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Nel 1568 l’aretino Giorgio Vasari pubblica “Le Vite”, il testo si ispira alla novellistica fiorentina, descrive il mondo artistico e letterario della sua epoca nel quale la cultura aveva richiami al mondo classico che da impronta al suo lavoro, non solo ricco di episodi storici con aneddoti sulla vita degli artisti, ma anche molto curata sotto il profilo letterario. Un parallelo tra cultura, storia e arte. Per avere un’idea della cura con cui fu redatto il testo, basti dire che il lavoro di revisione, oggi diremmo l’editing, durò ben 15 anni. E’ noto che  il Vasari è considerato il precursore della critica d’arte, nelle Vite non si è occupato soltanto della descrizione delle opere degli artisti, ma, come si evince dal titolo, ha redatto una serie di brevi biografie di ogni singolo artista. Vasari era implicato in molti dei fenomeni che descrive ed era posseduto da un pessimismo implicito che emerge dalla narrazione della parabola da Cimabue a Buonarroti.

Oggi quella che per comodità viene ancora definita critica d’arte non ha più le caratteristiche di approfondimento di opere e personaggi., nei migliori dei casi ha forte connotazione sociale come “ Storia sociale dell’arte” di Arnold Hauser.

Più spesso si tratta di racconti parziali su determinati fenomeni. Ogni studioso tende a specializzarsi su una determina forma artistica, o corrente, proliferate con l’avvento delle avanguardie. Raramente il critico si sofferma sul background dell’artista e sul mondo nel quale vive e opera, quando lo fa, traccia per lo più un racconto privo di approfondimenti e ricco di elogi. Diciamo che la critica d’arte ha assunto il compito di promozione commerciale più che di narrazione vera dei fenomeni artistici.

Forse uno degli ultimi critici d’arte, per cosi dire, per vocazione, fu Charles Baudelaire. Il poeta francese visse in un periodo di fulgore dell’arte francese, tra il 1821 e il 1867, egli apparteneva al movimento del simbolismo ed estetismo che esprimeva la decadenza nonostante la Belle Epoque. Baudelaire scrisse sul  Salon des Refusés, insieme a Emile Zola.

Se pensiamo al grande scalpore che suscitò l’opera di Edouard Manet, “ Le Déjeuner sur l’herbe”, solo perché appariva un nudo, e lo paragoniamo a cosa rappresentano gli artisti oggi, dopo appena  160 anni, davvero dovremmo interrogarci sulla natura di quello che viene definito progresso dell’arte.

Gradatamente la funzione si approfondimento critico viene assunta dai filosofi. Da prima con citazioni en passant nei testi con i quali era contenuto un richiamo a forme estetiche, fino ad arrivare a produrre una ricca serie di pubblicazioni di filosofia dell’arte con  l’ambizione più o meno esplicita di chiarire i fenomeni artistici e dare significato alle opere. Raramente le loro considerazioni trovano riscontro nella osservazione del comune osservatore.

Non è questa la sede di approfondimenti circa gli esiti dell’entrata a gamba tesa della filosofia nel mondo dell’arte. Mi auguro che i brevi qui contenuti possano indurre ad approfondire il vasto tema della realtà artistica di ieri e di oggi.

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