La pubblicità redazionale deve essere semplice e incisiva. Forse per questo Maurizio Ferraris non divaga con citazioni ai molti colleghi che hanno affrontato il tema della percezione. Così invece di richiamarsi al filosofo Joseph Campbell, preferisce richiamarsi alla zuppa Campbell. La pericolosità sociale dei filosofi deriva dalla loro capacità dialettica ed un abile uso del linguaggio. Verrebbe quasi da dire: per fortuna i lettori sono sempre meno numerosi. Credo che appartenga ai filosofi il primato quantitativo dei “tuttologi”. Ferraris infatti è docente di filosofia teoretica , ma i suoi interventi sono spesso di segno opposto a quella che è la definizione di “filosofia teoretica”. Non è la prima volta che mi tocca leggere teorizzazioni piuttosto strapalate del nostro, ma fino ad ora non aveva raggiunto il vertice dell’articolo pubblicato su Domenica, inserto culturale del Sole24Ore. Il titolo dell’articolo è di quelli che fino a pochi anni fa avrebbe fatto sobbalzare: “La grande bellezza delle scatole Brillo Box”. L’oggetto non la questione ontologica, qunati piuttosto il contenuto culturale della comunicazione. E’ vero che oOggi non ci si stupisce più di nulla, quindi anche dell’accostamento dell’opera di Warhol al famoso film sulle bellezze di Roma non sorprende più di tanto. Neppure sorprende che Ferraris definisca “filosofo autorevole” Arthur Danto, forse un favore tra colleghi. Sicuramente non può non destare preoccupazione che simili docenti insegnino nelle nostre Università ed usino il loro sapere per esaltare un fortunato grafico statunitense prestato all’arte con enorme successo commerciale grazie al supporto della critica che, come non mi stanco di sottolineare, è sempre più spesso megafono del mercato. Nel 2007 l’Università di Torino ha conferito a Danto la laurea Honoris causa. Un fatto che richiederebbe seria riflessione. Scrive il nostro docente: “ …E se le dimensioni della Brillo Box e della Zuppa di pomodoro Campbell’s appaiono troppo modeste , si provvede, per l’appunto a magnificarle, ossia, dicevo, a farle diventare più grandi, affinchè chi guarda possa capire quanto contano, e a capire lo splendore del mondo che rappresentano”. Se scrivere simili scempiaggini fosse un paziente di Foucault non desterebbe sorpresa, ma se è un docente universitario, allora ogni preoccupazione è legittima. Certo Ferraris si trova in una folta compagnia di aedi di Warhol, Achille Bonito Oliva arrivò a paragonare Warhol a Leonardo da Vinci. Sarebbe interessante esaminare le ragioni del successo di Warhol che gli ha permesso di contribuire, insieme a molti altri, a rendere l’arte quel guazzabuglio di oggetti insignificanti che oggi è. Vale la pena di notare che i ritratti serigrafici di Warhol sono tutti di personaggi famosi del mondo USA, con spiccata preferenza per il mondo newyorchese e gay, a cui si aggiunge la sua esaltazione del consumismo che Ferraris esalta in modo smodato. Esaltarlo come fa Ferraris lascia esterrefatti. Di fronte a tali manifestazioni di imbecillità accademica non resta certo molta speranza in un futuro migliore.
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