Goalkeeper, 1976
Per tentare di capire la realtà contemporanea, si dovrebbe accettare l’idea che l’esperienza oggi non ha più alcun valore. Innanzi tutto per la rapidità e la frequenza dei cambiamenti, inoltre, l’avvento della tecnologia ha in larga parte eliminato l’importanza della memoria.
Basta avere capacità tecnologica per accedere all’Olimpo dei miliardari. Molti dei multimiliardari si sono arricchiti grazie a scoperte tecnologiche in giovanissima età, quando non avevano ne esperienza ne cultura.
L’affermazione di Heidegger secondo cui la tecnologia è stupida,non elimina l’influenza che
scienza e tecnologia hanno, tanto da aver modificato la natura umana molto di più della cultura cosiddetta Umanistica e la pedagogia.
Inevitabilmente anche le teorie dell’arte e sull’arte sono state radicalmente modificate, parlare oggi di critica d’arte appare una forzatura. La valutazione delle opere non ha come riferimento la qualità, ma l’impatto provocatorio, la novità, il genere.
Si assiste a una sorta di nemesi. Le avanguardie hanno sempre mostrato disprezzo per la manualità, oggi, con la tecnologia e A.I. la manualità è definitivamente archiviata. Come si distingue un ritratto perfetto realizzato dalla A.I. da un ritratto, forse meno perfetto, realizzato da un artista. Non si usi l’espediente retorico sostenendo che quello che fa la differenza è proprio la possibile imperfezione, perché volendo,anche la A.I. potrebbe fingere l’errore.
Dunque abolito il merito, memoria ed esperienza, le massi hanno trovano consolazione nel telefono mobile che usano ovunque h24.
I filosofi che hanno elaborato teorie sulla natura umana e l’intelletto non potevano prevedere il radicale risorgimento dell’antropologia culturale avvenuta a partire dalla fine del Settecento con la rivoluzione industriale e proseguita dalla rivoluzione tecnologica nell’ultimo secolo.
Coloro che oggi dovrebbero indagare i fenomeni sociali e approfondire lo studio della assiologia, preferiscono indugiare su una sorta di adiaforia mentre le masse ebre di libertà sono sempre più simili a una folla di Bouvard e Pècuchet.

Sono stati molti gli intellettuali e filosofi che hanno scritto della decadenza occidentale dall’inizio del 1900, a Friedrich Nietzsche, i cui concetti di nichilismo e volontà di potenza hanno influenzato profondamente il pensiero decadente, Sigmund Freud, che con la psicanalisi ha aperto nuove prospettive sull’inconscio e sulla crisi dell’identità moderna di cui scrtive in in “Disagio della Civiltà”. Altri pensatori chiave sono Oswald Spengler, autore de “Il tramonto dell’Occidente” , pubblicato nel 1927. Lo spagnolo José Ortega y Gasset, che analizza il “ribaltamento delle masse” nella sua opera del 1930. Carl Schmitt, il cui lavoro sull’eccezione e la figura del sovrano offre una lettura della crisi dello Stato liberale.
Quando ci si vuole riferire a una sciagura imminente che viene ignorata si cita il naufragio del Titanic, in realtà verrebbe da immaginare l’atteggiamento indifferente degli abitanti di Sodoma & Gomorra dei quali il mondo contemporaneo è lo specchio fedele, vista l’assoluta cecità di fronte a ciò che avviene in occidente da quasi un secolo.
Più di recente il filosofo francese Michel Onfray ha pubblicato “Decandenza”, sottotitolo “ Vita e morte della civiltà giudaico cristiana”, ricca silloge dei crimini, corruzione e degradazione della società occidentale contemporanea della quale, vecchi e nuovi artefici del disastro vantano i “valori”. Quando venne pubblicato il libro “Decadenza” , non si era ancora verificato quanto accade in Palestina,
Il 5 Novembre 2025 è stato eletto sindaco di New York Zohran Mamdani, islamico nato in qualunque si abbia su questa elezione non c’è dubbio che marca un ulteriore passo verso il declino dell’occidente visto che Islam e Occidente sono due civiltà con storie e tradizioni profondamente diverse. Il nuovo sindaco, evidentemente ben consapevole dello stato delle cose, si affrettato ad istituire un team di sole donne lo affiancheranno nell’opera di di rivitalizzazione della città di New York.
Angosciose immagini della contemporaneità.
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La critica, per superare la difficoltà di una comprensione reale, ricorre a spiegazioni casuali e fa ricorso a spiegazioni di carattere biografico e a supposte ragioni intenzionali che però non servono a valorizzare l’opera, solo l’autore.
La tendenza a spiegare in maniera naturalistica l’intenzionalità dell’operare quella peculiarità per la quale il vissuto dell’artista si riverberebbe nell’opera, dando ad essa un significato,in un intreccio di associazioni di sentimenti. e intuizioni.
L’’intuizione estetica che confluisce nell’intenzionalità, non ha alcun rapporto con gli aspetti ontologici, un’opera deve accogliere il valore della bellezza e in questo modo rapportarsi con l’intenzionalità creativa. Questo sentire deve essere supportato da conoscenza e sensibilità.
Secondo Shaftesbury l’’opera d’arte, In quanto cosa, è un valore morale e precisamente riguardo al fatto che essa incorpora in sé qualcosa di bello il bello stesso Tuttavia la costruzione spirituale di senso eventualmente è un puro fitum la cui esistenza in generale è non è in questione, come la bella natura è data come realtà. ma nella valutazione della bellezza questo non conta, essa non muterebbe se la conoscenza si rivelasse illusione
Mentre nella scienza il modo fenomenologico delle espressioni fisiche,dei caratteri,dei testi e così via, ha solo la funzione di indicare il senso teoretico come un altro da sé di esprimerlo simbolicamente, nell’arte i modi fenomenici della corporeità dell’opera appartengono alla forma estetica di senso. Tuttavia l’oggettualità ideale si concretizza mediante la produzione. si differenzia in quanto contenuto spirituale ideale del corpo fisico in cui si compie la realizzazione. Nel complesso contrasto tra sensibilità e ragione in cui da un lato la sensibilità,la sensazione, l’istinto dall’altro lato la ragione.
Ogni opera d’arte è autenticamente, secondo il suo senso, un valore ideale, sebbene si manifesti empiricamente e abbia per così dire il suo corpo reale empirico con cui appare senza il quale non potrebbe dar forma all’idea. Tuttavia un’idea di valore. appunto l’oggetto estetico, e non quello empirico che vale per tutte le opere d’arte, precisamente per le buone come per le cattive, le une sono oggetti ideali del valore positivo le altre del valore negativo
Lucian Freud nel suo studio.
Spiegare i fatti significa mostrare in base a chiarimenti del loro autentico contenuto, quindi, in base a un’analisi, l’esibizione del loro senso, i motivi che hanno radice nella soggettività, singola o sociale, da cui scaturisce il particolare conferimento di senso,.nel caso di un’opera artistica mostrare qual’ è il senso espresso dalla forma estetica. .
Retrocedendo ulteriormente potremmo provare a immaginare da quali intenzioni ideali era guidato il soggetto creatore, quindi tentare di capire quali valutazioni ha compiuto per essere indotto alla scelta di realizzazione quella specifica opera, le sue valutazioni determinate anche dalla osservazione di opere di artisti contemporanei,quali mezzi aveva a disposizione, come li ha valutati,in che misura nel complesso delle sue azioni pianificate è stato motivato da varie contingenze che lo hanno condotto alla realizzazione dell’opera nella sua forma definitiva.
Da rilevare un dato che in altri tempi avrebbe allarmato, cioè la totale assenza di spiritualità nell’arte di oggi, fatte salve rare eccezioni. Non vi è dubbio che, oltre a ripudiare ogni riferimento spirituale, non vi è coerenza, gli artisti sembrano procedere per metabasi, spinti da una marcata interiezione e una casualità eristica.
Consideriamo il linguaggio, dal quale sono state espulse parole come ; spirituale, virtù, dovere. E’inimmaginabile infatti associare tali parole all’arte dei nostri giorni.
Se provo a mettermi nei panni dell’artista per comprenderne le motivazioni, lo scopo e il senso che lui intese attribuire al suo lavoro, ciò che lui aveva in mente così passo dopo passo tentare di comprendere perché è il come egli ha creato l’opera. E dato ad essa un determinano significato.
Il procedimento sopra descritto, in definitiva il più delle volte porta a formarsi a una semplice opinione,in realtà l’artista potrebbe aver fatto sua l’affermazione di Wittgenstein secondo cui a un certo punto l’artista di arresta a un “va bene così”, oppure subentra una logica immaginaria, un ripiego spontaneo che porta a teorizzazioni creative, aspetto positivo dell’arte.
Nikolaj Aleksandrovic Vasil’ev.nel 1912 pubblicò un libro dal titolo: “Logica immaginaria” che suscitò vari dibattiti suscitati dalla contraddizione tra logica e immaginazione.
Purtroppo l’arte oggi non cerca teorizzazioni, non sente il bisogno, per così dire, di giustificare se stessa, gli basta il mercato.

L’ideale di una vita in cui ogni presa di posizione sia completamente giustificata e spiegata sulla base delle intuizione razionale è un’utopia forse irrealizzabile.
Ogni essere umano è chiamato a decidere autonomamente la propria vita, ciò comporta dover compiere una quantità di scelte e prendere decisioni. Quale è l’impulso, il livello di consapevolezza, che determina le scelte?
Se ci spingiamo oltre il limite della nostra preferenza soggettiva, andiamo oltre l’indicazione dei nostri più profondi desideri, dovremmo chiederci quali decisioni corrispondano effettivamente ai nostri interessi, o siano per qualche ragione comunque positive.
Hobbes ha ricondotto all’egoismo il presunto altruismo degli esseri umani. Max Stirner, spesso citato da Nietzsche, nel libro “L’Unico e la sua proprietà”,esalta il più assoluto solipsismo.
In realtà ogni decisione ispirata all’egoismo comporta spesso lo sfruttamento di altri e non di rado confluisce nel soggettivismo edonistico. La convinzione dell’edonista è che il piacere sia l’unico valore possibile, e sufficiente a giustificare le decisioni.
Bernard Mandeville scrisse “La favola delle api” in cui esalta i visi privati e la pubbliche virtù, quasi vi fossero mondi paralleli che non comportano contaminazione.
L’edonismo non si appella alla ragione, ma alla natura psicofisica di ciascuno e, detto apertis verbis, ci riporta allo stadio primitivo, animale che mette al centro bisogni e desideri del corpo, cosa ben evidente in questo nostro tempo.
Etica e morale vengono spesso usati in modo equivalente, in realtà l’etica è un orientamento di scopo, ad esempio, la deontologia professionale attiene all’etica, così la decisione nella scelta del soggetto compiuta dall’artista è suggerito da principi etici, ovvero dall’assenza di questi.
“Aut-aut”, la scelta per antonomasia, è l’opera filosofica principale di Søren Kierkegaard, pubblicata nel 1843 con il titolo originale danese “Enten-Eller”. Il titolo latino, che significa “o o” con un’opposizione inconciliabile, riflette la struttura dell’opera e il suo tema centrale: l’alternativa radicale tra la vita estetica e la vita etica. L’opera esplora questi due stadi dell’esistenza attraverso due “plichi” di scritti: il primo descrive la vita del seduttore esteta (Don Giovanni), mentre il secondo è la difesa della vita etica, rappresentata dalla figura di un giudice (Bilien).
La trasposizione su base estetica del problema della scelta, attuata da Kierkegaard, mette a fuoco il nocciolo del problema, l’incapacità, o rifiuto, di affidare alla ragione le scelte della nostra vita.
Tirolo dell’opera :
Decisione molto problematica.

Pur ammettendo potesse esserci un margine di ipocrisia nelle prese di posizioni politiche di artisti del passato,di fronte alle opere di Braque,Chagall,Picasso,Rouault,Henry Rousseau, Klee, bisogna riconoscere che, fatte salve tutte le loro differenze, comunicano tutte la sensazione di trovarci in un altro mondo, in un sopramondo che, per quanto spesso esibisca della realtà consueta, rappresenta comunque una sorta di trascendenza del reale, è arte che tenta di commuovere.
Forse mai in passato vi è stata una società conflittuale come oggi, a partire dalla aggressività, se non contrapposizione tra generi, vi sono guerre in varie parti del pianeta, le città sono devastate da proteste di massa, esasperate per essere esautorante da una democrazia nominale,non è più l’ideologia a muovere le proteste, ma ragioni pratiche di contrapposizione al potere decidente. Goethe sosteneva che il potere è sempre amorale, tuttavia di certo non è la moralità a far confluire le masse verso un sempre più evidente oclocrazia le cui motivazioni non sempre sono condivisibili.
Fa quasi tenerezza leggere le motivazioni delle proteste degli Artisti degli anni ’60-’70. Dopo 60 anni dalla pubblicazione della Storia Sociale dell’Arte di Arnold Hauser, se fosse aggiornata oggi, ci troveremmo a constatare il fallimento totale delle idee propugniate con entusiasmo e passione dagli artisti di allora che sostenevano il valore politico dell’arte. E’ incolmabile la distanza tra le ottimistiche prese di posizione di quella stagione, la deriva culturale e politica dell’arte d’oggi, si registra una quasi totale indifferenza degli artisti di fronte alle tragedie contemporanee, si limitano a produrre opere che rappresentano dettagli oggettuali.
Il confronto tra ciò che resta della coscienza pensante e il mondo della politica della cultura finisce per tradursi in soggettivismo Intimistico di una vacuità francamente deprimente. Alla situazione allarmante di oggi l’arte, risponde assegnando status artistico a vestiti, fumetti automobili,e finanche a prodotti gastronomici. In assenza di anima prevale la gastronomia
La realtà non è posta al vaglio della ragione, ma l’’arte è affidata a entità creative estemporanee, la propria verità è considerata una certezza immediata che non necessità di verifiche e conferme, e attribuisce a se stessa una autorevolezza ingiustificata. La sua propria singolarità, il contenuto dell’attività, la forma di tale attività si realizza a prescindere dal sapere che la motiva, è movimento puro, supplisce il sapere un narcisismo esibizionistico, nell’apodittica convinzione che la propria creatività giustifichi se stessa e possa ignorare l’infinita molteplicità del reale.

Ha fatto molto rumore l’idea di Salvatore Garau realizzata con “L’opera che non c’è” Collocata in vari siti in varie pari del mondo, da New York a Istraele. Entrare nello specifico significherebbe costruire ipotesi e avventurarsi nella psicologia della creazione, cosa purtroppo abituale per molta critica e filosofia dell’arte. Disapprovo questo approccio all’arte che considero un procedimento arbitrario.
L’importanza e originalità dell’opera di Garau stà nell’aver saputo cogliere l’interessante aspetto di una fondamentale caratteristica della Scienza moderna, la capacità di varcare i confini del visibile Nessuno ha mai visto un fotone nessuno vedrà mai una sequenza cistronica tali entità sono reali ma ricostruite in una laboriosa indaffarata convivenza tra prove sperimentali e attività ipotetiche della mente.
L’interesse dell’opera di Garau è stato cogliere questo aspetto davvero importante della modernità, l’inconscio creativo dell’artista ha intuitivamente creata una via di fuga cogliendo uno dei due corni della dicotomia, tra astrazione della Scienza moderna e il materialismo frenato della società dei consumi che ha fagocitato anche l’arte riducendola a trivialità.
A questo si contrappone l’etera astrattezza dell’”Opera che non c’è”,che offre all’immaginazione di ogni singolo osservatore la possibilità di creare egli stesso molteplici opere, ovvero dare corpo e significato senza riscontro materiale. Ciascuno porta a compimento la propria opera frantumando in significati la visione soggettiva. Siamo ben oltre l’opera aperta di cui trattava Umberto Eco, la singolarizzazione diviene l’essenza della partecipata percezione creativa,il divenire dell’opera come realtà a partire da una figurazione immaginata.
Salvatore Garau : “L’opera che non c’è” (particolare)

Cosa sappiamo su come viene visto, in particolare dai bambini, un programma tv, un film, una rivista illustrata? Dare una risposta a questa domanda è d’importanza cruciale per capire i risvolti culturali e psicologici prodotti dalla visione. Purtroppo chi organizza il palinsesto si preoccupa quasi elusivamente dell’audience, viene dato per scontato che tutti, bambini inclusi, sappiano trarre significato “giusto” dalle immagini. Per esempio film che presentano fatti di guerra con scene cruente, scene di sesso, scene semplicemente volgari. La più negativa attività del capitalismo maturo, così come viene praticata oggi, è la pubblicità. A parte l’eccessivo numero di spot in rapporto alla durata di film, o spettacoli in generale, lascia allibiti la volgarità sguaiata di molti spot che sembrano incoraggiare la maleducazione.
Last but not least, l’uso dei bambini nella pubblicità commerciale. E’ diffusa l’apodittica convinzione che ogni esser umano abbia imparato fin dalla nascita a guardare e giudicare il mondo, quindi non avrà difficoltà a decodificare le immagini traendo da esse gli aspetti “positivi”. A parte la difficoltà anche per una persona esperta a trovare aspetti positivi dalle immagini di assoluto squallore che cinema tv trasmettono in continuazione, la lettura delle immagini ha carattere estremamente soggettivo, nel migliore dei casi. Nel caso opposto, anche attraverso le immagini si produce omologazione, si stimola lo spirito gregario che è dentro a ciascuno di noi. In breve, si stimolano gli aspetti peggiori a fini di lucro.
Tutto ciò è noto da tempo, eppure la situazione sembra peggiorare ogni giorno. Con la solita sgradevole ipocrisia, gli adulti denunciano i comportamenti di bambini e adolescenti senza mai accennare alle proprie responsabilità. Attualmente, gli spettacoli più disgustosi della tv americana sono anche quelli di maggiore successo,non molto diversa la situazione italiana. Segno evidente degli effetti negativi e suggestione che i media in generale e la tv particolare hanno sugli ascoltatori.

I filosofi indagano le ragioni generali e tentano di dare un significato a ciò che riguarda l’esistenza umana, mentre coloro che scrivono autobiografie scavano nella memoria del tempo e tentano di trovare un senso alla propria esistenza. Si dice che uno scrittore scrive sempre lo stesso libro nel quale parla di sé stesso, c’è chi lo chiama stile, e vi legge un risvolto di memoria primordiale.
Il bisogno di condividere i propri ricordi ha dato origine a capolavori importanti Marcell Proust ha scritto otto volumi del romanzo: “Alla ricerca del tempo perduto”. Un libro nel quale traccia ritratti di personaggi della società nella quale ha vissuto. Con la sua abilità di scrittore ha dato impronta mitica alle Madeleine, il biscotto che la madre le preparava quand’era bambino.
Anche Biagio Pascal racconta a suo modo tratti della sua breve vita. Morì infatti a 39 anni lasciando un segno profondo nella cultura del suo tempo.
Il vescovo di Ippona Agostino, uno dei padri della Chiesa scrisse“Le Confessioni”. Un testo in cui tratta di religione e filosofia. Era convinto che “ Le cose di questa vita, più si piange per loro, meno sono degne di rimpianto”. Anticipando i tempi, a proposito dei rapporti tra esseri umani, scrisse: “Ci amano come si ama il cibo, per consumarci”.
La vita frantuma in giorni la nostra esistenza, cancella spesso le buone intenzioni a favore di una pura sopravvivenza fisica. Il cambiamento di stato incide sull’ottica della visione di noi stessi come Lo Smeraldo frantumato e ridotto in polvere assume un colore bianco, tutti noi alla fine del nostra vita abbiamo difficoltà a riconoscerci in un come eravamo.
“Memorie d’oltretomba” di François-René de Chateaubriand è più di una vasta autobiografia. Divisa in 42 libri venne pubblicata in 12 volumi tra il 1849 e il 1850. Il titolo ha giustificazione nella disposizione del filosofo che impose la pubblicazione solo dopo la sua morte. La narrazione va dall’infanzia alla vecchiaia, e narra gli eventi storici di cui è stato testimone,la Rivoluzione francese, l’era napoleonica, la Restaurazione, l’opera copre un arco temporale che va dalla fine del XVIII secolo fino al XIX secolo. Il saggio pessimismo di Chateaubriand è diventato proverbiale, e riflette la fatuità di ogni esistenza anche quando si tratta di personaggi che si usa definire di successo. In realtà tutti noi siamo solo in apparenza padroni della nostra vita. Egli scrisse:” Mentre il cuore ha dei desideri, l’immaginazione conserva illusioni”.
L’ipotesi di Biagio Pascal.
All’avvento della rivoluzione industriale, tra il 1760 e il 1840, masse di contadini e volgo, si riversarono nelle città e sostituirono, per così dire, l’aratro con il libro, si dedicarono alle cosiddette professioni liberali e svilupparono varie attività artigianali. Questo radicale,enorme cambiamento fu all’origine della civiltà urbana così come oggi la conosciamo.
Nel secondo dopo guerra, quando le società occidentali raggiunsero un certo benessere, sorsero movimenti giovanili e scuole di pensiero contrarie alle forme di selezione attive nella società che vennero giudicate repressive.
E’ noto che, chi ritiene di possedere la verità, non considera necessario rimetterla in discussione, anzi pone le proprie certezze a fondamento di ogni discussione e mediante esse crede di poter giudicare e condannare chi ha opinioni contrarie. Questo era l’atteggiamento di molti movimenti sociali e artistici.
Negli anni 1950-1951 lo scrittore giornalista Guido Piovene soggiornò negli Stati Uniti, e nel 1962, ispirato dalla sua esperienza americana scrisse “De America” ,libro nel quale descrisse il suo viaggio attraverso gli Stati Uniti, e mosse critiche alla società americana.
Egli usò la metafora del sangue che, quando arriva al cervello, è filtrato dalla barriera emato encefalica e paragonò questo processo alle selezioni che ogni società attua nei confronti dei giovani che aspirano a diventare la classe dirigente del futuro. Espresse la convinzione che i giovani tendessero a sottrarsi ai meccanismi di selezione sociale che infatti gradatamente si allentarono fino alla loro rimozione. Ai giorni nostri vi è una sorta di mito della libertà, e non esistono filtri di alcun genere. Le masse agiscono condizionate dai media, soprattutto la tv, la società contemporanea è ipercinetica e superficiale.
Si usa spesso, quasi sempre in senso negativo, il sostantivo maschile: “pregiudizio”. Non ci si rende conto che pregiudizio è conoscenza acquisita, esperienza di vita, tutti agiamo e pensiamo in base ai nostri pregiudizi. Nel sistema che crea l’opinione, l’unica differenza consiste nell’accettare l’autorità altrui o affidarsi solo alla proprie convinzioni.
È triste osservare come il non sapere, la grossolanità senza forma ne gusto, incapaci di tener fermo il pensiero anche soltanto su una proposizione astratta e quindi ancor meno capaci di cogliere il nesso tra le diverse proposizioni proclamino di essere l’espressione della libertà e della tolleranza, del pensiero creativo, talvolta persino della genialità. Questo modo di ragionare produce al massimo una retorica infiocchettata di verità banali, o meglio di non verità, in quanto edonismo e pragmatismo inducono il pensiero a fermarsi all’essenziale trascurando l’essenza.
Heidegger scrisse: “L’equivalenza di qualsiasi opinione è la schiavitù dell’occidente.
Tu dove sei