Quando la storia prende forma, le arti e l’interpretazione dei classici giocano un ruolo decisivo nella costruzione del pensiero sociale. Non solo gli storici della scienza, ma anche gli storici dell’arte, Berenson per esempio, ha riconosciuto che i pittori fiorentini hanno una parte nella storia sociale e nella scienza occidentale. Questo è stato vero fintanto che l’ideologia non è diventata l’ispiratrice di molta arte a partire dalla fine dell’800. Paul Hazard aveva già anticipata la tendenza in atto con il saggio “ “La crisi della coscienza europea”. Le distinzioni fra nazioni, fra momenti diversi dell’evoluzione storica formano lo spirito del tempo e danno significati a riferimenti a tradizioni, a quelli che chiamiamo valori. Per cultura del tempo s’intende il pensiero collettivo dominante. Tuttavia il progresso non avviene per il contributo uniforme, ma per la genialità di alcuni individui dotati di capacità di mettere al posto giusto, come in un puzzle le varie conoscenze. Scriveva Houston Steward Chamberlain “ …..negli abissi marini dove non filtra la luce, esistono pesci che rischiarano elettricamente quel mondo oscuro; alla stessa stregua, la buia notte della nostra conoscenza è illuminata dalla luce del genio…”. Diceva Wainewright “Nel campo dell’arte ciò che è degno di essere fatto, deve essere fatto bene”. Tra le opere di William Blake, una delle più belle è “Canti dell’innocenza e dell’esperienza”. In cui esprime in forma sublime la tensione verso ciò che dovrebbe essere l’aspirazione di ogni artista: rappresentare ciò che il linguaggio ordinario non riesce ad esprimere. Un ideale è tale perché non alla portata delle nostre normali possibilità. Lo sapevano Alain Charter, Ronsard, Keats, Shelly, gli elisabettiani, Chaucer, Chapman, come il grande poeta italiano Petrarca. Sembra che oggi la bellezza, essendo realizzabile con strumenti tecnici nella sua forma esteriore, sia aborrita dagli artisti. Prevale la tesi che ciò che è brutto è significante, ciò che è bello è banale.
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