arte e via imbruttendo. Questo tipo di provocazione è appannaggio soprattutto femminile, per ovvie ragioni che sfruttano le consuetudini reazionarie, seguono il mainstream. Altro modo di provocare, più intellettualistico, consiste nel formulare teorie sottili e convincenti in modo diaappagare la propensione ai luoghi comuni sotto specie progressista. La sfida ad Hegel consiste semplicemente nel scegliere il bersaglio. Come i fantocci colpiti dalle lance nei tornei cavallereschi medioevali, certo non in grado di rispondere, consentivano ai cavalieri (filosofi) di esibire la loro abilità senza rischi. Qual è il senso di richiamarsi al “ruolo pubblico” dell’arte? L’arte, diciamolo con chiarezza, non ha mai avuto un ruolo pubblico,è sempre stata appannaggio di una minoranza, forse non la più informata, di sicuro benestante. Fanno eccezioni le immagini sacre nelle chiese. Le code agli ingressi dei musei, sono frutto di pubblicità e marketing. Lo si è visto con l’esposizione della “Ragazza con turbante, più nota come “La ragazza con l’orecchino” del pittore fiammingo Jan Vermeer. Kosuth definisce i filosofi contemporanei poco più che storici della filosofia, una sorta di Bibliotecari della Verità” . Tutto vero. Almeno riconosce ai filosofi un ruolo, mentre gli artisti si trovano estraniati da aporie ancipiti, né filosofi né artisti, solo produttori di oggetti e parole. Gli artisti che si considerano concettuali, trascurano un dettaglio, il concetto, ancor che difficilmente antologizzabile, presuppone una struttura lessicale logica che lo supporti. La logica contemporanea è frammentata in dettagli che ne diluiscono il senso. Kosuth approfitta della situazione d’ignoranza dei filistei, conduce un gioco in cui le parole si disperdono nel non senso. Operazione che finisce per essere controproducente, a meno che ci si accontenti dell’illusionismo delle parole fine a se stesse. In base all’empiria la forma deriva il significato dalla funzione. L’arte fa eccezione, estranea com’è ad ogni funzionalità. Da tempo ha rinunciato alla mimesi, non offre alcuna testimonianza storica. Eliminato l’aspetto morfologico connesso all’estetica, l’arte si riduce a valore oggettuale nel valutare il quale i procedimenti ermeneutici si equivalgono, sicuramente non sono di competenza del produttore. L’inutilità dell’arte è quindi un fatto certo. A renderla discutibile, spesso gradevole, si aggiungono i fantasiosi neologismi concettuali che tentano di darle valore, essendo spesso impossibile attribuirle significato.

La stampa è considerata uno dei pilastri della democrazia moderna. Tuttavia un analista dei media fa emergere che la loro parzialità priva il pubblico della possibilità di comprendere il mondo reale, quanto meno avere un atteggiamento critico sulle maggiori distorsioni. Questa affermazione è suffragata da elementi che emergono quotidianamente dalla lettura dei giornali e osservazione della Tv. Non è del tutto vero l’assunto che il campo dell’informazione è “posseduto” dai capitalisti che assumono personale per confezionale e vendere un prodotto. Per rendere il “prodotto” accettabile da un gran numero di persone, può servire l’uso di massicce dosi di demagogia. La struttura dei media è costruita in modo da promuovere l’adesione alle idee convenzionali, a volte rivestite da un “progressismo” di facciata. Quanti milioni spendono per pubblicità sui media le case di moda? E’ inevitabile che anche le loro iniziative nel campo dell’arte trovino vasta eco, a prescindere dalla qualità degli artisti proposti. Un critico, un commentatore, avranno tanto più successo quanto più sapranno vendere aria fritta per aria nuova. E’ del tutto evidente, per chi voglia vedere, che la stampa italiana si accoda alle notizie diffuse dalle agenzie internazionali, per lo più anglosassoni, e comunicazioni provenienti da organi governativi. La mancata reazione alle menzogne di George Bush per giustificare l’attacco all’Iran è significativa. Non diversamente è stata manipolata la pubblica opinione per giustificare l’attacco alla Libia, deciso da Francia, Inghilterra, USA. Non c’è stato un solo presidente Usa che non abbia scatenato una guerra di aggressione a una nazione indipendente, con la scusa di difendere o esportare la democrazia, vale a dire il modello di vita americano considerato per definizione il solo accettabile. Forse in troppi hanno introiettato la tesi di Hobbes sul monopolio degli Stati all’uso della violenza. Si parla di torture e violenza in Ruanda, Bosnia e paesi del Medio Oriente, ma è stata messa la sordina a Guantànamo. Le conseguenze delle guerre scatenate dagli USA , Inghilterra, Francia per ragioni economiche, ricadono su tutti. Tutto ciò e reso possibile anche grazie alla complicità dei media. Ogni tanto in Europa qualche intellettuale tenta una critica. Pierre Bourdieu si è scagliato contro la regina dei media: la Tv. Purtroppo le critiche non hanno effetto, anche per la poca credibilità dei promotori che trascurano l’essenza del problema. L’influenza dei media è facilitata dalla distrazione delle masse, incoraggiate e coltivare vizi privati dagli stessi intellettuali che muovono critiche su altri fronti. Vi è poi una crescente ignoranza a cui la tecnologia fa da paravento. Le sfumature di grigio, e lo spettacolo del calcio, bastano a inebetire le masse che si sentono libere ed emancipate. Massiccia è l’azione promozionale a favore della mediocre arte contemporanea. La cultura sostituita da pubblicità & marketing. E’ questo il nocciolo della questione. La comunicazione , secondo Armand Mattelart, diventa il paradigma stesso della “conoscenza” e quindi del potere. E’ chiaro che, se la missione dei media, come qualcuno ha sostenuto, è quello di formare l’opinione pubblica, giornalisti e critici sono in larga misura inadempienti. A questa già non facile situazione, negli ultimi anni si è aggiunta la distorsione informativa che deriva dalle contrapposizioni di genere. Vi sono casi conclamati di mistificazione della realtà basati su distorte posizioni propagandistiche al servizio di ideologie prive di concretezza e logica. Non basta la libertà di poter esprimere le proprie opinioni sulla rete per migliorare il mondo. Se tutto ciò che la liberalizzazione dei costumi ha portato è l’offerta di sesso ed esibizione pornografiche. Eppure tutto ciò è difeso strenuamente dai Pasdaran del liberismo, costituito anche da reduci di una sinistra in disarmo che tradisce se stessa abbracciando le più trite teorie e perversioni borghesi. Nel circo Barnum di politica, stampa, cultura, arte, è proibito ogni accenno all’etica, anche solo al senso del limite. Leggere certi giornali di sinistra, sembra di sfogliare il Travaso, rivista porno qualunquistica degli anni ’50. Non è un caso che l’ex direttore di Cuore, sia uno degli opinion maker di uno dei più diffusi quotidiani italiani. In questa melma qualunquista, in cui destra e sinistra hanno entrambe il colore del fango, l’arte naviga a vista, realizza mostre dal romantico e significativo titolo “Caga e muori”, scritto però in inglese – Siamo o non siamo in piena globalizzazione! – Ecco dunque che dal triste panoramica si scorge una certa logica, quanto meno una parziale spiegazione dell’anfibolia contemporanea.






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