Dobbiamo rassegnarci ed accettare che il predominio del mercato imponga la propria idea di arte? Dobbiamo prendere atto che il mercato è supportato proprio da quei movimenti che si dicono libertari, rumorosi e prevaricanti agglomerati sociali che strumentalizzano il genere, le tendenze sessuali, l’ideologia. L’arte parla attraverso le proprie opere, se l’opera ricalca il pensiero unico si traduce in tautologia.
Nell’opera d’arte è messa in opera la verità dell’Ente. L’arte è il mettere in mostra la verità. Questa la lettura dell’arte, forse troppo positiva, è di Heidegger.
In realtà alla domanda : cos’è l’arte? non è stata data risposta. Questa mancanza costringe, chi scrive sull’arte, a girare in tondo, ribadire concetti dati per scontanti, che in realtà sono ripieghi lessicali.
Intanto le opere se ne stanno collocate e appese nelle collezioni e nelle mostre, oggetti inseriti in nel meccanismo dell’industria dell’arte.
Platone sosteneva che l’opere d’arte è una doppia imitazione. Copia l’idea e copia la realtà che l’idea esprime. Intenditori e critici s’impegnano per dare un significato a manufatti artistici con i loro approssimativi significati. Pistoletto, a esempio,ha presentato in varie sedi il simbolo dell’infinito, adottando l’espediente di cambiarne la denominazione.
La critica ha rinunciato da tempo ai concetto di verità. Senza dubbio l’arte non costituisce più il modo supremo in cui la verità giunge ad esistere. E’ cessata la diade concettuale materia-forma. Un opera poggia anche sul plesso morfo- iletico che ricorre solo nei vecchi vocabolari, lo stanziarsi, il radicamento comunemente impiegato nello spazio mentale in cui l’artista dovrebbe muoversi ha perso la distinzione fra materia e sagoma, che costituiva lo schema concettuale per ogni teoria dell’arte,
Il tentativo di fermare, porre in chiaro, il principio di coscienza creativa alla base di ogni estetica, è annegato nel mare del ludico contemporaneo, tanto che il filosofo americano Danto arriva a definire ciarpame, tesi, antitesi, sintesi indicate nella dialettica di Kant, che non sono altro che un richiamo a Platone, ripresi dall’idealismo tedesco a margine della critica dell’arte.
Sono archiviati i contenuti di espressi da allegoria e simbolo, da sempre fondamentali per il linguaggio artistico. Siamo giunti al punto che la realtà di un opera d’arte, priva di metafora e di simbolismo, ha la stessa chiarezza, la stessa insignificanza, di un cartello stradale.
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