Oggi anche la fotografia è svilita dal consumo. Folle con il telefono ritraggono ogni cosa, soprattutto se stessi.
La storia della fotografia è la narrazione di un possibile, di ciò che le immagini potrebbero narrare se guidate da una mentalità che non sia solo riproduttiva.
In Europa la fotografia è stata in buona parte guidata dal concetti del pittoresco, per esempio il povero, lo straniero. il vecchio; dall’importante, per esempio il ricco il famoso e del bello.
Le fotografie tendevano alla esaltazione o alla neutralità.
Gli americani, meno convinti della permanenza di una qualsiasi organizzazione sociale, ed esperti della realtà e dell’inevitabilità del cambiamento, hanno fatto più spesso della fotografia partigiana.
Hanno fatto fotografie non solo per mostrare ciò che bisognerebbe ammirare, ma per far conoscere ciò che occorrerebbe affrontare, deplorare, correggere.
La fotografia americana comporta una connessione più sommaria e meno stabile con la storia; è un rapporto insieme più ottimistico è più predatorio, con la realtà geografica del sociale.
L’aspetto ottimistico è esemplificato dal frequente uso che si fa della fotografia in America per destare le coscienze.
All’inizio del secolo scorso Lewis Hine venne nominato fotografo ufficiale del National Child Labor Committee, le sue fotografie dei bambini che lavoravano nei cotonifici nei campi di barbabietole e nelle miniere di carbone influirono sulla decisione dei legislatori di proibire il lavoro infantile.
Durante il New Deal, il progetto FSA di Stryker ,che era allievo di Hine, fece arrivare a Washington informazioni sugli operai stagionali e sul mezzadri,aiutando i burocrati a trovare il modo di aiutarli.
Ma anche al massimo del suo moralismo,la fotografia documentaria era, in un certo senso autoritaria, perché la fotografia ferma l’attimo del quale non fornisce giustificazione.
La fotografia è un media bizzarro. Scrive Roland Barthes in “La camera chiara” . Essa stabilisce una speciale corrente determina attrazione, ricorda avventure, porta alla memoria ricordi famigliari, amori dei quali il cuore non conserva traccia.
Quando nel 1978 pubblicai “ La gabbia sui Pirenei” , teoria sull’uso dell’immagine fotografica nell’arte, molti espressero la loro perplessità. Oggi la fotografia e gli effetti speciali dominano incontrastati la produzione artistica. Come sempre accade, con il successo subentra una sorta di decadenza, si trascurano i dettagli, il senso del racconto. Come un brutto romanzo anche la narrazione per immagini diventa banale.
La fotografia, come le parole, si presta all’inganno, ma è molto più efficace perché l’eloquenza della immagini è più incisiva, meno contestabile.
Com’era inevitabile la fotografia è anche il media per eccellenza degli eccessi, Herman Nitsch la usa per le immagini kitsch, di vagine sanguinanti e quarti di bue appesi a ganci, Cindy Sherman mostra vagina dilatate. Il brutale e il fittizio s’incrociano in racconti confusi dove spesso emerge la parte oscura dell’artista che tenta di nascondersi dietro alla realtà.