Quando Martin Jay scrisse “L’immaginazione dialettica” aveva in mente la Scuola di Francoforte. In realtà l’immaginazione dialettica pervade tutta la storia della letteratura, con in più una ricerca di precisione espressiva che Roland Barthes riassume nella frase: “ La letteratura non è altro che la ricerca della parola giusta”. Alfonso Sastre esprimeva un elogio morale alla precisione nel suo testo “ La Rivoluzione e la critica della Cultura”. Ma in cosa consiste la ricerca della parola giusta? Per dire cosa? Descrivere mille e un modo per accoppiarsi, come prevale nella letteratura a predominanza femminile di oggi? Oppure dovremmo continuare nella ricerca continua, a volte frenetica, della spazio, di un varco verso il cielo aperto dell’immaginazione, del sogno che oggi appaiono così disperatamente obsoleti? Melville inventava il capitano Achab per cercare il vello vivo della balena bianca, Moby Dick, è la forma che per lui assumeva la ricerca di un varco verso spazi indefiniti. Il pessimismo di Giacomo Leopardi aveva ancora un appiglio guardando al passato, ad un Asia che non avrebbe mai visto. Più rassegnato e prosaico, nella sua precisione scritturale, Robert Musil, definisce l’uomo senza qualità. Percorsi mentali nei quali il tracciato della memoria era costituito dalla scrittura. Ne castello di Kafka si perde l’ottimismo, prevale il peso di una umanità senza sogni, che cerca una via d’uscita, vagante per trovare soluzioni impossibili. Anticipava ciò che in effetti sarebbe seguito. Il nostro tempo, affidato sempre più ad un baluginante intelligenza emotiva, cangiante come il colore del cielo, molto meno rasserenante. L’apparenza e la superficialità femminile come prassi. Si è persa la volontà, forse la capacità, di proseguire nella ricerca del filo conduttore che dia un senso ad esistenze allo sbando. Quando si pensa al valore di una parola, si pensa soprattutto alla proprietà che essa ha di rappresentare un idea, ed è questo uno degli aspetti della linguistica teorizzata da Ferdinand de Saussure. Il problema è che per rappresentare un’idea è necessario avere un’idea da rappresentare. Nel dominio delle apparenze le idee finiscono per non avere cittadinanza. Nella letteratura e nell’arte contemporanee, sono scarse le idee, prevalgono le sensazioni, provocazioni, sessualità, storie laide nelle quali il vivere si traduce in vizio. Il delitto costituisce il filo conduttore delle storie. Si è rinunciato a porsi la domanda: qual’ è il fine dell’esistenza? Domanda alla quale scrittori, intellettuali, artisti, hanno rinunciato a tentare di dare risposte.
Considerazioni sull'arte
Commenti recenti