Cresce l’ignoranza in epoca di diffusione dei media.  0

L’analisi heideggeriana della temporalità dell’esistenza umana ha mostrato in modo convincente che il comprendere non è uno dei possibili atteggiamenti del soggetto, ma il modo di essere dell’esistenza come tale. Questo spiega il persistere, anzi il crescere dell’ignoranza in epoca in cui vi è diffusione dei media e della editoria.

Anche la qualità estetica di un opera d’arte si fonda sulla cultura e capacità tecniche dell’artista e ma trascende la dipendenza di condizioni storiche e culturali. L’atto della comprensione presume cultura e sensibilità, qualità che rendono possibile una vera esperienza dell’arte.

Vi è una immaginaria linea di demarcazione tra il mondo nel quale l’artista ha realizzato l’opera e il mondo nel quale viene fruita.

Nietzsche, capovolgendo la sentenza di Parmenide, poi ripresa di Hegel,”Ciò che è pesabile è reale e ciò che reale è pensabile”.Per Nietzsche : “ tutto ciò che pensabile è irreale”. Infrange il tradizionale principio di realtà. L’arte compie questo passo.

Presumibilmente l’artista non pensa d’interpretare le varie teorie filosofiche della realtà. Immaginiamo un immagine sacra prodotta in epoca medioevale per comunicare la sintesi di una narrazione religiosa, quale la realtà dell’immagine,quella che vediamo fisicamente, ovvero la simbologia che si presume rappresenti? Oggi, in era assolutamente atea,esposta in un museo, quale significato assume?

Anche il mito non è più parte del patrimonio culturale contemporaneo, ma ciò nonostante è sottoposto a dotte ermeneutiche, interpretazioni in chiave moderna.

Come viene letta oggi un immagine sacra ? Alla tregua di una pittura astratta? Osservando cioè solo colore e forma, trascurando la narrazione religiosa e filosofica a cui l’opera rimanda ed aveva per così dire funzione didattica?

Partire dalla denominazione,scienza dello spirito, per tentare di dare un’impronta spirituale alla impronta stilistica, è uno degli espedienti a cui facevano ricorso filosofi e artisti. Oggi la spirito non ha più diritto di cittadinanza nella società contemporanea, nella quale la sensibilità è quanto meno superficiale, epidermica,

Potremmo fare un lunghissimo elenco di opere soprattutto di “arte” femminile la cui essenza va oltre la materialità per sconfinare nella più bieca volgarità formale. La critica, in difficoltà nel dare significato all’opera, spesso si limita ad ipotizzare le intenzioni dell’artista in una sorta di fantasiosa  introspezione.

D’altra parte che tipo di stimolo, sensazione, informazione, quale significato può avere la visione, del  letto sfatto di Tracy  Emin presentato come opera d’arte?

Ci troviamo a fare i conti con artifizi del linguaggio,un’ipocrita discrasia semantica che la  psicologia di massa, vulnerabile alla suggestione della comunicazione, priva di anticorpi culturali, assimila e fa propri.

La comunicazione di massa utilizza anche una narrazione pseudo culturale e immagini artistiche ma solo in chiave pubblicitaria.

 

Opera di John Baldessari: “Throwing a Ball Once to Get Three Melodies and Fifteen Chords” 1973

John-Baldessari

Share This:

L’entusiasmo che induce alla conoscenza.  0

È ancora possibile oggi credere nella sincerità dell’artista e del filosofo? Come si effettua la scelta nella troppo vasta ampiezza del sapere che sembra pretendere di giungere ad abbracciare tutto lo scibile della natura?

Tanto più lo studioso è scrupoloso, tanto più appare inverosimile.

Forse si arriva sempre troppo tardi a scoprire quel brandello di verità ricercata tutta una vita, quando il meglio del tempo che ci è accordato è passato e molto di ciò in cui credeva sarà stato degradato, degenerato, cosicché il giudizio di valore non avrà più un significato. Nel caso contrario si rischia di diventare un dilettante dalle mille percezioni inutili e si sarà perduto l’entusiasmo che induce alla conoscenza. La buona sottile Sapienza resterà chimera, forse nascerò il desiderio di diventare un grande attore, una specie di Cagliostro il cui copione recitato racchiude la mistica assenza di verità. Cosa rende leggero il discorso filosofico? Quali ragioni ispirano la domanda del significato può avere oggi per noi la filosofia, se tutto, significato incluso, è provvisorio?

Se anche gli  artisti, anziché fare il loro mestiere, si cimentano in fantasiosi anacoluti concettuali, forse è il momento di trarsi da parte e rinunciare al gioco cercando altri modi di evadere.

Vivere oggi in disparte, sinceramente oscuri nella propria pelle,in tutta semplicità, forse è la via  migliore da seguire facendo tesoro della poca  conoscenza accumulata nel corso degli anni con fatica e, forse con poca umiltà.

Ognuno, nel corso della propria esistenza dovrebbe avere sperimentato il lato umano delle cose,e forse scoperto che l’innocenza è qualità molto rara. Esiste a tratti nei grandi filosofi, che hanno l’illusione di parlare della verità mentre in realtà parlano di se stessi seguendo l’impulso che porta alla luce quella grandissima, impudente innocenza fondamento di ogni sapere. La ragione si trova a dover filtrare tra le molte parole quel poco di vero che può essere utilizzato in un discorso orientato verso un ontologia della verità.

Non facciamo, per così dire, che chiacchierare nel vuoto, diffondere e sperperare brandelli di verità di cui ci è sfuggito il senso. Così quel poco di verità che conosciamo di dissolve come la luce del sole. E’ un peccato che il vuoto non abbia orecchio.

Dunque il comportamento dei filosofi sarà questo spettacolare lucido e insieme impotente tentativo presuntuoso di migliorare il mondo, sempre fallito, perso nelle parole che non tutti comprendono e ancora meno ascoltano.

Nietzsche distingueva nei termini che cosa è malato e sano che non è gregario o singolare il giovane professore di filologia che nel 1861 si esprime e reagisce ancora da erudito Borghese Tuttavia ricorre al cinismo di una frase” L’arte non può esistere per la povera gente”

Fototonews del 17 settembre

Share This:

Dare continuità al possibile.  0

Tra le caratteristiche del nostro tempo, spicca la fretta, la frenesia, la velocità, legate all’ossessione del nuovo, del cambiamento, considerato sinonimo di progresso. Forse nessun testo è meno attuale di “Elogio della ripetizione” di Kierkegaard. La ripetizione implica la rinuncia alla fretta, all’ansia di cambiamento. Non c’è dubbio che, anche se non ce ne  rendiamo conto, la ripetitività è alla base della vita. Le funzioni vitali, il nutrimento, il sonno, sono necessariamente ripetitivi. Stare in contatto con le persone care è un piacere al quale  vogliamo dare la maggiore continuità possibile.  Il gusto è una fattispecie che induce alla ripetizione. Il cibo che preferiamo tendiamo a consumarlo con più frequenza. La scelta dell’abbigliamento, la foggia, i colori, fanno parte del gusto personale, che orienta le nostre scelte. Quello che definiamo “stile” non è altro che la coerenza con la quale scegliamo e dalla quale ci facciamo guidare nei molti aspetti della vita, la costanza di questo orientamento ci caratterizza.  Ogni scelta avviene dunque all’interno di una traccia della quale il gusto è il segno. Se amiamo l’arte, la nostra predilezione va a certi artisti. Avendone la possibilità vorremmo acquistare le loro opere per poterle ammirare con comodo nella nostra casa ogni giorno. Dunque  la fretta, la “distrazione” con la quale  molti vivono la loro vita, rende impossibile la sedimentazione di scelte meditate, in buona sostanza  rivela carenza di amore per la vita stessa, la quale è resa gradevole da ciò che amiamo. L’incapacità di scegliere, distratti dalla fretta che ci induce a soffermarci all’apparenza delle cose, significa incapacità di dare un senso alla nostra vita, di vivere con gioia i suoi multiformi aspetti ed espressioni. Corriamo il rischio di chiuderci in noi stessi, vittime di una frenesia che non riempie il vuoto che sentiamo. La paura di vivere porta al nichilismo, ci induce all’ossessione  del movimento. Decentriamo l’attenzione su molte cose perché non ne amiamo nessuna, soprattutto finiamo per non amare neppure noi stessi.luci-notturne-sfocate_23-2148139343500

Share This:

L’umana specie ha perso il controllo.  0

La metamorfosi dell’essere umano avviene in migliaia di anni per la formazione del tipo, e poi delle generazioni; sicchè un individuo percorre durante la sua vita quelle dei molti individui.

Le norme dettate dalla coscienza morale venutasi a creare attraverso lì evoluzione di millenni, costituirono guida e fine. Abolito ogni riferimento etico si è piombati in un confuso solipsismo edonistico che ha travolto tutta la specie umana.

Schopenhauer sottolinea come la natura non si curi dell’individuo, abbia riferimento solo la specie. Tuttavia quando la specie perde il controllo della propria identità arrivando a sovrapporre i generi, negando gli stessi valori che consentono la propria sopravvivenza, significa che il declino non riguarda più soltanto la “società”, cioè l’agglomerato umano che la civiltà ha formato,ma proprio la natura stessa della specie umana.

Nietzsche personalizzava la filosofia, la usava per tenere a bada il problemi mentali che lo hanno assillato per tutta la sua esistenza. Tuttavia negli sprazzi di razionalità creativa, egli era ben conscio del germe che rodeva dalle fondamento l’intera civiltà rendendola incapace di dare un senso all’esistenza. Zarathustra è la favola dell’impossibile delirio di potenza che si arena nel vuoto mentale delle masse edoniche.

La semiologia della modernità è una giungla di segni contradditori che prendono le distanza da cultura e significato, nella ricerca d’individualità. Un tentativo confuso di trarsi dal caos, destinato a finire nella rinuncia ed annullarsi nella identità collettiva a cui spingono media e potere.

Difficile governare gli individui . E’ quindi necessario indurli ad essere massa, il globalismo non nasce per caso. Il progressivo deterioramento della specie umana, non è, di fatto, governato da nessuno, siamo cioè nel Caos organizzato. Scrive Pierre Klossowski, la classe dirigente è al servizio delle masse, come le masse sono al servizio del sistema. La realtà è priva di effettivo controllo. A livello globale chi trae beneficio? Quale tipo di beneficio? E’ sufficiente l’ebbrezza del potere che è per sua natura sempre provvisorio?

 

I quattro cavalieri dell’apocalisse. Tra religione,mito, leggenda.

APOCALISSE 500

Share This:

L’immagine e la parola.  0

Periodicamente  riemerge la diatriba tra parole e immagine. Sul tema Michel Foucault ha pubblicato il libro: “ Le parole e le cose” nel quale, partendo dal periodo arcaico, quando vi era  similitudine tra parole e cose, arriva alla nostra era nella quale si è persa l’illusione che la cultura consenta di  poter circoscrivere e possedere le cose.

In questo ambito si attua il confronto arte, scrittura, realtà. Rispunta il discredito dell’arte, che com’è noto, risale a Platone ed è ripreso quasi con identiche parole da Biagio Pascal,  il quale  manifesta il suo disprezzo per la pittura “…che faticosamente presenta qualcosa che in originale si potrebbe vedere e possedere meglio”. Per Valéry invece la potenza della pittura sta appunto nel renderci consapevoli dell’assenza del suo oggetto.

Il teatro è un’altra forma dell’arte dell’inganno. Scriveva Chanfort ; “Il teatro è la prova che gli uomini, anziché correggere i loro difetti, preferiscono celebrarli”.  Infatti, per attuare l’inganno, la più importante qualità di un attore è la spontaneità, muoversi e parlare in modo da dare l’illusione che egli sia ciò che finge di essere.

Parole e immagini possono rappresentare cose belle e bruttissime, come ha documentato Umberto Eco nel libro “Storia della bruttezza”, pubblicato nel 2007 (Bompiani). Secondo Aristotele, anche il brutto,dipinto, diventa, se non bello  quanto meno interessante.

Anche la parola, anzi più la parola che l’immagine , può esprimere il brutto e la trivialità. Gustave Flaubert, celebre autore di Madame Bovary, in una lettera indirizzata a Louis Bouilles scriveva:      “E’una cosa strana come lo spettacolo della natura, ben lungi dall’innalzare la mia anima al creatore, stimoli il mio stomaco. L’oceano mi fa sognare le ostriche, l’ultima volta che attraversai le Alpi mi venne in mente un cosciotto di camoscio che avevo mangiato quattro anni prima…”.

Come rappresentare in pittura desideri così ordinari e materialistici? E’ chiaro che solo la parola può esprimere ciò che l’immagine non arriva a definire, per esempio i desideri di Flaubert.

Sappiamo che anche il surreale può essere raccontato e dipinto. Durante un viaggio nel Sudamerica dei due studiosi Humboldt e Bompland, Gottlieb Schick  dipinse: “ Scena notturna sull’Orinoco”, dove i due studiosi, in abito da sera e capello a cilindro in piena foresta amazzonica, si recavano a cena presso un indigeno che aveva preparata per loro una scimmia cotta alla griglia.    BRuttezza

Share This:

Quale futuro ci aspetta.  0

Nel 1984 Milan Kundera  pubblicò “ L’insostenibile leggere dell’essere”. Il libro ebbe grande successo, e fin dal titolo appare la cifra del nostro tempo, superficiale, leggero, femmineo.

La cultura e l’arte hanno perso quella che un tempo veniva definita “profondità”, il lato oscuro della fantasia che ha ispirato artisti e poeti impegnati nell’esplorare gli abissi della natura umana. Oggi forse ci siamo arresi, il compito d’indagare la profondità della mente umana è solo più  compito di psichiatri.

La separazione tra io e mondo, l’alienazione dell’uomo dalla natura e la conseguente svalutazione di questa, trovano origine già nel pensiero religioso dei primi secoli cristiani, il rapporto conflittuale e disarmonico con l’ambiente naturale costituisce una delle prime cause della crisi dell’uomo occidentale, arriva  fino ad estraniarlo da se stesso al punto da mettere in dubbio genere e natura dei rapporti umani.

Nel 2005 Susan Greenfield pubblicò  il libro “Gente di domani” basato su una serie di inquietanti ipotesi. La natura umana sta per cambiare per sempre?  Si può immaginare un mondo nel quale tutto ciò che oggi diamo per scontato su noi stessi, immaginazione, libero arbitrio, sesso, apprendimento, memoria, desiderio, sia diventato obsoleto? Pare proprio che questo stia  accadendo,specie in occidente, a un  ritmo sempre più accelerato.

Di fronte a questa realtà quale sarà la funzione dell’arte? Anzi, è immaginabile che, in un mondo capovolto, l’arte possa procedere semplicemente aggiornando le proprie tecniche di rappresentazione?

Forse, la domanda fondamentale che dovrebbe essere posta è: da dove l’essere umano può trarre gli strumenti per gestire trasformazioni così radicali? I temi  oggi di attualità sono; AI, ecologia, sperimentazione genetica, bio-ingegneria. Il problema che ognuno di questi settori di ricerca è spesso una sorta di hortus clausus, con sporadici approcci a altre discipline.

In ogni caso tutti gli studi per affrontare quelle che saranno le nuove realtà sono di carattere tecnico. Eliminata quasi del tutto quella che un tempo era definita cultura umanistica, ovvero quella “inutile”. Diceva Bertrand Russell: “La cultura veramente importante è quella inutile”. Intendendo appunto la cultura umanistica, orientata a formare  carattere e  modalità di pensiero, mentre tutte le discipline tecnico scientifiche generalmente sono “aride” ,sicuramente non contribuiscono a formare la personalità umana.        Cyborg 500

Share This:

Il sogno barocco.  0

 

Già nella cultura antica il sogno suscitò l’interesse di molti filosofi. Aristotele dedicò ben tre trattati al sogno che considerava parte della nostra capacità percettiva. Egli sosteneva che le immagini che vediamo durante il sogno hanno cause esclusivamente fisiologiche. Anche Epicuro sviluppò disamine sul sogno attribuendo ad esso cause materialistiche e sensistiche.

Leibniz contrastava l’idea barocca che la vita possa essere sogno, come argomentava Pedro Calderon de la Barca in : “La vita è sogno”. E’ del tutto contrario alla ragione l’ipotesi di un sogno lungo quanto la vita umana, tuttavia questa romantica prospettiva è stata usata da poeti e drammaturghi. Anche  Shakespeare non l’ha disdegnata in molte sue opere.

L’arte è per se stessa una particolare forma di sogno, essa è una sorta di metafora dell’oltre realtà. Nonostante la definizione di metafisica, dell’arte, è improbabile che De Chirico, seguace della filosofia di Nietzsche, aderisce alla metafisica così come la intendeva Platone, il quale descrive, certo il percorso dall’eros alla sapienza, ma assegna alle arti figurative  un rango ontologicamente inferiore.

Il surrealismo confonde il sogno con l’irrazionalità. A partire dal dadaismo,  le avanguardie si sono affidate a intellettualismi che, al di là delle forme provocatorie, erano sostanzialmente aridi e privi di poesia. Mentre Salvador Dalì usava la pittura per esprimere  fantasie contorte, Man Ray seguiva le teorie di Andrè Breton il cui pensiero, più che teoria dell’arte ,sconfinava nella psicanalisi  e nella parodia della forma.

Anche per l’artista, tra razionalità ed emozione, si dipana il percorso dell’esistenza, parola di cui, sosteneva Liebniz, non conosciamo il significato. Ribatteva Berkeley: “ Noi conosciamo molte cose, per le quali ci mancano le parole per esprimerle”.

La filosofia Barocca dibattè  sulla impossibilità di soddisfare la richiesta cartesiana di una prova dell’esistenza del mondo, tema intorno al quale Liebniz e Berkeley  avevano opinioni diverse espresse in contrastanti teorie.

Sulla scia dell’alone infinito di possibilità che assedia il nocciolo ristretto di realtà, l’arte tenta d’inventare  vie di fuga. Ogni progresso è formato da elementi così piccoli, fatti di ore e di giorni, entro i quali le griglie concettuali diventano troppo grossolane , immagini, paragoni, metafore, appaiono inefficaci per confrontare i piani della realtà in cui siamo immersi.

 

Piergiorgio Firinu. New Mexico. Luogo sacro di indiani Navajo,1974Luogo sacro indiano

Share This:

La parola e l’immagine.  0

In che misura un’opera d’arte si radica nella  memoria? Che tipo di riflessione sollecita in noi? Davvero opere di Hartung, Pollock,Manzoni,Burri hanno arricchita la nostra sensibilità e la nostra cultura?

Quasi sempre l’opera d’arte è correlata alla parola che ne spiega il significato. Dunque la parola  non è solo il segno del pensiero,se con ciò si intende un fenomeno che ne annuncia un altro, come il fumo annuncia il fuoco.

Com’è noto Socrate diffidava della parola scritta. Egli affidava il suo insegnamento alla sua voce, al dialogo con uomini vicini, in grado di essere interrogati e di interrogare a loro volta, uomini con i quali esercitare l’arte della reciproca persuasione. .

Evidentemente non sempre questo è possibile, specie oggi in un mondo sempre più affollato nel quale ogni giorno si pubblicano una quantità di libri e giornali. La parola e il pensiero, quando sono in relazione con l’opera d’arte, contribuiscono a chiarirne il significato, entrambe si avvalgono di un segno. Lo scritto, più dell’immagine, è polisemico.

Il  segno è espresso dalla parola, la parola si avvale di una gnosi che da senso alla narrazione. Non potremmo nemmeno ammettere, come si fa di solito, di considerare la parola come un semplice mezzo di fissazione, o involucro al vestito del pensiero. Perché mai sarebbe più facile ricordare parole e frasi, piuttosto che l’imput che abbiamo ricevuto direttamente dall’opera?

Come  ricordare i pensieri, se ogni volta le  immagini verbali hanno bisogno di essere ricostruite? E perché mai il pensiero espresso verbalmente, cioè attraverso la parola, dovrebbe essere più efficace e comprensibile?

Il  senso delle parole è nella forza del pensiero di cui sono espressione, se le parole sono di per sé stesse comprensibili, è perché  il parlare possiede un potere significante che può essere interpretato a vari livelli di gnosi.

Attraverso il linguaggio costruiamo il nostro sapere. Come scrive Baldassarre Graciàn: “La ragione favorisce ciò che esiste”. L’apprendimento avviene tramite la parola scritta o pronunciata, la quale  acquista significato, essa è lo strumento attraverso il quale si trasmette il sapere.

Solo quando è riuscita l’azione della parola, pronunciata o scritta, si installa nella memoria, costituisce un nuovo campo, l’arricchimento di una nuova dimensione alla nostra esperienza.

Più semplice e diretta l’esperienza della immagine pittorica che fa parte della storia dei mezzi estetici come stimoli formali di rinnovamento. Per questo, la pretesa delle avanguardie di rinunciare alla mimesi e allontanarsi dalla natura, è stata velleitaria, perché ha  creato un vuoto che ha colpita l’immaginazione produttiva menomandola e, per così dire, riducendo l’apporto culturale, rinunciando a  dare ciò che la natura non da.

Quanto più l’arte è diventata “comprensibile” o ha fatto credere di esserlo, tanto meno poteva restar “comprensibile”, come   la natura; la quale del resto aveva già cessato di essere comprensibile da quando risultò che il libro della natura è scritto in un linguaggio cifrato la cui comprensione richiede ben altro che l’ermeneutica.    .

Gigli 500

Share This:

Comprensione e consapevolezza.  0

Per quanto possa essere creativa l’immaginazione pensiamo sempre una realtà possibile, introiettata nella nostra memoria. Quindi possiamo esprimerci elaborando i nostri ricordi, consci e inconsci, ma restiamo prigionieri di quello che possiamo definire antropospazio.Ogni nostra intuizione e percezione è racchiusa nella camicia di Nesso della nostra realtà.

Ci sono due modi di essere e due soltanto: l’essere in se, che è quello della oggettività dispiegata nello spazio, e l’essere per se, che è quello della coscienza. La coscienza di me predispone alla comprensione di ciò che mi circonda.

Da questo dualismo Merleau-Ponty trae la convinzione che  la  percezione naturale può essere interrotta dalla consapevolezza. Ciò significa, secondo il filosofo, che percezione e razionalità sono aspetti diversi dell’approccio al reale, la  percezione vera sarà del tutto e semplicemente una vera percezione se l’immaginazione non sarà turbata dalla razionalità capace di distogliere dall’immersione nel momento,la sensazione,in quanto pensata, indurrà alla presa di coscienza che in qualche modo distoglie dalla percezione pura.

Questa considerazione del filoso francese ha un qualche collegamento con il danese Kirkegaard, il quale in Aut-Aut, attua un confronto tra etica ed estetica e formula la stessa tesi avendo come riferimento l’annullamento nel godimento, che, egli sosteneva, è tanto più totale quanto maggiormente la coscienza si annulla nell’attimo. Il piacere, frutto della percezione fisica con cui la ragione raramente e comunque solo parzialmente, coesiste.

Anche l’illusione è una sensazione nella quale è assente la razionalità, di qui la contrarietà di Platone a quella che egli definiva la doppia illusione dell’arte. Dunque la psicologia della forma ha basi opposte alla epistemologia della scienza. il processo creativo non può essere basato sulla sola immaginazione..

Tuttavia la peculiarità dell’illusione consiste proprio nel non darsi come illusione. Quando percepisco un oggetto reale, quasi istintivamente lo colloco in un contesto che gli conferisce un senso. Per non perdere di vista la realtà è necessario avere conferma  della percezione, avere cioè presa di coscienza.

L’artista conserva lo stupore di fronte al mondo,questo stupore lo stimola a tradurre la realtà, filtrata dalla propria immaginazione creativa, nel flusso del pensiero-immagine che da forma a ciò  non esiste quanto meno nella forma che egli ha immaginato.

Arte metaforicamente può essere simile alla scrittura, come nell’aneddoto usato da Roberto Grossatesta. Il filosofo medioevale usa la metafora della mano che scrive e attraverso il segno delle parole dettate dall’intelletto da senso al pensiero. L’arte mimetica segue il libro della natura e lo esalta attraverso l’immagine. L’agnosticismo contemporaneo privo di phronesis ha eliminato il percorso che nutriva cultura e fantasia.

 

Mano che scrive

Share This:

Percezione e consapevolezza.  0

Per quanto possa essere creativa l’immaginazione pensiamo sempre una realtà possibile, introiettata nella nostra memoria. Quindi possiamo esprimerci elaborando i nostri ricordi, consci e inconsci, ma restiamo prigionieri di quello che possiamo definire antropospazio.Ogni nostra intuizione e percezione è racchiusa nella camicia di Nesso della nostra realtà.

Ci sono due modi di essere e due soltanto: l’essere in se, che è quello della oggettività dispiegata nello spazio, e l’essere per se che è quello della coscienza. La coscienza di me predispone alla comprensione di ciò che mi circonda.

Da questo dualismo Merleau-Ponty tra la convinzione che  la  percezione naturale può essere interrotta dalla consapevolezza. Ciò significa, secondo il filosofo, che percezione e razionalità sono aspetti diversi dell’approccio al reale, la  percezione vera sarà del tutto e semplicemente una vera percezione se l’immaginazione non sarà, che una forma diversa d’intelligenza, non turberà l’immersione nel momento,.la sensazione, in quanto pensata, indurrà alla presa di coscienza che in qualche modo distoglie dalla pura percezione.

Questa considerazione del filoso francese ha un qualche collegamento con il filosofo danese Kirkegaard, il quale in Aut-Aut, confronto tra etica ed estetica,attuava la stessa formulazione avendo come riferimento l’annullamento nel godimento, che, sosteneva è tanto più totale quanto maggiormente la coscienza si annulla nell’attimo. Il piacere frutto della percezione fisica con cui la ragione raramente e solo parzialmente coesiste.

Anche l’illusione è una sensazione nella quale è assente la razionalità, di qui la contrarietà di Platone a quella che egli definiva la doppia illusione dell’arte. Dunque la psicologia della forma ha basi opposte alla epistemologia della scienza. il processo creativo non può essere basato sulla sola immaginazione..

Tuttavia la peculiarità dell’illusione consiste proprio nel non darsi come illusione. Quando percepisco un oggetto reale, quasi istintivamente lo colloco in un contesto che gli conferisce un senso. Per non perdere di vista la realtà è necessario abbia conferma  della percezione, abbia cioè una presa di coscienza.

L’artista conserva lo stupore di fronte al mondo,questo stupore lo induce a tradurre la realtà attraverso la propria visione nel flusso del pensiero-immagine egli trova lo stimolo per dare forma a ciò che non esiste. Lo sguardo modifica la percezione.

 

un mondo500

Share This: