Quando apparve sulla terra, circa 500mila anni fa, l’essere umano era l’animale più indifeso, non aveva la velocità del ghepardo per fuggire alle insidie, non aveva gli artigli e la forza del leone per difendersi e cacciare, non possedeva la prerogativa dell’aquila di sollevarsi al di sopra dei pericoli, avrebbe dovuto soccombere, invece conquistò il mondo e piegò la natura ai propri bisogni utilizzando intelligenza e immaginazione.
Con l’intelligenza creò condizioni e strumenti utili alla propria esistenza, la possibilità di difendersi, e costruì il proprio habitat
Con l’immaginazione creò Dio e l’arte. Aprì uno spiraglio di speranza, per giustificare la propria esistenza con un fine superiore, andare oltre i limiti dell’essere animale, imparare a controllare i propri impulsi con la volontà che Schopenhauer pone alla base della natura vegetale e umana. Questo proposito non ebbe esito.
Fin da subito l’essere umano rinuncio alla verità perchè in conflitto che ciò che egli è. Con la filosofia elaborò una serie di teorie funzionali che non approdarono a nulla. La verità restò allo stadio di ipotesi, non riuscì mai a superare le contraddizioni e i limiti che consistono in ciò che di negativo è nella natura umana.
In “L’origine dell’opera d’arte” Martin Heidegger pone una domanda “Che cos’è la verità? La risposta che egli formula, non è convincente, si perde nella astratto. Egli afferma: l’arte è il mettersi in mostra della verità.
Pascal Engel e Richard Rorty, sulle orme di Pilato, scrissero un libro che titolarono: “A cosa serve la verità?” Domanda pertinente in una società nella quale tutto è funzionale a uno scopo pratico.
In realtà, nella impossibilità, o incapacità, di modificare la nostra natura, abbiamo elaborato complesse teorie per giustificarla, arrivando a una tale esasperato antropocentrismo da immaginare Dio a nostra immagine e somiglianza,senza prima aver mai chiarito il mistero della possibile esistenza di un essere supremo, forma pura di perfezione ed intelligenza. .
I graffiti nelle grotte di Altamira, Lascaux, Chauvet, sono la testimonianza che l’essere umano fin dai primordi è alla ricerca del modo di rappresentare il suo mondo reale e immaginato.
Le pitture rupestri sono immaginazione, evocazione, racconto, magia. Con la modernità l’evoluzione dell’arte sembra avere voluto prendere le distanze dalla natura. In un percorso in cui abbiamo , per così dire, alienato noi stessi. .
L’arte finisce per alimentare il nostro antropocentrismo, ci perdiamo nella esaltazione di noi stessi e tutto ciò che gravita intorno a noi. Una tautologia concettuale, imitazione, ripetizione.
Kandinsky scrive cose bellissime sulla propria arte astratta, la giustifica sostenendo che è pura creazione perché, egli sostiene, non esiste nulla di simile in natura. La tesi, apodittica, trova smentita nelle infinite forme che la natura conferisce alle proprie creazioni, che noi solo in parte conosciamo. Tutto ciò che la natura crea ha una ragione d’essere, non è così per le nostre realizzazioni.
La civiltà, nelle forme in cui è andata configurandosi, ha portato alla pauperizzazione dell’essere umano. Nonostante molte importanti conquiste, abbiamo fallito la sfida più importante: creare un essere umano migliore.
Immagine: Le parole insincere sfioriscono, non arrivano al cuore.