È noto il detto: la matematica non è un’opinione. Ebbene, Hegel, nella fenomenologia dello spirito, afferma: la filosofia deve disprezzare la matematica.
Ovviamente l’affermazione va meditata e collocata nel contesto logico che la motiva. Anche la logica è stata messa in discussione. Interessante il libro pubblicato da Nikolaj Aleksandrovi Vasil’ev “ Logica immaginaria” , nel quale sviluppa interessanti teorie sulle modalità dei giudizi logici.
Non c’è dubbio che la logica, per così dire, riordina i pensieri, non li crea. Abitualmente la logica è associata all’idea di aridità di un pensiero razionale. Questo offre pretesto agli artisti per rifiutarla in quanto sarebbe contro la creatività.
Non si insisterà mai abbastanza sul fatto che “realtà” e “verità” sono concetti creati dall’uomo, affidati a convenzioni. Possono quindi non solo essere sottoposti a critica, ma secondo l’evoluzione del pensiero e delle consuetudini, possono essere considerati concettualmente obsoleti.
I filosofi spesso fanno ricorso a metafore incomprensibili. Hegel, in “Fenomenologia dello spirito” usa la metafora dell’osso per definire i limiti di un pensiero che si arena nella materia.
Molto più rozzamente Danto definisce pattume la metafisica, anche se non rinuncia ai sofismi intorno a cui si radicano le argomentazione della sua filosofia.
Resta vero che la coscienza critica è forse l’unica fonte di creatività, essa è alla radice della filosofia e di ogni impresa intellettuale che abbia un significato.
Infatti il fallimento delle avanguardie è stato provocato da una finzione critica, che si è tradotta nella semplice sostituzione di procedure, e nella abolizione dei principi che ispiravano la epistemologia dell’arte, sostituendoli con un approccio parascientifico e adozione di procedimenti tecnologici. Questo ha comportato lo snaturamento della ontologia dell’arte. .
La provocazione come metodo ha portato a confondere creatività con impulso. Parafrasando la nota affermazione di Einstein secondo il quale il risultato della scienza è frutto di 95% di lavoro 5% di genio. Trasferire il concetto nel campo dell’arte ci aiuta a chiarire la ragione per la quale molta arte contemporanea è ciarpame.
Supporre che l’artista, o sedicente tale, abbia il dono della creatività che si manifesta per impulsi, significa inoltrarci in un deserto di senso nel quale, non è neppure chiaro chi possa essere considerato artista.
I pregiudizi sulla creatività e talune forme d’arte sono ormai evidenti a tutti. Se si mantiene lo status quo è perché interessi concreti tengono in piedi la finzione che mette la sordina alla coscienza critica.
Immagine: Renè Magritte. L’uomo con la bombetta, 1964