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Il senso dell’arte  0

Il senso dell’arte.

Il dibattersi per la sopravvivenza dell’arte forse avviene nelle forma sbagliata. Non basta dotare di motore una carrozza per trasformarla in automobile. Mancano tutte le componenti tecniche  che gli consentono di viaggiare. Vi sono aspetti del mondo dell’arte, o del sistema dell’arte, come si dice oggi, che non vengono indagati, forse per eccesso di autoreferenzialità, o forse perché nella frammentazione culturale, caratteristica del nostro tempo, l’arte interessa solo il mercato. La conferma viene dall’importanza data all’arte da giornali finanziari, e dall’abbinamento arte moda, non solo sotto l’aspetto operativo, ma finanziario. Siamo alla regressione utilitaristica che prevede forme più evolute di sopravvivenza. Se l’istinto significa effettivamente l’incontenibile  animalità dell’essere umano, non è detto che la ragione riesca a dominarlo, nell’arte come in ogni altra attività umana. Il simbolismo del pensiero trova  nella percezione visiva quella che Husserl definisce “rapporto di fondazione” . A poco serve utilizzare il linguaggio, che Lacan chiama “lo strumento della menzogna”  per cercare di ricreare una parvenza di verità.  L’appercezione  è un dato dell’intuizione che si richiama al concetto dell’oggetto. Per questo è definita oggettività e si distingue in modo netto dalla soggettività. Se  è la soggettività a prevalere, come avviene in moltissime opere d’arte contemporanea, l’ermeneutica dell’oggetto diventa impossibile,  in quanto manca la possibilità di decifrazione, vale a dire il collegamento di una certa parola ad una certa cosa.  Di qui la progressiva deriva verso forme espressive di materialistica banalità. Ma non vi è solo questo aspetto in cui, sotto traccia, agisce l’influsso antropologico che determina  aspetti concreti dell’ operatività dell’artista. Partendo dalla nota affermazione “ nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu”   . Appare evidente che molte opere d’arte della cosiddetta avanguardia  non consentono una percezione sensibile. Se investighiamo  il rapporto della conoscenza  che precede il giudizio, o semplicemente la fruizione,  ci rendiamo conto che l’intelletto non ha una traccia da seguire e di conseguenza, accettazione o  rifiuto, sono scelte irrazionali, conseguenza dell’indottrinamento ovvero delle consuetudini. Di fatto è difficile provare un’emozione, o una qualunque sensazione osservando un cumulo di carbone, una putrella di ferro,  un qualunque comune oggetto elevato ad opera d’arte. Dovremmo dunque trarre la conclusione che l’opera “d’arte”  va  vista come un riferimento metaforico, soggiace  cioè a una forzatura ermeneutica  della quale è necessario accettare tout court le premesse.  Se investigo più profondamente il rapporto tra sensazione e conoscenza  scopro che dal cumulo di carbone e dalla putrella,  non ricavo, oggettivamente, nè conoscenza nè sensazioni.  Se anche mi affido all’immaginazione produttiva, il mio giudizio non cambia. L’unità sintetica della coscienza è dunque una condizione oggettiva di ogni conoscenza , della quale non soltanto io stesso ho bisogno per conoscere un oggetto, ma alla quale deve sottostare  ogni intuizione stimolata dalla forma che deve possedere contenuto gnoseologico percepibile la cui intrinseca capacità di comunicazione è una delle prerogative dell’opera d’arte.

Piergiorgio firinu venezia-2015-Kunellis-9

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