Vi è un rapporto tra arte e verità? Nel caso, come si articola questo particolare rapporto? La filosofia contemporanea ha molto contribuito a confondere e ridimensionare il concetto di verità. A partire dal “Il pensiero debole” di Gianni Vattimo pubblicato nel 1988. Al pragmatismo deviante di matrice statunitense dei filosofi dell’arte che ricorrono a forzature ontologiche che sembrano cancellare millenni di filosofia riflettente. Nel 2005 due filosofi americani, Pascal Engel e Richard Rorty pubblicarono: “A cosa serve la verità?” In pratica misero in discussione lo stesso valore della verità.
Gli artisti dal canto loro hanno, da almeno un secolo, iniziato un lungo percorso verso il nulla ontologico.
Heidegger sostiene tre tesi che caratterizzano la concezione tradizionale dell’essenza della verità e l’opinione circa la sua prima definizione: 1) Il luogo della verità è l’enunciato (il giudizio). 2) L’essenza della verità sta nella concordanza del giudizio con l’oggetto. 3) Aristotele, il padre della logica, ha da un lato attribuito la verità al giudizio , come suo luogo d’origine, e dall’altro ha varato la definizione della verità come concordanza. Se la verità consiste nella adeguazione di una conoscenza al suo oggetto, tale oggetto deve per ciò stesso essere distinto dagli altri; una conoscenza è falsa se non si adegua all’oggetto a cui è riferita, benché contenga qualcosa che potrebbe a ragione valere per altri oggetti. Nella introduzione alla “Dialettica trascendentale”, Kant dice:” Verità e parvenza non sono nell’oggetto in quanto intuito, ma nel giudizio su di esso in quanto pensato”
Cosa significa: concordanza? La concordanza di qualcosa con qualcosa ha carattere di relazione di qualcosa con qualcosa. Ogni concordanza quindi è anche la verità, è una relazione. Ma non ogni relazione è concordanza. Un’opera d’arte che riproduce un paesaggio o una persona, ha necessariamente relazione con il paesaggio o alla persona che, comunque immaginati, hanno tratti di riferimento certi. Viso, alberi, prati, case, che sono riprodotti ma non hanno contenuto di verità, sono prodotti dell’immaginazione.
Picasso in una intervista del 1923 definì l’arte:” Una bella menzogna in grado di portarci alla verità”. Una opinione tra le molte facili definizioni che finiscono in stereotipi ripetuti all’infinito. A parte i truismi di Picasso, il sopravalutato divo dell’arte del secolo scorso, Horkheimer e Adorno in “Dialettica dell’illuminismo” affrontano con ben altri strumenti il problema dell’arte considerata nell’ottica del nostro tempo che arriva a considerare la verità una forma di superstizione, Concetto che gran parte del mondo dell’arte accetta, aprendo così la via alle brutture che sono seguite.