Post by Category : Conversazioni sull’Arte

Poesia e malinconia dell’arte greca.  0

Keats si rivolgeva all’arte greca ed esprimeva in una struggente poesia la malinconia che in lui provocava il contrasto tra l‘immutabile regno dell’arte e il fatale svanire della vita umana. Dell’arte contemporanea molta critica vanta la provvisorietà, quasi fosse una dote. In realtà le mastodontiche strutture prodotte con sistemi industriale che molti artisti, specie americani, presentano come arte, non sono tanto effimere quanto insignificanti. Platone, è noto, esprimeva ammirazione per gl’immobili schemi dell’arte egizia. In una opera scritta in tarda età, Le Leggi, egli biasimava l’eccessiva libertà che veniva lasciata agl’artisti greci. Lo stile concettuale dell’Egitto aveva         un’impronta concreta sottolineata da Platone nel celebre passo della Repubblica. Egli sosteneva  che la rappresentazione dell’arte  è infida e incompleta; si appella alla parte inferiore dell’anima, alla nostra immaginazione, piuttosto che alla ragione e deve perciò essere bandita come agente corruttore. La polemica contro gl’inganni della pittura non varrebbe come critica all’arte moderna. Il compiacimento dell’artista che crea il trompe-l’oeil, ha lasciato il posto al nichilismo. Non sfugge neppure la figura umana. L’empietà verso la figura umana nel rappresentarla nel suo estremo degrado, promuove, attira, lascia intendere che l’artista nel rappresentarla muova una implicita critica. In realtà egli è perfettamente in accordo, partecipa, alimenta, fruisce del degrado che lo dispensa anche dalla necessità della ricerca di quel varco nel nulla contemporaneo che dovrebbe essere scopo di ogni arte. La mancanza di freni nell’espressione artistica non è che la manifestazione di un pericolo. Lo sfregio dura più a lungo nell’immagine che nella carne. Disintegrare un viso sulla carta, la tela, la pellicola, la scena è sempre l’espressione di una non piccola sconfitta.

 

Arte greca. Altare di Pergamo. 637X 376 –  80 a.C.

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Il sesso, l’arte, la morte.  0

Afrodite nacque da un gesto violento, quando Urano, per vendicare la madre Terra castrò Crono e gettò i suoi testicoli in mare, dal sangue e la  spuma bianca nacque la dea.

Cupido,le cui frecce colpiscono il cuore, è  il più antico degli dei e quindi di tutte le cose, ad eccezione di Caos.

Artaud considera l’erotismo cosa minacciosa e demoniaca. In Art et la Mort descrive “questa preoccupazione  del sesso che mi pietrifica e mi squarcia il sangue”.

Il surrealismo aveva descritto con un certo ordine le repulsioni molto superficiali. Come disse Marcel Duchamp nel 1966, in contraddizione con Artaud: “ Il surrealismo rappresenta una politica spirituale della gioia.

Anche Nietzsche aveva una visione negativa della sessualità. Egli scrisse ai suoi amici, subito prima del suo collasso mentale a Torino nel 1889, alcuni messaggi gnostici sulla trascendenza spirituale che l’arte consente mentre la sessualità aliena.

E’ convinzione di molti  che l’artista, per dar forma alle proprie intuizione, abbia bisogno di solitudine, non essere legato a nessun rapporto stabile. Benjamin aveva una pessima opinione del matrimonio. La esprime nel saggio su “Le affinità elettive” di Goethe. I suoi eroi sono Kirkegaard, Baudelaire, Proust, Kaffa, Kraus, artisti che non si sono mai sposati. Egli, in una lettera a Scholem, definì il suo matrimonio: un atto che mi fu fatale.

L’arte è per Francesco Bacone, “ L’uomo aggiunto alla natura” , una simbiosi spirituale che trasforma la materia in pensiero creativo che può essere reso sterile dalla sessualità.

L’aver affermato l’eterogeneità tra natura e arte ha condotto la filosofia a concepire l’arte come una mera aggiunta alla realtà naturale, nella quale inevitabilmente le pulsioni del corpo finiscono per avere il soppravvento. La conferma viene dal massiccio afflusso femminile nella produzione artistica. Le femministe, in particolare americane, usano l’arte come una sorta di ariete per demolire la struttura spirituale del pensiero creativo, sostituendola alla esibizione delle forme più laide di esibizionismo fisico.

Oggi si sa molto bene, alla luce della teoria freudiana, discernere dietro qualsiasi pratica sociale, etica, politica , la “sublimazione”, la razionalizzazione secondaria di processi pulsionali. E’ diventato un clichè culturale descrivere in termini di rimozione e di determinazione fantasmatica, non più influenzata dalla presenza del padre, ma dominata dalla madre, come è chiarito da Jean Baudrillard nel libro “ Lo scambio simbolico e la morte”.

L’avvento massiccio della presenza femminile, nel mondo dell’arte, evidenzia la esautorazione del padre. Salvo errore, non esiste una sola opera d’arte realizzata da artista  donna che abbia per oggetto il maschio.  L’arte femminista si ferma alla provocazione. Per altro appare chiaro che, la dicotomica alla teorizzazione dell’autonomia sessuale femminile, accompagna un disagio psichico in non pochi casi con esiti fatali.

IlTrionfodellamorte 500

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L’arte contemporanea è orfana della Bellezza.  0

Winckelmann, il cui influsso fu determinante per la estetica e la filosofia della storia della sua epoca, usa i due concetti, simbolo e metafora come sinonimi, e così fa tutta la letteratura estetica del XVIII secolo. I significati delle due parole hanno infatti una origine di comune; entrambe indicano qualcosa il cui senso non risiede nell’ apparenza immediata, sia l’aspetto visibile o la lettera del discorso, ma in una significazione che va al di là di essa. Ciò che hanno in comune è dunque il fatto che una certa cosa sta per qualcos’altro. Tale connessione di significati, mediante la quale ciò che non è sensibile diventa percettibile con i sensi, ha luogo nel campo della poesia e dell’arte figurativa.

Solo un’indagine accurata potrebbe stabilire più precisamente in che misura l’uso antico dei termini simbolo è allegoria abbia aperto la via alla contrapposizione che per noi è diventata familiare.  Possiamo indicare solo alcune linee fondamentali. Ovviamente i due concetti non hanno all’inizio nulla a che fare l’uno con l’altro. L’allegoria appartiene originariamente alla sfera del dire del logo ed è quindi una figura retorica o ermeneutica. Al posto di ciò che realmente si intende, si dice qualcos’altro, di più facilmente comprensibile, ma in modo che questo faccia intendere quell’altro.

Il simbolo invece, non è limitato alla sfera del logos, giacché  il simbolo non è in rapporto con un altro significato mediante il proprio significato, ma il suo stesso essere sensibile ha significato. Nel suo essere presentato è qualcosa di cui si riconosce qualcos’altro più facilmente comprensibile.

Nel secolo XVIII quando si parla di allegoria si pensa sempre anzitutto le arti figurative.

La posizione positiva di Winckelmann nei confronti della allegoria non corrisponde affatto ai gusti dell’epoca e contrasta con le opinioni dei teorici contemporanei.

Il moderno concetto di simbolo non si può comprendere prescindendo dalla funzione gnostica. Il termine simbolo può passare dall’uso originario in cui sta a indicare il documento, il segno di riconoscimento, al concetto filosofico in cui diventa qualcosa di misterioso, la cui decifrazione è riservata agli iniziati. Il simbolo indica  un’esistenza in cui in qualche modo viene riconosciuta l’idea.

La liberazione della poesia dall’allegoria come la propugna Lessing, significa anzitutto la sua liberazione dalla sottomissione al modello delle arti figurative.

Winckelmann sembra soggetto all’influsso  di Wolff e Baumgarten, quando scrive che il pennello del pittore deve essere intinto nell’intelletto. Egli non respinge l’allegoria in generale quindi non si rifà l’antichità classica per svalutare in confronto ad essa le allegorie moderne.

Schiller , nel fondare l’idea di un’educazione estetica dell’umanità sull’analogia di bellezza e moralità formulata da Kant, si ricollega a indicazioni esplicite kantiane nella quali è posto l’accento sul fatto che il simbolo è l’idea stessa che si da esistenza.

Adattare alla contemporaneità le teorie classiche che hanno tentato di dare all’arte un contenuto gnoseologico e di arricchimento della sensibilità umana appare oggi impresa tanto ardua quanto inutile

G.A.Sartorio-

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Il problema del verosimile.  0

Con una intenzione di cui percepisce la temerarietà, Platone, nel Timeo si propone di offrire racconti verosimili. Tuttavia gli manca la possibilità di effettuare la prova che trasformerebbe le sue congetture in realtà. L’arte è questo tentativo, un sistema d’immagini per raffigurare  ciò che non è intellegibile, al quale non si addice la dialettica. Il principio che domina la cosmologia del Timeo e del libro decimo delle Leggi: è la convinzione del filosofo che il mondo sia una meravigliosa opera d’arte.

Il problema che nasce con le avanguardie è: come può essere considerata un’opera d’arte quando l’artista rinuncia alla identità estetica che costituiva l’essenzialità dell’arte? A questo punto si entra nell’ambito delle teorizzazioni e delle ipotesi.

Il campo della argomentazione diventa il verosimile, il probabile, che sfugge alle certezze, soprattutto quando per dare significato all’opera ci si affida a interpretazioni di introspezione psicologica.

Ora, l’idea nettamente enunciata da Descartes nella prima parte del Discorso sul metodo, era di considerare quasi falso tutto ciò che fosse considerato solo verosimile. Per Descartes l’evidenza è il marchio della ragione.

Ovviamente le tesi di un filosofo, seppur insigne come l’autore del Discorso sul metodo, non costituisce una certezza assoluta, infatti le contestazioni alla sue tesi sono state molteplici e si sono susseguite nel secoli. Tuttavia contestazioni e teorie contrapposte non hanno risolto il problema del vero e del verosimile che restano affidati all’opinione. Anche perché,parafrasando La Bruyère, si potrebbe dire che la critica d’arte ha come mira costante l’inganno. Non si spiegherebbe altrimenti la ragione per cui, da quasi un secolo, si continua a dare risalto a un arte che ha come unico fine la provocazione, nonostante che dopo di barattoli di merda di Manzoni, il livello massimo della provocazione sia stato superato da un pezzo, dominano estemporaneità  ed emotività, di fatto, un vuoto pneumatico di pensiero, galleggiamento mondano nel quale vive il mondo dell’arte oggi.      le forme del possibile

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La forma cosciente.  0

Quanto della critica e filosofia dell’arte resterebbe se adottassimo con diligenza il rasoio di Occam? I complessi articolati teoremi di Hegel aiutano davvero a comprendere l’arte?

Vi è un paradosso costante, da un lato si esalta l’arte come la migliore più incisiva forma di comunicazione umana, lo si fa all’interno di testi che si attardano in complesse ermeneutiche volte a dare significato, chiarire senso e ragione delle opere prese in esame.

Un altro aspetto quanto meno discutibile è considerare l’opera frutto della intuizione dell’artista. Cosa significa intuizione? L’impulso che spinge l’artista a realizzare l’opera? Dunque l’opera nasce dall’incoscienza dell’artista, dietro alla quale si suppone vi sia una sedimentazione culturale a lungo meditata. Osservando la maggior parte delle opere prodotte nell’ultimo secolo, forse parlare di cultura è fuori luogo.

Questo punto non è mai stato esaminato e chiarito a sufficienza. Quando Heidegger in “Origine dell’opera d’arte” tenta una sua versione  del tema che corrisponde al titolo, finisce per parlare d’altro scandendo in tautologie. Come quando afferma: “L’artista è origine dell’opera. L’opera è l’origine dell’artista”. In realtà l’artista non è un automa, isolato, facitore d’arte. L’artista è un corpo, con sensazioni, intelligenza, impulsi, un grumo di sensibilità ed esperienza. Ed esattamente questo il nocciolo della questione. La sensibilità ha una valenza positiva ed una negativa. Positiva perché consente all’artista di captare l’accadere nella fenomenologia sociale. Negativa perché lo rende vulnerabile alle influenze negative di una esperienza quando  non è filtrata da cultura e volontà. Infatti la rappresentazione che l’artista offre è frutto di sapere e volontà, questo è sempre stato vero, lo è molto più oggi che l’artista si ritiene libero di usare strumenti ed affrontare temi che un tempo sarebbero stati improponibili. Il prezzo della libertà che l’artista si attribuisce, non può ridursi a gesti estemporanei, provocazioni che ormai sono prassi, ma richiede maggiore preparazione e consapevolezza che viene, o dovrebbe essere espressa nel contenuto dell’opera.

Quando tutto si riduce ad estemporaneità e provocazione, diventa velleitarismo adatto a un mercato di squillionari amanti del ktsch     ìsalvador dalì 500

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Sensibilità e significato  0

Senza dubbio l’arte costituisce la più acclarata dimostrazione di enfasi antropologica che pare essere cresciuta in modo inversamente proporzionale al valore delle opere prodotte nell’ultimo secolo.

La critica e filosofica dell’arte abitualmente non esercitano la loro funzione, cioè vera critica, piuttosto attuano una sorta di celebrazione dell’opera e dell’astista. Inoltre l’ermeneutica è quasi sempre portata avanti in modo generico. Difficile negare che,accanto a opere significative, molte di più possono essere definite quanto meno deludenti. Supporre che tutta l’arte abbia un valido significato culturale che permane con il passare dei secoli, è un azzardo.

La Filosofia antica tratta con ampiezza la questione del soggettivistico fenomenico, che, sebbene anacronistico, è parte della tradizione antica pervasa da relativismo oggettivistico e realistico. Com’è noto Platone considerava negativamente l’arte ritenendola frutto di doppia illusione.

Socrate insegnava ai suoi allievi il metodo per inventare le idee, ma le idee, non avevano necessariamente un fine pratico. Una delle interpretazioni della teoria di Protagora che si fonda su un’altra tesi che gli viene attribuita; il divenire è universale e incessante, nulla esiste o è una data cosa in maniera permanente.

Dunque qual’è la permanenza del significato etimologico dell’arte? L’ermeneutica procede dall’oggetto, dalle qualità sensibili, ma spesso trascura il significato.

Teoricamente vi è la possibilità di una doppia fruizione, emotiva, quando ci si affida all’organo del senso, in questo caso produce  la sensazione, oppure,in alternativa, vi è la fruizione razionale. tesa a identificare il significato nell’opera.

Non esiste altro che il rapporto determinato dalla relazione oggetto-pensiero, oggetto-sensazione.  Non sembra esserci altra tesi alla base dell’interpretazione che Platone attribuisce vagamente a Protagora, anche se non vi è certezza possa essergli storicamente attribuita.

Per Platone non esisterebbe un nesso analitico tra  fenomeno, arte, essere. Solo la produzione di un illusorio valore della rappresentazione formale, ciò che noi definiamo genericamente arte.

Il sofista Gorcia, trascinato da una incontenibile vena polemica, sviluppa una filosofia che appare più che altro sotto forma di speculazione, per lui, maestro di retorica, l’intento è dare una prova del suo virtuosismo dialettico, ovvero la capacità di creare significato attraverso la parola. Potremmo definirlo un precursore della filosofia dell’arte. Il suo virtuosismo gli conferisce grande capacità di elaborazione, non sempre corretta e coerente con la base di quanto effettivamente può essere l’essenza dell’opera d’arte.

Nell’ultimo secolo, critica e filosofia dell’arte hanno creato situazioni e significati immaginifici, difficilmente ravvisabili negli oggetti osservati. Su questo aspetto non si riflette mai a sufficienza.

L’arte è semplicemente un tentativo di dare forma al pensiero, come afferma Hegel, ma, a differenza del mobile pensiero, l’opera d’arte plastica, nella sua staticità, non sempre conserva significato e valore.

Dare forma alla storia del pensiero attraverso l’immagine, è prerogativa dei grandi artisti il cui segno resta una traccia del passato che la nostra sensibilità ancora recepisce.Turner 500

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Sensibilità e significato.  0

È mia opinione che l’arte, per più ragioni, costituisca la più acclarata dimostrazione di enfasi antropologica che pare essere cresciuta in modo inversamente proporzionale al valore delle opere prodotte nell’ultimo secolo.

La critica e filosofica dell’arte non esercitano mai una vera critica, ma piuttosto una sorta di celebrazione dell’opera e dell’astista, oltre a ciò l’ermeneutica è quasi sempre portata avanti in modo generico.  In più occasioni mi sono soffermato su questo aspetto. Accanto a opere veramente significative, molte di più possono essere definite quanto meno deludenti. Supporre che tutta l’arte possa avere significato culturale che resta con il passare dei secoli, è un azzardo.

La Filosofia antica tratta con ampiezza del relativismo soggettivistico e fenomenico, che, sebbene anacronistico, è parte della tradizione antica pervasa da relativismo oggettivistico e realistico. Com’è noto Platone considerava negativamente l’arte e  la considerava frutto di doppia illusione.

Socrate insegnava ai suoi allievi il metodo per inventare le idee, ma le idee, non avevano necessariamente un fine pratico. Una delle interpretazioni della teoria di Protagora che si fonda su un’altra tesi che gli viene attribuita; il divenire è universale e incessante nulla esiste o è una data cosa in maniera permanente.

Dunque qual è la permanenza del significato etimologico dell’arte? L’ermeneutica procede dall’oggetto, dalle qualità sensibili, ma spesso trascura il significato.

Teoricamente vi è la possibilità di una doppia fruizione, emotiva che si affida all’organo del senso che produce  la sensazione. Fruizione razionale tesa a identificare il significato nell’opera.

Non esiste che il rapporto determinato dalla relazione oggetto-pensiero, oggetto-sensazione.  Non sembra esserci altra tesi alla base dell’interpretazione che Platone attribuisce vagamente a Protagora, anche se non vi è certezza possa essergli storicamente attribuita.

Per Platone non esisterebbe un nesso analitico tra  fenomeno, arte, e essere, Solo la produzione di un illusorio valore della rappresentazione formale, ciò che noi definiamo genericamente arte.

Il sofista Gorcia, trascinato da una incontenibile vena polemica, svolge la sua filosofia dell’arte che appare più che altro sotto forma di speculazione, per lui, maestro di retorica, l’intento è dare una prova del suo virtuosismo dialettico, ovvero la capacità di creare significato attraverso la parola. Potremmo definirlo un precursore della filosofia dell’arte. Il suo virtuosismo gli conferisce grande capacità di elaborazione, non sempre corretta, e coerente con la base di quanto effettivamente può essere l’essenza dell’opera d’arte.

Nell’ultimo secolo critica e filosofia dell’arte hanno creato situazioni e significati immaginifici, difficilmente ravvisabili nell’oggetto osservato. Questo è un aspetto sul quale non si riflette mai abbastanza.

L’arte è semplicemente un tentativo di dare forma al pensiero, come afferma Hegel, ma, a differenza del mobile pensiero, l’opera

d’arte, nella sua staticità, non sempre conserva significato e valore.

Dare forma alla storia del pensiero attraverso l’immagine. è prerogativa dei grandi artisti il cui segno resta una traccia del passato che la nostra sensibilità ancora recepisce.Battaglia di Isso

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Arte e verità.  0

Vi è un rapporto tra arte e verità? Nel caso, come si articola questo particolare rapporto? La filosofia contemporanea ha molto contribuito a confondere e ridimensionare il concetto di verità. A partire dal “Il pensiero debole” di Gianni Vattimo pubblicato nel 1988. Al pragmatismo deviante di matrice statunitense dei filosofi dell’arte che ricorrono a forzature ontologiche che sembrano cancellare millenni di filosofia riflettente. Nel 2005 due filosofi americani, Pascal Engel e Richard Rorty pubblicarono: “A cosa serve la verità?” In pratica misero in discussione lo stesso valore della verità.

Gli artisti dal canto loro hanno, da almeno un secolo, iniziato un lungo percorso verso il nulla ontologico.

Heidegger sostiene tre tesi che caratterizzano la concezione tradizionale dell’essenza della verità e l’opinione circa la sua prima definizione: 1) Il luogo della verità è l’enunciato (il giudizio). 2) L’essenza della verità sta nella concordanza del giudizio con l’oggetto. 3) Aristotele, il padre della logica, ha da un lato attribuito la verità al giudizio , come suo luogo d’origine, e dall’altro ha varato la definizione della verità come concordanza. Se la verità consiste nella adeguazione di una conoscenza al suo oggetto, tale oggetto deve per ciò stesso essere distinto dagli altri; una conoscenza è falsa se non si adegua all’oggetto a cui è riferita, benché contenga qualcosa che potrebbe  a ragione valere per altri oggetti. Nella introduzione alla “Dialettica trascendentale”, Kant dice:” Verità e parvenza non sono nell’oggetto in quanto intuito, ma nel giudizio su di esso in quanto pensato”

Cosa significa: concordanza? La concordanza di qualcosa con qualcosa ha carattere di relazione di qualcosa con qualcosa. Ogni concordanza quindi è anche la verità, è una relazione. Ma non ogni relazione è concordanza. Un’opera d’arte che riproduce un paesaggio o una persona, ha necessariamente relazione con il paesaggio o alla persona che, comunque immaginati, hanno tratti di riferimento certi. Viso, alberi, prati, case, che sono riprodotti ma non hanno contenuto di verità, sono prodotti dell’immaginazione.

Picasso in una intervista del 1923 definì l’arte:” Una bella menzogna in grado di portarci alla verità”. Una opinione tra le molte facili definizioni che finiscono in stereotipi ripetuti all’infinito.   A parte i truismi di Picasso, il sopravalutato divo dell’arte del secolo scorso, Horkheimer e Adorno in “Dialettica dell’illuminismo” affrontano con ben altri strumenti il problema dell’arte considerata nell’ottica del nostro tempo che arriva a considerare la verità una forma di superstizione, Concetto che gran parte del mondo dell’arte accetta, aprendo così la via alle brutture che sono seguite.   APE simbolismo nell'arte

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La parola e la forma.  0

Il  linguaggio e la logica non creano il significato. Il linguaggio descrive il significato di ciò a cui si riferisce. La logica ha la sola funzione di ordinare parole e significati. Usare il linguaggio in modo errato significa presupporre un significato che non esiste. Questo uso decettivo del linguaggio è il fondamento di ciò che definiamo menzogna.

Nel linguaggio dell’arte il tema è più articolato. Le singole opere possono realizzare la  rappresentazione banale della realtà, street art, e opere di Jeff Koons, addirittura opere senza significato. Ecco allora che si rende necessario l’intervento del critico o del  filosofo, i quali spesso  non illustrano il significato dell’opera, lo creano.

Il  critico e il  filosofo fanno quindi ricorso alla menzogna. E’ possibile vi possa essere buona fede, ma in questo caso buonafede e ignoranza coincidono. L’articolazione tecnicamente colta della narrazione può assumere l’apparenza di verità, tale narrazione crea la suggestione a chi leggerà il loro testo. L’uso di concetti non provati che per generazioni hanno usurpato la dignità dell’arte creando finzioni ermeneutiche prive di senso.

All’angoscia  di una società liquida, priva di futuro, gli artisti rispondono realizzando nani da giardino ed esibizioni del corpo nei suoi aspetti più laidi e sgradevoli. Oppure l’arte ridotta a livello della pubblicità e del consumo di massa, aspetti di cui copia le modalità.

Giuseppina Giordano presenta la sue opere in mostra sugli scaffali di supermarket. Damien Hirst espone la prima versione di Pharmacy alla Galleria Cohen di New York. Arte che fa il verso alle compulsioni da  consumo.

Forse Pitagora, considerato il creatore della parola “filosofia” avrebbe disapprovato i procedimenti  con i quali molti filosofi giustificano certe espressioni artistiche,non avrebbe considerato i loro testi filosofia, ma elucubrazioni nelle quali  filosofi, specie di matrice statunitense,esibiscono una pseudo cultura ad esclusivo beneficio del  mercato.

Per Senofonte stabilire un ordine di valori, non basta l’esperienza sensibile, tanto meno l’accettazione sociale, ma è necessaria una riflessione morale già altamente critica.

L’aspetto che  riguarda l’arte astratta,in questo caso l’opera non esprime alcun significato, la fruizione dell’opera è affidata all’emozione del colore steso sulla tela, la questione è relativa alla lettura emotiva dell’opera,tema di attualità sul quale ,è stato scritto molto.

Non c’è dubbio che le avanguardie hanno fruito in modo notevole del supporto della critica e filosofia che con i loro scritti hanno contribuito ad alimentare  eccessi che, a partire dall’inizio del secolo scorso, hanno inquinato il mondo dell’arte. Senza il supporto della letteratura critica e filosofica sicuramente taluni fenomeni artistici non avrebbero mai avuta l’eco che hanno avuta nella società di massa disposta ad accettare tutto ciò che provoca e diverte, senza remore di carattere culturale.farmacia di copia

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Le stagioni del nostro scontento-  0

Dove maggiori sono l’inquietudine e il dubbio nella nostra cultura e nella nostra società; e quando anche i programmi di una cultura e di una società nuove sembrano inadeguati; allora incontriamo  le parole che indicano il nodo non sciolto, il viluppo inestricabile. Queste parole sono: diffidenza, anormalità, emarginazione, esclusione. L’enfatica invocazione all’uguaglianza degli uomini resta ipocrita e contraddittoria perché si fonda su una presunta regola e norma che ignora ordine e valori superiori all’esperienza sensibile che ha il corpo come riferimento primario, Ciò conduce all’ anarchia sociale nella quale l’etica è soppressa.

Per Cudworth il sentimento etico è innato ,egli sostiene che agiamo  in modo sbagliato quando  non ascoltiamo la coscienza. L’esperienza ci dice che, purtroppo,  la coscienza non è sempre attiva nel far sentire le proprie indicazioni.

E’ lo scoglio che ogni illuminismo incontra sulla sua strada. Intorno a esso molto si è discusso e si continua a discutere, ma sempre, rifacendoci a principi di carattere generale, insomma cercando di dialetizzare, superare, dissolvere, i problemi che non sappiamo risolvere, includiamo nel discorso il tema “differenza” solo come pretesto di decettive manipolazione della realtà.

Il pensiero critico di Adorno e Horheimer ha affrontato la questione della libertà sociale,  tralasciando la libertà individuale. Lo snodo sta nella prassi che porta a disattendere, anzi a negare la validità delle regole, senza le quali  non può esistere una società che possa dirsi civile e giusta. E’ difficile  conciliare soggettività che la rimozione delle regole incrementa. Il mito della libertà si scontra con la realtà di esistenze difficili e una sempre più problematica realtà sociale.

I giovani tentano di far sentire la loro voce ipotizzando una migliore e più libera società. La loro presa di posizione suscita molti interrogativi, anche perché contrasta con i loro comportamenti e la mancanza d’impegno.

D’altra parte il livello dell’insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle università è carente. Vi è un eccessivo lassismo pedagogico che finisce per penalizzare i migliori. Docenti impreparati, orientati e condizionati dal pensiero unico secondo cui  l’etica è null’atro che retorica che appartiene al passato. Gli intellettuali si considerano progressisti mentre si richiamano a teorie sclerotizzate e non sempre comprese, ma soprattutto sono privi di dignità e valori. .

. In molti sembrano avere rinunciato alla speranza di una società migliore, non basta contestare senza preoccuparsi di acquisire la conoscenza necessaria per incidere davvero sui processi sociali.

Per questo il richiamo alla libertà ha spesso motivazioni  sbagliate,   ingannevoli specie  nei confronti dei giovani.

Nel campo dell’arte assistiamo al disastro provocato dalle avanguardie la cui “libertà creativa”  si è rivelata un fallimento totale, e ha portato al dominio  del mercato e il cattivo  gusto.

Caravaggio 500

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