Cosa abbiamo in mente quando pensiamo al significato di un’opera d’arte? Per semplicità usiamo come esempio una classica opera pittorica su tela. Essa è costituita da telaio di legno, colore, tela. Il materiale costituisce l’opera ma non esprime il suo significato. Il significato deriva dalla forma è contenuto sulla tela. Come si desume il significato? Basta l’abilità con la quale è realizzata la figura, se si tratta di un’opera figurativa, o la gradevolezza emotiva di una pittura astratta?
Sappiamo che l’opera astratta non viene giudicata in base alla disposizione dei colori, esistono opere in bianco e nero, altre costituite di solo linee. Dunque qual’ è il riferimento del critico per esprimere la propria valutazione? Spesso nel descrivere le opere di Hartung i critici usano l’espressione: “Esprime la forza del segno”. A quale forza si riferiscono non è dato sapere.
L’arte, è noto, nasce come magia evocativa nei Graffiti delle Grotte di Addaura, Altamira, Lascaux. Questi ritrovamenti sono i più conosciuti, ma sono molti i reperti di pittura rupestre, anche in Italia.
Con il progredire delle tecnica del disegno l’arte si misurò con la mimesi, come narrano gli aneddoti sulla pittura di Parrasio, Apelle, Apollodoro, Aglafonte, Zeusi e altri grandi artisti dell’antica Grecia.
Leggendo “Le vite – Dei più eccellenti pittori, scultori e architetti” di Giorgio Vasari, abbiamo un ampio spaccato di cos’era l’arte, possiamo agevolmente confrontarla che quello che è diventata.
A partire dalla fine dell ‘800 la pittura abbandona la mimesi precisa e lascia ampio spazio alle articolazioni delle figure e del paesaggio, la tecnica pittorica, le pennellate, la disposizione del colore, viene messo in primo piano, le pennellate volutamente esibite. Pensiamo agli Impressionisti.
Con l’avvento delle avanguardie la tecnica del disegno e della pittura perde importanza, viene introdotto il ready made, entra in campo l’arte concettuale, inizia la tendenza ad usare la provocazione come prassi. Gli artisti abbandonano l’epistemologia propria dell’arte, accumulata in duemila anni. L’arte da allora, si affida alla convenzione espressa nella tesi: è arte ciò che l’arista decide debba essere considerato arte. Una tautologia le cui conseguenze sono manifeste. Forse è vero il contrario; non è arte ciò che l’artista decide sia arte, all’opposto l’opera nella sua concretezza nel suo valore che qualifica la persona come artista.
Va da se che simili spurie argomentazioni approdano a pura convenzione catafratta in una presunzione involutiva che rinnega se stessa.
Quando ci riferiamo all’oggetto libro, lo consideriamo Istintivamente come oggetto, compatto, unico. In realtà il libro è costituito da singole pagine, dall’inchiostro usato per la stampa, dalle parole poste in sequenza. Togliendo una di queste proprietà l’oggetto a cui ci riferiamo è ancora un libro? Allo stesso modo l’arte, privata dei suoi elementi costitutivi non è più arte se non per forzate convenzioni.
Sappiamo che in molte case esistono biblioteche costituite da libri finti, cioè solo la copertina Hanno una funzione estetica esibiscono un inganno è quanto avviene per molta arte moderna, non rappresenta nulla è solo apparenza senza contenuto né significato