Post by Category : Conversazioni sull’Arte

Necessità di un diverso approccio critico.  0

Nell’approccio ermeneutico della critica e filosofia dell’arte vi è una incoerenza che non pare essere stata presa in esame. Epistemologia e ontologia dell’arte sono radicalmente cambiate. Colore, disegno,iconografia, non sono più gli elementi costitutivi dell’opera d’arte.  Dunque su cosa si basa la valutazione critica dell’opera?

Il letto sfatto di Trace Emin, la rana crocifissa di Marin Kippenberger, il lampadario di tampax di Joana Vasconcelos, che tipo di approccio critico richiedono? La giustificazione sociologica, oltreché discutibile, non entra nel merito e nello specifico ontologico dell’opera stessa, ma si traduce in una narrazione parallela che non serve alla comprensione, ammesso ci sia davvero possibilità e necessità di capire.

L’ossessione dell’arte femminista per il corpo e l’organo sessuale,sono sintomi di un disagio della propria identità di genere che si traduce in eccessi. Questa realtà formale può essere interpretata attraverso la conoscenza del processo artistico, oppure basta un approccio socio culturale diverso,che tenta di decifrare una pseudocultura la cui cifra è il disagio mentale.

Vi è una sorta di pericoresi nel rifiuto dell’accettazione della propria condizione. Quando Cindy Sherman presenta l’immagine del un parto di una forma umana adulta,manifesta una sorta di disprezzo verso una funzione fondamentale della procreazione che permette la prosecuzione della specie. Lotario de Segni (1160 – 1216) diventato Papa con il nome di Innocenzo III affermò di provare  “un sacro conato di vomito” quando immaginava il parto di un bambino. Sherman si pone sulla stessa linea?

A meno di non supporre una estemporaneità superficiale, le ragioni che motivano le opere sopra citate implicano considerazione che vanno oltre alla epistemologia dell’arte. Qual’è il significato del lampadario della Vasconcelos? La luce? O un monumento all’assorbente igienico? Quando Andrea Serrano presenta l’immagine di un crocifisso immerso nell’urina,intende dissacrare il simbolo cristiano per antonomasia,oppure desacralizzare la religione in quanto tale?

Non c’è dubbio che l’approccio critico alle opere che pretendono di avere la loro giustificazione in  motivazioni  di carattere socio-culturale, richiedono una preparazione diversa da quella che si può apprendere nelle accademie e facoltà di estetica delle università. Anche il percorso di formazione degli artisti non basta ad  accreditali sul piano professionale, tale prerogativa finisce per essere di esclusiva competenza del mercato.il-manifesto-1-5-21-il-perturbante-disagio-nella-civilta-s-thanopulos-e-a-luchetti

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La promanazione del sensibile.  0

L’arte vera è, per così dire, una sorta di promanazione del sensibile tesa a stimolare le potenzialità umane. In qualche caso può arrotondare gli spigoli del reale. La religione usò l’arte per una pedagogia religiosa.  Nicolò  Cusano utilizzò un brutto ritratto realizzato da Rogier van der Weyden:  “Immagine del tiratore multi vedente”. Come metafora  dello guardo di Dio nella vita di ciascuno di noi.

Se ho gli occhi capaci di vedere, se percepisco il mondo, è perché concentro la visione sul particolare. Questo può avvenire soprattutto nell’opera d’arte. Imparare a vedere è esercizio utile, è attraverso la visione che arricchiamo  conoscenza e sensibilità. Oggi siamo sommersi da immagini e  comunicazione verbale, è pressoché compiuto lo Stato mondiale omogeneo come aveva teorizzato Marshall MacLuhan, con i suoi fantasmi pentecostali del villaggio elettronico globale. Diventa importante utilizzare un filtro per evitare che il pattume visivo intasi la nostra mente e crei una sorta di saturazione dell’inutile.

Non solo nell’arte plastica, anche nella letteratura il gioco della conoscenza che induce alla visione può essere deviante. In questo caso agisce solo sull’immaginazione. Stalin diceva che gli scrittori sono ingegneri dell’anima. Senza indulgere a metafore esagerate, non c’è dubbio che la letteratura ebbe una parte importante nel marcare i passaggi di civiltà.  Purtroppo da oltre 50 anni anche la letteratura ha subito la stessa sorte dell’arte plastica, tracimando nel volgare  e nell’ intimistico, per non dire pornografico, questo è avvenuto anche per il massiccio afflusso femminile nel settore.

Dostoevskij aveva concepito  il personaggio dell’idiota come tentativo di rappresentare “l’essere umano perfettamente bello”, e il suo inevitabile naufragio sullo scoglio della bruttura umana. Nel suo testo polemico del 1888, “l’Anticristo”, Nietzsche ha tratto le conseguenze nel campo della psicologia della religione delineando la figura del decadente ante litteram. Rilke, nel 1937 scrisse un saggio sulla stupidità che non pare abbia contribuito a ridurre il problema.

Non c’è dubbio che, se la grande letteratura aveva lasciato un segno nella cultura dell’Occidente, tale traccia è stata in gran parte cancellata dalla marea di approssimazioni volgari del nostro tempo. La sottile psicologia di Dostoevslij in “Delitto e Castigo”, la ricostruzione della memoria in “A la recherche du temps perdu” di Marcel Proust. “Ulisse di James Joyce. “L’uomo senza qualità di Robert Musil, opere purtroppo molto citate poco lette, e ancor meno comprese.

Viviamo in  un mondo in cui abbiamo bisogno della IA per dare ordine ai nostri pensieri, mentre proseguiamo il percorso che ci allontana sempre più da tutto ciò che è natura.  per newwletter

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Creatività e simbolo.  0

Rousseau è stato tra i primi a dare alla psicologia sociale e alla diversità scientifica la connotazione di disprezzo per l’essere umano. Anche l’arte moderna sembra inconsciamente richiamarsi a forme di denigrazione, salvo quando si affida a  un tempo onirico della ragione in cui il possibile assorbe in se il reale.

Se cercassimo nei nostri tempi formulazioni di percorsi verso forme simboliche nel campo dell’arte, ci troveremmo  di fronte all’arte fantastica dell’immagine , in cui i simboli psichici del profondo hanno preso la forma di formulazione visive. Un esempio sono le rappresentazioni di alberi di Renè Magritte, soprattutto nell’opera dal titolo “La reconnaissance infinie”. Del 1994. Una tempera di piccole dimensioni mostra un albero a forma di cuore. Il quadro può essere letto come un trattato ermetico sulla trasposizione fantastica di una realtà separata che richiama l’albero della vita.

Gaston Bachelard con la sua fenomenologia dell’immaginazione  ci ha offerto una chiave di interpretazione sul percorso del surreale simbolico. La mano sognante che traccia il segno. Sembra che l’inconscio riconosca quale simbolo la duplicità dell’esistenza inconsapevole e tuttavia tesa alla ricerca della solidità di un pensiero che sia base di positività.

L’opera d’arte compiuta perpetua il ricordo della gratificazione e ha valore nella misura in cui contrappone il proprio ordine a quello della realtà, un ordine in cui è possibile intravedere ciò che può essere fatto per continuare a dare senso all’esistenza senza bisogno di sconvolgere lo spirito e i sensi, secondo definizione della vocazione poetica data da Rimbaud

E’ un luogo comune lo stereotipo dell’artista eccentrico ed eccessivo. L’arte necessità di intelligenza presente a se stessa. La tradizione latina usa l’espressione “trascendere” che ha fatto la storia del pensiero di cui l’arte è l’espressione visiva. Prima di trascendere è necessario scendere, approfondire, un minimo della conoscenza di ciò che s’intende superare  attraverso una parafrasi creativa, in caso contrario tutto si riduce a un brancolare in un vuoto privo di significato.

 

 

Renè Magritte, La reconnaissance infinie, tempera, 1994Magritte 3 500

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La sostituzione del reale.  0

Weber sembra essere stato tra coloro che hanno proceduto al congedo dalla società. Oggi  l’abbandono avviene  con l’immersione nello spazio tecnologico. L’arte accompagna questo distacco cancellando gradatamente l’umano dalle sue rappresentazioni.

Mentre il papa urlante di Francis Bacon implica ancora un tentativo di esplorazione, gli autoritratti di Andy Warhol raggiungono lo stato dell’altruismo nella vendita di se stesso. Le due opere hanno ancora un posto,sia pure a margine , dell’arte espressiva, poiché sia la lacerazione che la pietrificazione del volto contengono ancora il principio dell’espressione. Un richiamo, forse inconscio, sicuramente disperato di resistenza al nichilismo che pervade la società fatta di volti inespressivi e anonimi, ma curatissimi, deformati dal successo, sorrisi statici, volti il cui riferimento non sono più altri esseri umani, bensì monitor, videocamere, mercati, giurie di valutazione.

I nuovi procedimenti dell’estetica facciale nelle arti plastiche sono simili ai cartelloni pubblicitari, non parlano al singolo, hanno come riferimento la massa, richiamo a follower, un mondo surreale in cui la menzogna dell’immagine e della parola, sono  abituale merce di lucroso scambio, la realtà è mercato, in un confuso scambio d’identità messe in vendita. C’è il rischio che tutto ciò apra la strada alla pazzia.

Anche se, a  questo sadismo spirituale, ben si adatta il montage Untitled #314C di Cindy Sherman dove il volto si dissolve in un paesaggio rugoso costituito da elementi della trama,malvagi e incontrollabili, con una bocca le cui labbra mostrano una apertura oscena. Non è rimasto nulla di ciò che Benjamin ha battezzato “sex appeal dell’inorganico”. La carne divenuta copia sintetica di se stessa. Sherman sembra accanirsi  su quelli che sono gli attributi del potere sessuale femminile il sedere, i seni, la vulva, deforma, dilata, in un parto di adulto, esprime orrore della procreazione.

Nel libro “Sotto Il segno di Saturno”, Susan Sontag cita Artaud secondo il quale , il pazzo ha una doppia identità, vittima e portatore di saggezza. Infatti la pazzia accompagna molti artisti e filosofi costretti a fare i conti con gnosi e sensibilità. Come nelle opere citate, la sfida al reale può diventare  un fardello troppo pesante, com’è stato  per Hòlderlin, Nerval, Nietzsche, van Gogh e  altri creatori di mondi,approdati  una farneticazione liberatoria.   Lacrime 500

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L’arte impotente.  0

 

Può scaturire la creatività da una umana incompletezza? La nostalgia per un mondo aristotelico  trovava il suo obiettivo nella parola Cosmo, degenerato nella globalizzazione sempre più avviata verso una ginecocrazia che domina masse infantili di paranoici tecnologici, persone che tendono a perdere la forza di mantenere il controllo del loro spazio psichico riducendosi a individui isolati.

Ci troviamo di fronte al paradosso che il progredire della conoscenza ci mette di fronte alla nostra impotenza. Nell’infanzia  della civiltà era possibile coltivare l’illusione che la scienza avrebbe migliorato gli esseri umani e reso possibile un futuro luminoso, anche selezionando i migliori, cosa oggi non più pensabile, in ragione di  un ipocrita formalismo democratico.

Secondo la tradizione Platone avrebbe affisso all’ingresso della Accademia un cartello nel quale si chiedeva di astenersi dall’entrare chiunque non fosse esperto di geometria. Tale disciplina è stata fatta propria dall’arte moderna, diventata gioco, tautologia, ed ha finito per ridimensionare l’illusione della spazialità e dell’arte. L’elegia dell’arte astratta fatta da Kandinsky e dal filosofo hegeliano Kòjève suo nipote, è stata presto sommersa da una folla di epigoni privi di estro.

La filosofia scinde la società tra quelli che ricordano e quelli che non ricordano. La cultura è memoria e consapevolezza, con effetti non sempre positivi. Secondo Peter Sloterdijk, ricerca e presa di coscienza hanno trasformato l’essere umano in un idiota del Cosmo. Un idiota ansioso che faceva esclamare a Pascal: “ L’eterno silenzio degli spazi mi spaventa”.

Friedrich Nietzsche, ideatore di verità con le quali è difficile vivere, ma che l’onestà intellettuale ha difficoltà a ignorare, ho sostenuto che gli interpreti moderni di questo mondo hanno stabilito che vivere significa pagare il prezzo devastante della inadeguatezza umana. E’ perciò un bene che l’esistenzialismo abbia rivelato ciò che è essenziale per tentare di rompere il sigillo che la banalità pone all’intelligenza creativa. Quello che i filosofi contemporanei hanno chiamato oblio dell’essere, appare più che altro ostinata ignoranza, incapacità di superare la barriera dell’apparente.

L’arte non può nulla contro questa situazione. In ogni caso gli artisti, ormai massa, hanno rinunciato, non sono più in grado di dare forma al grido di disperazione che sale da masse spensieratamente ignare.

 

Edvard Munch “Ansietà” 1894munch-sera-nel-corso-carl-johan 500

 

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L’arcana conoscenza delle religioni antiche.  0

Il linguaggio dell’arte precede la scrittura e trae origine da un sistema di segni che rappresentavano eventi, sentimenti, cose. Quando Champollion riuscì a decifrare la pietra di Rosetta, scoprì che i geroglifici erano una scrittura che aveva radici ermetiche. L’interpretazione della scrittura geroglifica ha dominato la cultura dell’Occidente da Platone fino a Champollion il quale riuscì a dare significato ai simboli e allegorie di una forma di scrittura che può anche esprimere concetti astratti. La scrittura degli Egizi infatti non esprime concetti mediante sillabe aggiunte una all’altra , ma mediante il significato degli oggetti che sono stati copiati  e mediante il loro significato figurativo che, per pratica, si è impresso nella memoria. Per esempio, gli Egizi tracciano il segno del falco, per loro significa tutto ciò che accade rapidamente dato che questo animale è la più rapida delle creature alate, il concetto dipinto è quindi trasferito, mediante appropriata metafora, a tutte le cose rapide a tutto ciò che ha proprietà di essere rapido. Il coccodrillo è simbolo di ciò che è male. Per significare il mondo viene rappresentato un serpente ravvolto su se stesso che si morde la coda. Indicano l’anno con il Sole e la Luna che misurano il tempo. Il mese viene rappresentato con ramo. Il fato con una stella, il leone per rappresentare il coraggio, Ibis per indicare il cuore, la fenice per indicare la vicissitudine delle cose. Essi avevano cura di non mostrare le teorie dei sapienti a uomini che giudicavano indegni, sottraevano agli ingegni volgari la comprensione delle cose perché non potessero farne cattivo uso, mentre i saggi potevano comunicare senza bisogno di parole – sine loquela – ma solo attraverso i simboli. Non c’è dubbio che tracciare simboli richiedeva un certa abilità manuale molto affine all’arte, tanto è vero che gli scrivani Egizi erano spesso gli stessi artisti a cui veniva affidata la creazione di sculture di carattere religioso e funerario. Appare evidente il paradossale accostamento, in tema di rappresentazione di segni e figure, tra due universi distanti. La Chiesa Cattolica, avendo rinunciato alla iconoclastia, ha reso possibile la pittura del Rinascimento italiano. Tuttavia  la pittura, come tutta l’arte oggettivata, si presta al possesso del singolo, apre la strada al mercato che finisce per svilire l’arte, non solo perché la rende oggetto tra gli oggetti, ma anche perché finisce per affidare al gusto della massa l’evoluzione, o involuzione, della produzione artistica. Esattamente ciò che è avvenuto. La scrittura e l’arte egiziana ha permesso che arrivassero fino a noi le  tracce e i simboli della più antica a importante civiltà africana. Mescolandosi all’idea di una filosofia scritta  dagli antichi Egiziani sugli obelischi, di una riposta e segreta sapienza sacerdotale  velata dalle immagini e comprensibile solo agli iniziati, connettendosi ai temi dell’ermetismo, del neoplatonismo, dell’allegorismo, della letteratura emblematica, alla interpretazione dei geroglifici  attraverso gli scritti di Plotino, Orapollo, Marciano Capella, Marsilio Ficino, Francesco Colonna, Pierio Valeriano, Andrea Alciati fino a Athanasius Kircher, questa cultura esoterica, incomprensibile ai non preparati, arriva quasi inalterata fino al XVII secolo. Il riscontro nel mondo dell’arte di questa profonda cultura si riflette nella iconologia così ben indagata da Erwin Panofsky.

Pittura egizia- 500

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Il gesto creativo.  0

A tutti i livelli di civiltà, fin dai tempi più remoti, una delle preoccupazioni fondamentali dell’uomo è stata la ricerca delle proprie origini. Questa inclinazione a ritrovare il riflesso di se stessi nelle profondità del passato è stata solo in parte soddisfatta. Anche oggi, in gran numero di persone, non sapendo dove sono diretti, nutrono lo stesso desiderio dei loro antenati di sapere da dove provengono; bastano tuttavia brevi riferimenti al passato delle grandi scimmie perché in genere siano tranquillizzati. Questo bisogno di scendere alle radici è così forte che non può essere determinato solo dalla curiosità. La preistoria è considerata da molti studiosi quasi un fatto personale; essa è forse la disciplina che conta il maggior numero di dilettanti, quella che ognuno crede di poter praticare senza una conoscenza specifica, in questo simile all’arte, campo nel quale si è scritto il maggior numero di sciocchezze. E’ stato invece trascurato, specie negli ultimi cinquant’anni, un aspetto importante, l’orientamento degli artisti a presentare manufatti in cui è ridotto al minimo, quasi annullato, l’intervento manuale. E’ noto agli studiosi che il cervello dell’uomo ha potuto svilupparsi in modo tanto considerevole grazie alla conformazione della mano. Questo fatto è stato studiato da André Leroi-Gourhan che ha pubblicato nel 1964 “Le geste et la parole. Technique et Langage”. La mano degli esseri umani possiede duttilità e abilità che non è concessa a nessun altro animale. Il cervello dell’uomo concepisce un’idea che la mano traduce ed esprime creando un oggetto concreto e tangibile. L’oggetto realizzato stimola il cervello e il pensiero di chi osserva spingendolo al desiderio di comprensione. Il venir meno del rapporto creativo mano-cervello, si traduce in sorta di menomazione, la riduzione dell’arte a puro atto mentale. Una sorta di parodia della concettualità  propria della filosofia. Non basta sostenere, come  alcuni neo-conformisti, che l’opera d’arte è ormai disgiunta dal valore estetico, non si tratta infatti di valore estetico, anche se questo è un punto in cui prevale il procedimento  apodìttico. Si tratta semplicemente del fatto che in tal modo l’arte è privata di uno dei suoi aspetti più caratterizzanti: l’intervento manuale. Anche nelle opere riprodotte  procedimento seriale, all’origine vi è intervento manuale, la riproduzione è la ripetizione meccanica di un tracciato in precedenza realizzato dalla mano, a meno che si tratti di fotografie. Nei ready made, e nelle mastodontiche opere prodotte in stabilimenti industriali non vi è traccia d’interveto manuale, ed è scarsissima la traccia originale dell’idea dalla quale l’opera nasce. La ricerca del nostro passato sarebbe impresa impossibile se i nostri antenati avessero semplicemente utilizzato le forme rozze di uso quotidiano a livello artistico. Gli artisti dell’antica Grecia, com’è noto, erano considerati nulla più che artigiani, eppure hanno  creato sculture di sublime livello, spesso in assoluto anonimato, le loro opere sono l’orgoglio della nostra civiltà e tutt’oggi le ammiriamo. Lo stesso sistema era in vigore nel Medio-Evo., nelle gilde costituite da artisti che hanno costruito, anche in quel caso per lo più in anonimato, i monumenti che costituiscono vanto della cultura dell’occidente. Vale la pena  notare che, nella misura in cui l’artista ha assunto rilievo, la sua firma è diventata più importante dell’opera stessa, l’arte è andata  declassandosi a merce ordinaria.

siamo nelle mani del destino.

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La filosofia del passato adattata al presente.  0

Le citazioni producono un effetto di straniamento, quasi una sorta di sottile frazionamento. E’ questa la ragione per cui Benjamin sosteneva che le citazioni sono come banditi da strada che sbucano e portavano via all’argomentante le sue buone ragioni. Ovviamente il paradosso di Benjamin non è sempre valido, se anche  fosse vero, l’espropriazione avrebbe comunque un effetto positivo, nel senso che indurrebbe l’espropriato a rimodellare pensieri e argomentazioni. Tuttavia non c’è dubbio che spesso si vogliono sostenere le ragioni del presente citando filosofi del passato. Le teorie elaborate secoli prima possono forse conservare una loro validità se argomentano su questioni attinenti alla natura umana, che, purtroppo, non è molto cambiata, tanto meno migliorata nel corso del tempo. Altra cosa se l’argomento riguarda questioni attinenti a una società radicalmente mutata. Esempio emblematico,la tolleranza. All’epoca dell’assolutismo monarchico e religioso, aveva buone motivazioni. Oggi in cosa consiste la tolleranza? Tolleranza verso chi coscientemente viola leggi e norme sociali che hanno lo scopo di difendere i più deboli, tirata in ballo per giustificare abiezioni di ogni genere, incoraggiamento a comportamenti disdicevoli.

L’apodittica affermazione: tutte le idee hanno diritto di essere espresse, va precisata. Espresse o applicate? Certe forme di tolleranza rivolte noi stessi, sono un colpo di maglio non alla verità, ma alla ragione. Si esclude a priori la necessità di sottoporre le idee al vaglio della razionalità. Deleterio rinunciare a priori al tentativo di arrivare attraverso la logica a raggiungere il punto più vicino alla verità, ciò è impossibile se si esclude a priori esista qualcosa che possa definirsi “verità”. Questo atteggiamento ispirato al cinismo,contrariamente a quanti sostengono, non a favore della convivenza, al contrario, è fonte di prevaricazioni e soprusi. La negazione logica, il ricorso al surreale può valere come espediente letterario, in opere di Jonesco e Beckett. La ragione è stata definita la più umana delle virtù, è senz’altro imperfetta, tuttavia,  usata con umiltà, resta l’unico strumento che abbiamo per orientare la nostra esistenza. Diceva Diderot “ chiedere di rinunciare alla ragione è come chiedere a chi trovandosi di notte in una foresta con un torcia accesa, venisse invitato a gettarla via per il fatto che non consente di vedere tutto e di vedere lontano”.  A proposito di tolleranza, diceva Chamfort: “dobbiamo essere giusti, prima che generosi”.  Per Montagne:“ Noi siamo, non so come, doppi a noi stessi,cosicché non crediamo in ciò che crediamo, e non riusciamo a disfarci di ciò che condanniamo”. L’epistemologia, cioè l’insieme delle nostre conoscenze, a partire da Cartesio e Locke, è stato gradatamente disgiunto da riferimenti logici diventando  sinonimo d’incertezza. L’informazione, l’abilità, l’apprendimento, finiscono per appiattirsi in una narrazione eristica a sfondo solipsistico ludico adottando acriticamente  la tesi di Hume secondo il quale “ la ragione è serva delle passioni”.

Dunque, conoscenza ed etica, ridotte a opinione, o peggio alla concretezza funzionale. In questo modo il materialismo ateo, che si finge compassionevole,porta al vicolo cieco del qualunquismo.  Il percorso verso la conoscenza dovrebbe tener conto del detto kantiano secondo cui non si può mettere in dubbio ciò che non si conosce. Vi è un mondo dei clown, soprattutto di matrice americana, di cui fa parte la “politically correct”, che rende incerto chi giudica chi, questo ci porta  alla “democrazia GALUP”, anche in Italia. Scriveva Kafka all’amico Brod: seguendo gli Usa, sembriamo essere diventati Hardy & Laurel, ma abbiamo cessato da un pezzo di ridere.artists Botero 500

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E’ illusione la creatività del dolore.  0

All’inizio del secolo scorso, di fronte allo sviluppo industriale e al dilatarsi delle metropoli, l’artista si trovò inglobato nella cultura di massa che condizionò anche il suo percorso esistenziale avviandolo a a un impegno politico. A poco servì “farsi diverso”, attuare scelte devianti e  il ricorso all’ “art pour l’art”. Tutti atteggiamenti che, per altro, non sempre trovano riscontro nelle opere.

La pretesa di dare significato simbolico alla propria devianza è un espediente che non ebbe successo visto che l’arte fini per essere sommersa dal conformismo che sopraggiungerà nell’arco di pochi anni.

Quando Arthur Rimbaud fa appello alla “sregolatezza di tutti i sensi”, non fa altro che anticipare quello che accadrà tra breve nel mondo dell’arte, dello spettacolo e finanche nella letteratura. Bataille esalta gli stati nevrotici e il dolore. Questa concezione, per cui il dolore è essenziale per perpetuare la vita, e la tesi che al piacere segue sempre un dolore, era già stata fatta oggetto di riflessione da Kant, ma in nessun caso il dolore risulta fonte d’ispirazione, nemmeno Sade riesce a trarre poesia dalla malvagità che resta prerogativa dei malati.

Nietzsche formula il suo contradditorio:

“Non appena gli esseri umani cercano di annullarsi nei sensi, non trovano altro che la follia, rinunciano a se stessi nella presunzione di essere liberi”.

Non pare che gli insuperabili maestri dell’arte greca avessero bisogno di particolari abbruttimenti del corpo ed esibizionismi esistenziali, per ottenere risultati dalla loro arte. Plinio scrive di Apelle:  “Dipinse persino cose che non è possibile dipingere, tuoni,lampi, fulmini dei quali alla vista pareva di sentire il rumore”.

Nella nostra società decadente, il gusto dominante sceglie il suo ideale dalla pubblicità, dall’estetica d’uso. Così il detto socratico secondo cui il bello è l’utile,si è, alla fine, ironicamente realizzato.

L’artista, come tutti gli esseri umani, deve fare i conti con la precarietà dell’esistenza e spesso, per debolezza o eccesso di sensibilità, soccombe. L’immagine romantica del “genio e sregolatezza” è uno stereotipo nel quale la sregolatezza prevale sicuramente sul genio.

La dualità degli istinti di vita e morte corrisponde esattamente alla posizione di Freud il quale affronta il tema in “Al di là del principio di piacere” e in “Il disagio della civiltà”. Egli ha una idea, per così dire ottimistica dell’arte, ritiene infatti che l’arte fornisca soddisfacimenti sostitutivi  alle rinunce imposte dalla civiltà. L’arte inoltre, secondo Freud, promuove sentimenti di identificazione, con il rischio però di soddisfacimento narcisistico.

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Arte come relazione simbolica con la realtà.  0

L’arida saggezza per cui non c’è nulla di nuovo sotto il sole, perché tutte le carte dell’assurdo gioco sono state giocate, tutti i grandi pensieri sono stati pensati, le scoperte possibili si possono costruire a priori, e gli uomini sono condannati all’autoconservazione per adattamento. Quest’arida saggezza non fa che riprodurre la fantasia  pret a porter e la ripristina continuamente per contrappasso.

Ciò che già era ciò che potrebbe essere viene programmato, livellato dal sistema globale del quale stampa e tv sono gli strumenti. Tale sistema erige eristicamente i confini dell’esperienza possibile,  il prezzo dell’identità, la qualità della tua esistenza, tutto deve essere identico a se stesso.

 

L’Illuminismo, la prima filosofia moderna della dissoluzione, aveva adottato l’efficace slogan: legalità, fraternità, uguaglianza. A distanza di 234 anni ci ritroviamo la fame e super lusso, a dissolvere la vecchia uguaglianza è subentrato il mito della libertà. La mia vita è laida miserevole vuota, ma sono libero di annientarmi nel vizio e abbruttire la mia umana natura.

 

Ciò che Kierkegaard loda nella sua etica protestante che appare già  leggenda, è uno degli archetipi del potere e precede l’incommensurabile teorica delle possibilità umane.

 

La tecnologia formidabile strumento di manipolazione, è una beffa rivolta a quella società che dichiara di voler fare dell’individuo un individuo, la macchina mutila gli uomini, anche se li sostenta.

 

La tecnologia mette a disposizione gli strumenti del comunicare dei quali però i padroni conservano le chiavi. Chiunque comunichi ciò che non linea con il pensiero globale,viene, ipso fatto, cancellato. La sua liberta è posta in stand-by.

Dall’antica barbarie al trionfo dell’uguaglianza repressiva il dispiegarsi dell’uguaglianza giuridica, l’ingiustizia tramite uguali, il mito di cartapesta scritto nella carte dei diritti dell’uomo, ogni giorno violati da coloro che li hanno redatti. Gli Stati occidentali attuano rappresaglie terribili ogni volta che i popoli oppressi osano una rivolta. Questo gioco crudele, rivela come  la libertà non è che un fragile birillo esposto alle cannonate del conformismo più laido.

 

In che modo l’artista fa sentire la propria voce? Viene meno quella che voleva essere la preistoria favolosa  della relazione simbolica tra realtà ed evento, il rito quotidiano trasformato in una ulteriore e meno triste possibilità. L’artista è ridotto a crocevia di reazioni e comportamenti convenzionali, finte provocazioni,estemporaneità eccentrica, è tutto ciò che  ci si attende da lui. Egli è sempre esposto al rischio di barattare  la libertà vera, con il successo.

La cultura e il progresso si sono accordati da tempo contro la verità e hanno lasciato libero campo alla menzogna. La stessa esistenza della verità è negata da intellettuali da filosofi talmente avvolti nel loro asservimento da definire il servilismo: libertà.

 

E’ la continuità di una situazione culturale che precede l’illuminismo, e che l’illuminismo non ha scalfito, se mai giustificato. ”Filosofia nel boudoir” , fa apparire infantili le pruderie delle sfumature. Donatien-Alphonse–Francois Marchese de Sade rappresenta il soggetto borghese liberato dal controllo della ragione,  la cui definjzione era già presente negli scritti di Machiavelli e Hobbes.Nuova versione

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