Viviamo in un’epoca nella quale le immagini prevalgono sulla parola. Vi sono vari modi di definire l’attenzione visiva: sguardo, visione, osservazione .Assistiamo a una deriva tanto da un preteso spirito laico, quando da una filosofia inconsciamente occamista dello sguardo. A volte un’immagine stimola la riflessione, genera visioni fantastiche. Una parte importante nell’universo della immagini è occupata dal corpo femminile. Per la ben nota teoria platonica, guardare non significa solamente essere toccati da impressione, ma trasferire sull’oggetto del nostro sguardo un impulso della nostra sensibilità. Lo sguardo è partecipazione. I costumi contemporanei femminili hanno cancellato la misteriosa curiosità che nei secoli ha circondato il corpo delle donne. Scrostato da ogni alone romantico, il rapporto tra i sessi, è ridotto a disinvolte prestazioni di piacere reciproco. Tuttavia qualcosa di morboso resta, se continua ad avere ampio mercato la pornografia, il mercato dello sguardo. La realtà virtuale ha surclassato l’immaginazione. Alle masse solitarie, l’arte offre sinopsi di vite possibili. Slanci creativi appesantiti dall’eccesso, da una realtà che fagocita, oscura ogni punto di fuga. Ci si rifugia in convenzioni che hanno l’apparenza di provocazioni, ma sono trasgressioni consuetudinarie. La natura ci soccorre. Un deltaplano che volteggia sullo sfondo dell’aurora boreale è un’immagine bellissima, ma non è creazione dell’uomo. Secondo Platone la vista del bello provoca un shock che nasce dalla reminiscenza. Se consideriamo l’arte alla stregua di documentazione del reale, non abbiamo che l’imbarazzo della scelta. Un Paolo Uccello redivivo farebbe l’operatore TV. L’arte non solo ha ripudiato la bellezza, ma anche la sua stessa essenza, vale a dire l’uso metaforico dell’immagine. Cosa c’è di metaforico nelle immagini di sesso di Jeff Koons? Il sole prodotto da Olafur Elaisson è un effetto speciale, un prodotto della tecnica, non dell’arte. O dobbiamo pensare che tra le due discipline non esista differenza? Certo, le patetiche operazioni nostalgia di Bill Viola, oltre ad essere parassitarie di opere del passato, sono di grande effetto. Avviene la stessa cosa nei film di Tom Cruise. Una società che è un pot-pourri di molte cose, la fantasia, come il pensiero sono esclusi, richiedono troppo tempo e una solitudine a cui i moderni non sono più avvezzi. Dunque basta la tecnica. La rana crocifissa appartiene a un altro genere di perversione artistica. Costituisce un atto che sembra sospendere, o retrocedere, l’antropogenesi. Johann Caspar Lavater sarebbe stato sicuramente interessato a studiare, non l’opera, ma l’artista. Forse trarrebbe sconfortanti conclusioni e si vedrebbe costretto a dar ragione a Giovanni Battista della Porta che sostenne la tesi dell’analogia tra animali e umani. Nè allora nè oggi gli animali ebbero modo di sollevare proteste. In compenso i contemporanei di della Porta lo hanno giudicato infame. Ma eravamo nel 1586, la modernità era solo all’orizzonte.
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