L’arte vera è, per così dire, una sorta di promanazione del sensibile tesa a stimolare le potenzialità umane. In qualche caso può arrotondare gli spigoli del reale. La religione usò l’arte per una pedagogia religiosa. Nicolò Cusano utilizzò un brutto ritratto realizzato da Rogier van der Weyden: “Immagine del tiratore multi vedente”. Come metafora dello guardo di Dio nella vita di ciascuno di noi.
Se ho gli occhi capaci di vedere, se percepisco il mondo, è perché concentro la visione sul particolare. Questo può avvenire soprattutto nell’opera d’arte. Imparare a vedere è esercizio utile, è attraverso la visione che arricchiamo conoscenza e sensibilità. Oggi siamo sommersi da immagini e comunicazione verbale, è pressoché compiuto lo Stato mondiale omogeneo come aveva teorizzato Marshall MacLuhan, con i suoi fantasmi pentecostali del villaggio elettronico globale. Diventa importante utilizzare un filtro per evitare che il pattume visivo intasi la nostra mente e crei una sorta di saturazione dell’inutile.
Non solo nell’arte plastica, anche nella letteratura il gioco della conoscenza che induce alla visione può essere deviante. In questo caso agisce solo sull’immaginazione. Stalin diceva che gli scrittori sono ingegneri dell’anima. Senza indulgere a metafore esagerate, non c’è dubbio che la letteratura ebbe una parte importante nel marcare i passaggi di civiltà. Purtroppo da oltre 50 anni anche la letteratura ha subito la stessa sorte dell’arte plastica, tracimando nel volgare e nell’ intimistico, per non dire pornografico, questo è avvenuto anche per il massiccio afflusso femminile nel settore.
Dostoevskij aveva concepito il personaggio dell’idiota come tentativo di rappresentare “l’essere umano perfettamente bello”, e il suo inevitabile naufragio sullo scoglio della bruttura umana. Nel suo testo polemico del 1888, “l’Anticristo”, Nietzsche ha tratto le conseguenze nel campo della psicologia della religione delineando la figura del decadente ante litteram. Rilke, nel 1937 scrisse un saggio sulla stupidità che non pare abbia contribuito a ridurre il problema.
Non c’è dubbio che, se la grande letteratura aveva lasciato un segno nella cultura dell’Occidente, tale traccia è stata in gran parte cancellata dalla marea di approssimazioni volgari del nostro tempo. La sottile psicologia di Dostoevslij in “Delitto e Castigo”, la ricostruzione della memoria in “A la recherche du temps perdu” di Marcel Proust. “Ulisse di James Joyce. “L’uomo senza qualità di Robert Musil, opere purtroppo molto citate poco lette, e ancor meno comprese.
Viviamo in un mondo in cui abbiamo bisogno della IA per dare ordine ai nostri pensieri, mentre proseguiamo il percorso che ci allontana sempre più da tutto ciò che è natura.