La dimensione ontologica dell’arte è stata definita in vari modi ed esaminata nell’ambito di una conoscenza storica ed epistemologica fino all’avvento delle cosiddette avanguardie che hanno non modificato, ma eliminato ogni approccio di carattere culturale in omaggio ad aspetti di estemporaneità sociale e di mercato..
La matrice primitiva della conoscenza in cui la realtà del mondo esterno è già stata qualificata da termini di un dominio secondo una legge che regola o forma in ordine di successione che ignora la natura della visione nell’ottica della conoscenza scientifica propriamente detta. Questo approccio intuitivo viene detta : creatività.
L’artista costruisce e da la forma alla materia attraverso la sensibilità. Così facendo persegue inconsciamente un costante coefficiente di deformazione della realtà percepita soggettivamente senza preoccupazioni di un rispecchiamento che corrisponda alla natura delle cose.
Attuando questa deformazione, imposta da questo specchio imperfetto,l’immaginazione umana segue uno schema di percezione in termini di pura apparenza, restando nell’ambito della soggettività.
L’artista opera nello spazio e sulla materia utilizzando una epistemologia di tutt’altra natura di quella utilizzata dalla scienza.
Non si pone infatti il problema dello spazio nella stessa ottica posta, a esempio, dal francescano Roberto Grossatesta il quale nel suo testo “ Metafisica della luce”.aveva teorizzato un concetto di spazio il cui dettaglio concettualizzato apriva ampi spiragli di conoscenza scientifica, immaginando una estensione fittizia, priva di materia, supponendo potesse essere una fonte di energia. Tale ipotesi era stata approfondita da Hobbes, mentre Giordano Bruno avanzava un diverso schema di spazio,vuoto e infinito. Non è questa le sede per approfondire tale materia. La citazione serve a chiarire che la filosofia orienta alla conoscenza delle cose le cui proprietà possono essere acquisite a partire dalla percezione sensoriale, sottoposte ad articolazione analitica. Ecco perché Gassendi e Marsenne ipotizzarono l’impossibilità dell’uomo di comprendere la causa prima delle cose. Essi sostennero che siamo in grado di conoscere la struttura dei fenomeni, ma quasi mai la ragione per cui avvengono. Sappiamo, a esempio, che solo il 5% della materia dell’universo ci è nota, il resto è costituito da buchi neri, ma non conosciamo la ragione del loro formarsi.
L’arte non pone problemi di conoscenza, limita la propria sfera all’apparenza delle cose. Uno dei tanti truismi che costellano la storia dell’arte afferma: l’arte inizia dove la scienza si arresta. Questa affermazione conferma che l’arte rappresenta la più enfatica esaltazione antropocentrica, e porta a valorizzare oltre misura tutto quanto attiene agli esserti umani,secondo un propter quid la cui origine è la religione.
Non c’è dubbio che l’apporto gnoseologico dell’arte è modesto. Delle due forme del sapere, intuitivo e analitico, l’arte segue il primo. Forse dovremmo dire seguiva, in quanto l’arte contemporanea ha percorsi affidati alla estemporaneità mondana, realizza opere nelle quali si i limita all’apparenza senza preoccupazioni di significato.
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