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Il viaggio come metafora  0

E’ noto che il viaggio può essere visto come  metafora. Tra il ‘600 e ‘700 furono molti i personaggi che effettuarono il Gran Tour, viaggio di conoscenza e scoperte dell’Italia. Notissimo ciò che scrisse Goethe durante il viaggio alla scoperta delle bellezze paesaggistiche e culturali del nostro paese. Più di recente è stato scoperto il viaggio del controverso filosofo della perversione  Donatien Alphonse marchese  De Sade. Ma anche l’avventuroso poeta Byron visitò il nostro paese, così come Shelley. Il viaggio avveniva con la diligenza trainata da cavalli, per i solitari, direttamente in sella a un cavallo, per i più poveri a piedi o dorso a di asino. Il percorso era  faticoso e avventuroso, costituiva un accumulo di conoscenza ed esperienza. La calma visione di paesaggi, di antiche rovine, incontro con persone diverse, sentieri, strade, borghi villaggi ognuno con una propria originalità. Oggi usiamo automobile, treno, aereo, abbiamo fretta di arrivare alla meta, tutto ciò che appare nel percorso lo guardiamo distrattamente o lo ignoriamo del tutto. Inoltre le città hanno perso la propria personalità distintiva,sono sempre più simili in ogni angolo del pianeta. Il pensiero unico, “liberale e progressista” esalta la globalizzazione, contro ogni evidenza nega la progressiva uniformità del mondo che rende pleonastica l’espressione “multiculturalismo”, visto che vanno scomparendo le differenze socio- culturali. La cultura e l’arte sono espressione di questo “nuovo” mondo, privo di originalità, spesso privo di significato. Le opere sono  realizzate avendo in mente la massa di consumatori, la stessa massa che passa una notte intera in strada al freddo di dicembre per acquistare un paio di scarpe da ginnastica. Ciò che particolarmente colpisce  è la mancanza di orgoglio nazionale. Ci si accanisce, con retoriche francamente insulse contro il “sovranismo”. Sentendo la retorica politica di Mattarella e compagni, viene in mente ciò che Karl Marx scrive nella “Ideologia tedesca”: “Dovremmo aiutare i retori a chiarire a se stessi il significato e l’effetto delle parole che usano”. Ai retori anti – sovranisti vorrei consigliare il libro di Ronald G. Witt “L’eccezione italiana” – L’intellettuale laico nel Medioevo e l’origine del Rinascimento (800- 1300)”.Dal libro emerge in modo chiaro che la cultura non è una spruzzata di mondanità, di saperi pragmatici, di retorici richiami alla “Resistenza”, fatti di storia contemporanea travisati dall’ideologia. Cultura è qualcosa di più profondo sedimentato nei millenni, è la ricerca di frammenti di conoscenza che diano senso alla nostra realtà e umanità come andata formandosi. Certo non la si arricchisce disperdendola in un globalismo ottuso, condizionato soprattutto dall’economia, cioè dal bieco materialismo. Il nostro viaggio sembra finito nelle periferie di città entropiche dove viviamo infelici dimentichi del nostro passato.          immagine easy raider

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