Vediamo ciò che pensiamo attraverso ciò che conosciamo. Lo sguardo come interrogazione, come un passo verso la conoscenza. La costituzione fondamentale della visione si manifesta in una particolare tendenza al “vedere”. Di una persona particolarmente acuta si dice che “sa vedere le cose”. Definiamo la propensione a vedere con il termine: curiosità. E’ la curiosità il principale stimolo alla conoscenza. Noi interpretiamo il fenomeno della curiosità come un fondamento ontologico- esistenziale.
Già nella antichità e nella filosofia greca fu studiata la base del piacere di vedere. Il libro che occupa il primo posto nella raccolta dei trattati aristotelici di ontologia inizia con il fermare l’attenzione sulla visione. Lo sguardo, il vedere, osservare, stimola la riflessione ed è alla origine della scienza come lo è dell’arte. Non è pensabile un pittore privo di vista.
L’interpretazione greca della genesi esistenziale della scienza non è casuale. In essa si fa esplicito ciò che era già delineato nella filosofia di Parmenide. L’essere è ciò che si manifesta alla visione intuitiva pura.
Hans Belting affronta il tema della storia visiva mettendo a confronto diversi aspetti della visione. Nel “I Canoni dello sguardo” (Bollati Boringhieri 2010) usa l’emblema della finestra per sottolineare come mentre nella civiltà occidentale la visione è fondata sul primato dell’occhio e sulla sovranità del soggetto osservatore, la civiltà araba privilegia la luce ed è fedele al grafismo non iconico.
Agostino si interroga sulla concupiscenza dello sguardo, come il vedere influisca profondamente sui nostri pensieri. Oggi che viviamo nella civiltà delle immagini ci troviamo a dover affrontare le volgarità che incessantemente vengono trasmesse da cinema e tv . Tali martellanti visioni si riflettono nei gesti, linguaggio, comportamento quotidiano delle masse.
I sistemi complessi che sovraintendono la produzione di immagini hanno fagocitato anche l’arte. Gli artisti hanno adattato gli occhi sugli strumenti tecnici rinunciando alla visione immaginifica che guida la mano creatrice. Si è attuato una sorta di incapsulamento tecnologico che ci assorbe e ci distrae, soprattutto diventa un “bisogno” per riempite la mente di illusioni che non sappiamo più creare. Queste emozioni indotte ci rendono gradatamente psicolabili. Siamo abituati a vedere ovunque persone di ogni età e condizione concentrate sul proprio telefono, compulsare sulla tastiera per trasmettere il nulla. La visione del mondo si è ridotta per molti allo spazio di cm7 X11 dello schermo del telefono.