Il problema della critica e filosofia dell’arte è innanzi tutto il linguaggio, dovremmo chiederci preliminarmente a quali principi epistemologici si ispirano le singole filosofie dell’arte, se è attuata la distinzione tra logico e psicologico, l’oggettivo e il soggettivo. E’ necessario valutare accuratamente il significato delle parole e la loro coerenza con il contesto enunciato. E’ fondamentale aver sempre presente la distinzione tra concetto e oggetto. Non si raggiunge validità ermeneutica se si sovrappone psicologia all’inferire logico. La storia dell’arte ha una precisa funzione di ricostruire un percorso storico, con marginali incisi ermeneutici. Critica e filosofia dell’arte invece impostano le loro tesi su una sorta di autorefenzialità con la pretesa di descrivere non solo le opere, ma addirittura la struttura psicologica e motivazionale degli artisti. Evidentemente viene dato per scontato che le opere siano incomprensibili, quindi necessitino di un “manuale” con le istruzioni. Ne deriva l’implicita tesi che il linguaggio dell’arte non goda di autonomia espressiva. Chimica, ingegneria, medicina, letteratura, teatro, non sembrano necessitare di un supporto filosofico per la loro comprensione, solo l’arte sembra godere di questo privilegio. Perché indulgere in una pluralità di teorie ermeneutiche? Perché quando analizziamo le possibilità di comprensione di un’opera d’arte ci inoltriamo in una serie di richiami filosofici, non di rado incongruenti, quasi fossimo di fronte a un oggetto misterioso la cui comprensione è possibile a più livelli? Nell’elaborazione testuale perdiamo di vista l’essenziale: che cosa è? Che cosa significa? Vi è una netta distinzione tra l’analisi psicologica e l’ermeneutica dell’oggetto, anche se spesso vengono sovrapposti. Il risultato è confusione semantica, e la non coerenza dei fini, nel senso che non vi è interpretazione, ma attribuzione di significato, che a tutti gli effetti appare arbitrario. Come possiamo condurre un discorso nella logica dell’interpretazione e contemporaneamente attribuirci facoltà di dare significato all’opera? Se vogliamo arrivare a stabilire il senso dell’opera, dobbiamo rinunciare ai paludamenti verbali, arrivare alla sostanzialità semantica. La grammatica delle definizioni deve purgarsi dalle colorazioni emotive e soggettive, queste, se mai ,restano prerogative degli artisti. Va da se che, essendo l’opera d’arte sottratta alle regole logiche, diventa arduo definire errori e distorsioni. E’ in questo vallo epistemologico si incuneano le fantasiose divagazioni ermeneutiche. E’ necessario distinguere tra ragionamento effettivo e corretto dall’espressione del pensiero corrente, perché in tal caso, anche tesi infondate acquistano una parvenza di plausibilità. Le generalizzazioni sono frequentemente adottate proprio dagli ermeneuti che nutrono pretese innovative.
Considerazioni sull'arte