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Tra immaginazione e memoria  0

Raffaello Sanzio da Urbino  in una lettera  a Baldassare Castiglione  scrive:…”io mi servo di certa idea  che mi viene in mente. Se questa ha in sé alcuna eccellenza d’arte , io non so:  ben mi affatico ad averla”. Con Raffaello si viene delineando  un’idea  che il Rinascimento aveva coltivato, e poi finito  per dirottare  nella ricerca di immagini umanistiche  della prospettiva ideale. Nella “Scuola di Atene” ,  Raffaello raffigura Aristotele  che con la mano destra indica la Terra , in contrapposizione a Platone che indica il cielo, e nella mano sinistra tiene un volume sul cui dorso spicca la scritta “ETICA”.  Era questa la cultura degli artisti del Rinascimento che hanno creato la prospettiva, la quale non era solo una escogitazione geometrica, ma il senso stesso che orientava la pittura nella ricerca di regole espressive che sono alla base dei  capolavori che conosciamo. La bellezza emblematica , sostenuta da una forte convinzione tra arte, letteratura e filosofia., Ut pictura poêsis che culminerà nel Seicento, ancora su quell’esempio con Pussin. “Universalia sunt ante rem”.  Nel 1506 Zorzi di Castelfranco Veneto, detto il Giorgione dipinse “ I Tre filosofi” , presumibile un richiamo alla tre filosofie teorizzate da Aristotele, anche se l’arcano non è ancora stato risolto dagli studiosi dell’arte.  Il tema è affrontato  da Gombrich commentando il perfetto simbolismo contenuto nelle opere degli artisti rinascimentali. Anche Wimckelmann nel 1775 affronta l’argomento nei “Pensieri sull’imitazione dell’arte nella pittura e nella scultura”. Va da se che affrontare questi temi  relativi all’arte quando  costituiva la fusione tra cultura, immaginazione e memoria,  paragonare questo vertice di  sensibilità artistica a uno dei tanti imbrattatele come  il  tedesco, Gerhard Richter, il quale, sull’onda del suo successo commerciale, pretende di confrontarsi  con Tiziano Vecellio, è qualcosa che intristisce. Soprattutto è difficilmente comprensibile  come la cultura artistica italiana abbia abbandonato la propria storia per celebrare in modo acritico una certa idea di contemporaneità.

 

Opera di Salvatore Garau “Rosso rotto”, 2018

 

 

 

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