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Coerenza di vita.  0

Nella filosofia buddista si dice:” Se un uomo fosse trafitto da una freccia non pretenderebbe, prima di farsela estrarre, di sapere chi ha tirato la freccia, se è sposato, grande, piccolo, biondo, vorrebbe liberarsi al più presto della freccia”. L’insegnamento conduce all’essenza di ciò che davvero è indispensabile agli esseri umani. Non certo cupidigia, passioni sfrenate, vizi, depravazione. L’appagamento del corpo uccide l’anima qualsiasi cosa intendiamo con questo termine. Capita, afferma la filosofia buddista, che coloro che sanno non parlano, coloro che parlano non sanno. Riflettiamo sul bailamme di rumori, che noi chiamiamo comunicazione. C’è un detto cinese : “ solo un nobile silenzio non vìola la Verità”. E’ preoccupante non tanto cosa accade intorno a noi, ma l’entusiasmo con cui accettiamo ogni cosa abbia l’etichetta di nuovo o venga considerato tale. La dialettica è la forma logica associata ai filosofi, Zenone, Elea, Hegel. Ma il loro pensiero è oggi travisato. Siamo prevenuti circa l’idea di etica, pressoché abolite espressioni come” libertà dello spirito”, timorosi di tutto ciò che consideriamo un limite alla nostra libertà. Quando parliamo di libertà abbiamo in mente soprattutto il corpo, la sessualità. Nella filosofia di Aristotele l’apparenza è trattata come fattore che contrasta con l’essenza delle cose. Da qui deriva l’importante corollario che nega il sé e tutte le altre simili teorie. Hume nega l’esistenza dell’ego come unità distinta. Si avvicina alla dottrina buddista dell’Anatta che rappresenta l’esatto opposto di quanto sostiene Kant nella Critica della Ragion Pura( Logica trascendentale). Kant afferma “Io sono”, con ciò egli intende esprimere la coscienza che accompagna ogni pensiero del sè. La differenza con i filosofi buddisti consiste nell’uso che si fa della preposizione filosofica “sé”, una volta che è stata enunciata. Ma il punto focale è un altro. L’uomo occidentale è da tempo abituato alla completa scissione tra la teoria dei principi e l’atteggiamento concreto nella prassi quotidiana. Schopenhauer e Herbert Spencer vengono subito in mente come esempio negativo. Nel buddismo l’essere umano non è giudicato dal suo stile o dalla sua erudizione, e neppure dalla coerenza interna della sua dottrina, ma soltanto dall’accordo di questa con la sua vita. L’obiettivo dei buddisti è imparare a comportasi come se non esistesse l’ego. Viene in mente la dichiarazione del regista che ha presentato al Festiva del cinema di Venezia nel 2015 un film in cui un uomo diventa donna. Per motivare il film costui ha affermato: ciascuno deve avere la possibilità di liberarsi dalla prigione del proprio corpo. Affermazione che ricalca le teorie gender prodotte dal femminismo. Dice Chanfort:” Chissà perché quando si vìolano le norme non è mai per elevarsi, ma sempre per scendere più in basso”. L’Europa non ha mai avuto pensieri spirituali autoctoni, è stata piuttosto assorta dall’economicismo e materialismo. Tutto ciò che di spirituale è apparso in Europa è preso a prestito dall’Asia, Gesù Cristo incluso. Il materialismo dell’occidente ha comunque finito per prevalere, tanto che anche il cristianesimo si è fatto istituzione, insediandosi con fasti e lussi in prestigiosi palazzi e chiese. Ne deriva che la progressiva degenerazione socio- culturale del nostro tempo, l’arte di oggi lugubre espressione della tecnica e del materialismo dominante, è la naturale conseguenza del vizio di origine. aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaala-bandiera-della-madre

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Il mondo in un diagramma.  0

Con una certa frequenza la cronaca riporta episodi  criminali in famiglia, suicidi e azioni autolesionistiche. Siamo così immersi nel rumore della modernità, nel bailamme di superficialità, da aver persa l’abitudine a pensare, tanto che, chi affronta le questioni basiche dell’attuale situazione di esistenza dei più,  è percepito  come un pedante chiliasta .Tutte le filosofie hanno affrontato il  tema base dell’esistenza, sotto diverse ottiche. Osservando l’arte e la letteratura contemporanea con un minimo di distacco, appare di solare evidenza  la banalità di forme e parole forgiate quasi esclusivamente per lucro. Cultura e arte non costituiscono il tentativo di offrire effettivo contributo al miglioramento in senso positivo  della società, anzi l’orientamento è esattamente opposto, un continuo  elogio di devianze e alla trasgressioni . Non è il caso di  affrontare un  tema così complesso che appare una sorta di cortocircuito tra cultura – società – cultura, in cui è inclusa ovviamente anche la produzione artistica, condizionata e condizionante il sistema sociale nel suo complesso. Il filosofo cinese Shao Yung (1011-1079 sviluppò una filosofia che aveva come riferimento complicati diagrammi nei quali  - segno- forma-pensiero, costituiscono tutt’uno all’interno di precisi parametri . La più grande opera di Shao Yung è un elaborato diagramma  cronologico del mondo esistente. Secondo questa  cronologia l’età d’oro del mondo è già trascorsa da tempo; essa fu realizzata al tempo Yao, il re filosofo della tradizione  che regnò, secondo gli studiosi, nel XXIV secolo a.C. Oggigiorno siamo in un periodo che corrisponde al diagramma Po, epoca di declino. La maggior parte dei filosofi cinesi  considerano la storia umana come un processo di continua degenerazione. La teoria secondo cui ogni cosa implica la sua propria negazione ha sapore hegeliano ma,  mentre secondo  Hegel la negazione di una cosa dà origine a una nuova cosa  di più alto livello, secondo Lao-tse e le appendici del “Libro delle mutazioni” , la cosa nuova non fa che ripetere quella che l’ha preceduta in modo più degradato. Tale teoria non vale solo per il mondo cinese. Se noi mettiamo a confronto i progressi della tecnica nelle  società occidentali con l’attuale condizione della natura umana,  ci rendiamo conto dell’evidente regressione. A fare, per così dire, da paravento, è lo sviluppo della scienza e della tecnica in grado di rimediare ad errori e nefandezze di vario genere. Resta vero che sotto il profilo umano ed etico la decadenza è palese. Nell’ambito artistico siamo al grado zero di sensibilità e immaginazione creativa. Gli esempi sono innumerevoli. Ricordiamo due personaggi che hanno legata la loro notorietà ad  un ’orinatoio. L’imperatore Vespasiano che primo ebbe l’idea dei  gabinetti pubblici, suo il detto “pecunia non olet”   Duchamp, il quale,  con il decisivo supporto della critica e  filosofia dell’arte, elevò un orinatoio a dignità artistica .  Per i tempi  della storia, e ancora di più dell’evoluzione della specie, i due “inventori” sono quasi contemporanei,  entrambi appartengono a pieno titolo al mondo occidentale, un dettaglio che merita riflessione.  diagramma

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La sapienza dell’antica filsofia cinese.  0

Mencio, filosofo cinese (371 -  289 a.C.) attribuiva agli esseri umani quattro semi, oggi diremmo  potenzialità, che possono inaridire o svilupparsi. Il seme della sensibilità. Il seme della correttezza. Il seme della saggezza. Il seme della rettitudine. I quattro semi diventano, nel loro perfetto dispiegarsi, le quattro virtù costanti  che caratterizzano il saggio. Secondo il filosofo Kao-tse, la natura umana non è nè buona nè cattiva quindi la moralità è qualcosa di aggiunto dal di fuori di essa. Sembra di leggere il Vattimo cinese. L’Università di Harvard ha attivato di recente un seminario che si propone d’indurre gli studenti a “riflettere sulla vita” , per trovare la strada della saggezza. Manca solo il manuale “Come essere saggio con dieci lezioni”. La modernità è talmente inquinata dalla funzionalità tecnologica che è maturata la convinzione che esistano soluzione tecniche  e rapide per tutto. Michel Foucault è uno dei molti esempi  di “saggezza moderna”,  scrisse interessanti saggi,  “Le parole e le cose” , “Sorvegliare e punire” , e molti altri, nei quali esprimeva le sue lezioni di vita, o, come scrive in uno dei saggi “la cura di se”. La sua vita smentiva il suo pensiero,  era infatti tutt’altro che saggio. Omosessuale, faceva uso di droghe,  si abbandonava a orge sado-maso, compì ripetuti tentativi di suicidio. Appare quindi il perfetto paradigma contemporaneo. Gli adulti, se questa parola ha ancora senso, si dimostrano indignati per la morte per alcol e droghe di giovanissimi frequentatori di discoteche, ma nei loro comportamenti danno pessimi esempi ai giovani i quali vedono continuamente comportamenti spregevoli. Il filosofo cinese Yang Chu (500 a.C. circa) scriveva: “ Se anche potessi salvare il mondo strappandomi un solo pelo, non lo farei”. Lezione di preveggente pessimismo dell’ Aretino cinese. Ma non è stato il solo nella storia del pensiero. Meno pessimisti sono stati intellettuali e filosofi che si perdevano in complicate ed estranianti teorizzazioni, Hegel  e  Kant sono un  esempio.  Schopenhauer invece aveva marcata propensione al pessimismo, oltre che alla misoginia. Ma vi furono studiosi ancora più radicali. L.E.j. Brouwer  affermava: “ la logica non insegna nulla al mondo, serve ad avvocati e demagoghi”. La stessa tesi  dei filosofi cinesi della “Scuola dei nomi”. Prosegue Brouwer : “detesto la maggioranza delle persone,  la degenerazione dell’uomo è iniziata quando ha abbandonato lo stato naturale, spezzando l’equilibrio imposto dalla natura” . Brouwer era un valente logico matematico (1881-1966) affermava che “quando gli uomini perdono i loro desideri primari, per timore della solitudine diventano automi”. La riconciliazione con il mondo, scrive in “Vita,arte, mistica” , “avviene con il riconoscimento  e la soggezione al Karma, stabilito per ciascun uomo”. Va da se che, nel nostro mondo caotico e programmaticamente degenerato, nulla è più estraneo della ricerca del  Karma. aaaaaaaaaaaaaaaaaGeisha

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Pazzia necessaria  0

Condizione primaria di ogni forma di comunicazione  è la decifrabilità. La pretesa delle avanguardie di forzare simbologia  e significato, non era, non è, basata su elaborazione epistemologica, ma su una pregiudiziale rinuncia , forse anche per carenze culturali, alla non facile elaborazione di una storia di oltre 6000 anni. L’irrompere della rozza modernità si definisce anche nella scelta della propria definizione con il ricorso al termine militare di “avanguardia”. Il senso delle avanguardie è esplorare territori sconosciuti, e ritornare a riferire lo stato del territorio esplorato. Le avanguardie del Novecento  si sono accampate fuori dai confini del senso, un manipolo di guastatori  che ha dato origine a una nuova realtà sulla quale non si è attuata una necessaria igiene linguistica, limitandosi ad adattare il termine arte a qualcosa di radicalmente diverso. Ciò ha creato un’entropia  culturale che si sta rivelando ripetitiva e sterile. Si può apprezzare un bonsai di sequoia, ma non è opportuno denominarlo sequoia secolare. Al gigante Leonardo si è preteso affiancare il nano Warhol. Ognuno è libero di creare la propria piccola serra, ma non ha senso chiamarla foresta. Il riferimento non è ovviamente alla dimensione, ben consapevoli che è proprio con il gigantismo che si vuole occultare la mancanza di significato. Si è trattato di attuare una vera e propria negazione della funzione del linguaggio dell’arte. E non per ingenuità ma per inadeguatezza.  L’universo dei segni , passa attraverso ciò che prende corpo. Non basta dire che il concetto è la cosa stessa, finisce che è il mondo delle parole ad alterare le cose, confuse nell’hic et nunc del divenire continuo, in una inesausta ricerca di diverso significato . Il simbolo sterilizzato in logo, è affidato alle leggi del numero. La povertà delle forme non è ricerca dell’essenziale, ma la libertà che esercita il caso, non guidato da sensibilità e intelligenza, nutrita di sapere. Il sintomo qui è il significante di un significato rimosso dalla coscienza del soggetto. L’io dell’uomo moderno ha assunto la propria forma nella impasse dialettica dell’anima che non riconosce la ragione stessa del suo essere artefice del disordine  che pretende di denunciare. Pascal sosteneva: “gli uomini sono così necessariamente pazzi, che sarebbe essere pazzi di un’altra forma di pazzia il non essere pazzi”. Così ci trasciniamo tra perduti lumi e crescenti devianze, convinti di essere sulla riva giusta del  fiume.      aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaprossimanews

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Arte e oggetti vari.  0

Più volte nel corso dei miei scritti mi sono posto, ed ho posto, la retorica domanda:di cosa parliamo quando parliamo d’arte? Davvero c’è chi pensa che i ready made, opere seriali, assemblaggi vari possano reggere il confronto con l’arte classica, o ci troviamo di fronte all’ennesimo richiamo ad Esopo, la volpe e l’uva. Consideriamo la tecnica raffinatissima messa in atto dagli antichi maestri che certo non discettavano di ontologia dell’arte e delle artificiose,spurie, teorie che giustificano l’arte contemporanea brutta nella forma e priva di significato. Se andiamo in qualunque museo dove è conservata l’arte classica possiamo osservare capolavori di cui pochissimi conoscono l’esistenza. E’ giusto che sia così, alcune “icone” dell’arte contemporanea sono notissime, ma pochi, a partire dagli stessi filosofi dell’arte, saprebbero davvero darne una giustificazione. Senza dubbio le bugie richiedono molte più parole della verità. Ma non solo le vere e proprie opere d’arte, anche oggetti d’uso o di culto raggiungono raffinatezze di cui gli artisti contemporanei, nella grandissima maggioranza, non saprebbero avvicinarsi. Nel Museo di Zurigo tempo fa ho visto un evangelario che risale, se non ricordo male, intorno al XII secolo. La copertina eseguita in oro sbalzato, è decorata con pietre preziose tagliate a cabochon, vale a dire pietre non sfaccettate inserite  rotonde nell’incastonatura. La lamina d’oro decorata con il sistema dello smalto cloisonné. Gli antichi maestri adottavano due sistemi  per decorare con lo smalto: lo champlevé e il cloisonné. Lo champlevé  ha il blocco di metallo con opposite  cavità che vengono riempite di smalto. E’ la tecnica più antica, ed è stata abbandonata perché bastava che l’oggetto così decorato subisse un forte urto perché la pietre fuoriuscissero dalla loro sede. Il sistema cloisonné offre maggior sicurezza, per questo è stato adottato, non solo in Europa ma anche in Oriente. Il sistema cloisonné prevede la creazione di un area  vuota,  sottilissime lamine metalliche vengono saldate all’interno , quasi si trattasse di campi cinti da steccati. Entro questi campi viene colato lo smalto liquido ad altissima temperatura. Lo smalto viene contenuto e protetto dalle partizioni metalliche. Mi sono dilungato nel descrivere questo piccolo oggetto e la tecnica con la quale è costruito perché fosse chiara la differenza tra il conoscere tecniche e applicarle, ed i sistemi odierni dell’arte in cui tutto viene fatto con incredibile pressapochismo. E’ possibile che critici e filosofi  dell’arte, soprattutto  statunitensi, ma non solo, conoscano le antiche tecniche e procedure per creare oggetti d’arte? Se la risposta affermativa devono avere seri difetti di percezione. Se la risposta è negativa si capisce perché esaltano  scatole di detersivi, scope, oggetti di uso comune. Lascia perplessi che accademie e scuole d’arte in Italia e in Europa, abbiano adottato  stili e sistemi d’oltre oceano buttando a mare secoli di saperi.

 

Piergiorgio Firinuaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaprossima-news

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Il senso dell’arte  0

Il senso dell’arte.

Il dibattersi per la sopravvivenza dell’arte forse avviene nelle forma sbagliata. Non basta dotare di motore una carrozza per trasformarla in automobile. Mancano tutte le componenti tecniche  che gli consentono di viaggiare. Vi sono aspetti del mondo dell’arte, o del sistema dell’arte, come si dice oggi, che non vengono indagati, forse per eccesso di autoreferenzialità, o forse perché nella frammentazione culturale, caratteristica del nostro tempo, l’arte interessa solo il mercato. La conferma viene dall’importanza data all’arte da giornali finanziari, e dall’abbinamento arte moda, non solo sotto l’aspetto operativo, ma finanziario. Siamo alla regressione utilitaristica che prevede forme più evolute di sopravvivenza. Se l’istinto significa effettivamente l’incontenibile  animalità dell’essere umano, non è detto che la ragione riesca a dominarlo, nell’arte come in ogni altra attività umana. Il simbolismo del pensiero trova  nella percezione visiva quella che Husserl definisce “rapporto di fondazione” . A poco serve utilizzare il linguaggio, che Lacan chiama “lo strumento della menzogna”  per cercare di ricreare una parvenza di verità.  L’appercezione  è un dato dell’intuizione che si richiama al concetto dell’oggetto. Per questo è definita oggettività e si distingue in modo netto dalla soggettività. Se  è la soggettività a prevalere, come avviene in moltissime opere d’arte contemporanea, l’ermeneutica dell’oggetto diventa impossibile,  in quanto manca la possibilità di decifrazione, vale a dire il collegamento di una certa parola ad una certa cosa.  Di qui la progressiva deriva verso forme espressive di materialistica banalità. Ma non vi è solo questo aspetto in cui, sotto traccia, agisce l’influsso antropologico che determina  aspetti concreti dell’ operatività dell’artista. Partendo dalla nota affermazione “ nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu”   . Appare evidente che molte opere d’arte della cosiddetta avanguardia  non consentono una percezione sensibile. Se investighiamo  il rapporto della conoscenza  che precede il giudizio, o semplicemente la fruizione,  ci rendiamo conto che l’intelletto non ha una traccia da seguire e di conseguenza, accettazione o  rifiuto, sono scelte irrazionali, conseguenza dell’indottrinamento ovvero delle consuetudini. Di fatto è difficile provare un’emozione, o una qualunque sensazione osservando un cumulo di carbone, una putrella di ferro,  un qualunque comune oggetto elevato ad opera d’arte. Dovremmo dunque trarre la conclusione che l’opera “d’arte”  va  vista come un riferimento metaforico, soggiace  cioè a una forzatura ermeneutica  della quale è necessario accettare tout court le premesse.  Se investigo più profondamente il rapporto tra sensazione e conoscenza  scopro che dal cumulo di carbone e dalla putrella,  non ricavo, oggettivamente, nè conoscenza nè sensazioni.  Se anche mi affido all’immaginazione produttiva, il mio giudizio non cambia. L’unità sintetica della coscienza è dunque una condizione oggettiva di ogni conoscenza , della quale non soltanto io stesso ho bisogno per conoscere un oggetto, ma alla quale deve sottostare  ogni intuizione stimolata dalla forma che deve possedere contenuto gnoseologico percepibile la cui intrinseca capacità di comunicazione è una delle prerogative dell’opera d’arte.

Piergiorgio firinu venezia-2015-Kunellis-9

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Il fantasma della libertà.  0

L’arte, a ben vedere, nella sua esplicazione migliore, non è che la reinvenzione della realtà con pretese metonimiche. Fantasia e intelletto danno forma al pensiero. Il mito dell’artista “genio e sregolatezza”  è un pretesto per distrarre. La creatività non scaturisce dal disordine. Gran parte degli artisti appartengono alla borghesia: Kandinsky, Mondrian, Picasso, Man Ray, De Chirico, Piero Manzoni, Duchamp, l’elenco è lungo. Tutti borghesi mediamente colti e mediamente ricchi, secondo parametri  sociali, insignificanti se non per la possibilità di sbizzarrirsi  e creare la loro arte, o le loro provocazioni, per distinguersi dallo stuolo di aspiranti artisti  andato crescendo con l’avvento della modernità. Oggi gli artisti sono milioni nel mondo. Rimossi i paletti dell’estetica e della ragion sufficiente, che fungeva da filtro per  le pretese di molti, la frana “libertaria” ha data la stura al cattivo gusto, le teorie ancipiti elaborate dai cosiddetti filosofi dell’arte sono valse da giustificazione. Si è smarrito il filo d’Arianna che legava la storia dell’arte. Gli antichi usarono l’arte come riflesso della realtà, come racconto e simbolo di un divenire dialettico nello sviluppo è fruizione sociale. Nulla di tutto questo è rimasto. L’uso sofistico della filosofia  per dare alla propria ignoranza, anzi alle proprie illusioni e confusioni, la tinta di una qualche verità. Kant definiva la verità “accordo di una conoscenza con il suo oggetto”. Non pare che la cosiddetta filosofia dell’arte vada in questo senso, anzi non va da nessuna parte, si affida a tautologici truismi, in un mondo in cui la conoscenza si specifica nelle sue stereotipie. E’ molto difficile  se non  impossibile,  tentare una resistenza teorica  o tecnica, il  problema sempre più si appalesa. Anche perché, nelle Università e nelle Accademie, i giovani sono vittime di abbagli, a partire dal riferimento al linguaggio, frutto di impudenza e ignoranza. L’esperienza del soggetto matura in questo stato di cose. E’ questa la realtà  di oggi, come si presenta. Mancano gli strumenti  per infrangere l’illusione che riduce l’identità dei pensieri al pensiero dell’identità in un solipsismo culturale disarmante. La negazione che il reale è diventato il punto d’appoggio di ogni processo creativo, per questo tracima  in fatua illusione Non sarà cedere a un inganno prospettico  vedere la delineazione dell’immaginario , le cui forme non più associate al simbolico né al reale,  finiranno nella morta gora del nonsenso. E’ proprio questo il miraggio di quest’epoca in cui la sbandierata libertà non è che un fantasma che non spaventa più perché creduto reale. L’arte può riassumere il suo valore solo purgandosi da neologismi mondani  e prendendo coscienza che la cosiddetta filosofia dell’arte ha rivoltato come un guanto senso ed estetica. Ciò finisce per  situare l’esperienza a un punto in cui la negatività si autoalimenta.

Piergiorgio Firinu     aaaaaaaaaaaaaaaaanewsletter

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Decidere senza pensare  0

E’ imbarazzante rendersi conto del fatto che il procedimento di risoluzione dei problemi definito intelligente oggi per i computer , è essenzialmente lo stesso  che lo psicologo Edward L. Thorndike attribuiva agli animali nell’ultimo decennio dell’Ottocento per dimostrare che essi  non sono in grado di ragionare. Tutto ciò che fanno gli animali, argomentava Thorndike, è passare ciecamente  attraverso un certo numero di reazioni possibili, finchè non capitano su quella valida. E quanto più spesso si verifica la reazione valida, tanto più facilmente essa verrà connessa, nel cervello dell’animale, alla situazione problematica. Tale associazione non è più intelligente del comportamento dell’acqua piovana che si rovescia sempre là dove maggiore è la pendenza. Non si ha quindi il minimo intendimento. Ora, la cosa preoccupante, non è tanto il funzionamento del computer, il cui meccanismo tecnico risponde ad esigenze scientifiche e di necessità, quanto piuttosto che lo stesso comportamento si riscontra tra gli esseri umani oggi. Dalle decisioni politiche, agli abituali comportamenti sociali appare evidente che prescindono spesso da ogni forma di razionalità, si affidano ad  automatismi comportamentali. George Berkeley ha suggerito che si possa impiegare un qualunque triangolo per rappresentare tutti i possibili triangoli. Il rischio, con l’impulso massificante dei media e di tutte le forme di intrattenimento, si finisca per poter usare lo stesso metodo per gli esseri umani, ognuno dei quali risulterà identico ad ogni altro essere umano. Siamo ben oltre a 1984 di George Orwell che quando fu scritto venne indicato come appartenente alla tradizione narrativa utopistica, mentre oggi le “fantasiose” ipotesi contenute nel libro, si sono ampiamente avverate. Vale per il libro di Orwell l’affermazione di Samuel Johnson che definiva il risultato di un’astrazione come “ una quantità minore che contiene la potenza di una maggiore”. Gli strumenti di comunicazione di massa, salutati al loro sorgere come strumenti di democrazia, si sono rivelati come una forma coatta di indottrinamento  delle masse, per cui si procede come gli gnu, tutti in un’unica direzione, si tratti di teorie di genere, di orientamento politico, di comportamenti e scelte quotidiane. Ciò che appare terrificante è che non c’è consapevolezza di questo scivolamento di forme sociali degradate. Finiamo per imitare non solo comportamenti tribali primitivi, anelli al naso, tatuaggi, abbigliamento trasandato, ma rischiamo di imitare gli animali nel loro comportamento primario con la differenza che noi siamo privi dell’istinto che in qualche modo guida. Mi si permetta di citare il mio libro, pubblicato nel 1977: “La logica del quotidiano” quello che allora nel mio scritto appariva surreale oggi è il vissuto dalle masse.   aaaaaaaaaaaaaaaaaadecidere-senza-pensare

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Emozione e ragione.  0

Nella prefazione alla prima edizione della “Critica della ragion pura”, Kant scrive: “…questo lavoro di certo non è punto  all’uso del popolo…” . Ovviamente Kant non poteva immaginare che l’insorgere della retorica dei diritti,  delle pretese di genere  portassero ad abbassare il livello culturale di discenti e docenti . La cultura così detta di massa divulgata dai media crea situazioni psicosociali piuttosto spiacevoli . La libertà di pensiero con pretese di genialità  è una sorta di virus. Sull’inserto  culturale del Corriere della Sera,“Lettura”, una giornalista scrive un lungo articolo il cui titolo è “La conoscenza passa attraverso le emozioni”.  Dovremmo dunque archiviare  generazioni di filosofi,  l’elenco  dei reietti sarebbe davvero lungo,  che hanno sostenuto esattamente il contrario. L’articolo ha lo scopo di  promuove un  libro di certa Giuliana Bruno. Nella tradizione filosofica la parola esprime un concetto, o una determinazione dell’essere la cui definizione può avvenire esclusivamente tramite processo logico, come sostiene Wittgenstein,  esattamente il contrario di un atteggiamento emotivo. La ragione filtra l’emozione, per così dire la interpreta, l’emozione è un impulso  estetico, visivo, superficiale. Come ben ha scritto Kierkegaard  in “Aut-Aut, Diario di un seduttore” , nel confronto tra  personalità etica ed estetica. Scrive Kierkegaard : “…. godimento significa annullarsi nell’istante….” . L’emozione è un sentimento soggettivo, può indifferentemente includere o escludere per impulso superficiale, epidermico, qualcosa  su cui non abbiamo controllo.  E’ noto che l’atteggiamento emotivo è  soprattutto appannaggio femminile, ed infatti sono le studiose a  difendere il valore gnoseologico delle emozioni, arrivando a sostenere che la conoscenza passa attraverso le emozioni,  teoria spuria. La scienza, tesa al conseguimento di risultati precisi, non sa che farsene delle emozioni.  L’arte è l’unica “disciplina” in cui effettivamente l’emozione può avere una parte preponderante. Lo vediamo ancora una volta soprattutto sul cotè femminile, oggi predominante. Opere di body art e  una quantità di “creazioni” che ho citato in altri scritti e  non intendo qui trattare. Infine il cinema,  vera fabbrica di emozioni create attraverso la tecnica, effetti speciali, pornografia, la recitazione è residuale. Film e filmetti che la tv diffonde a getto continuo sono in larga parte prodotti a Hollywood (Babilonia) una città ad altissimo tasso di corruzione che si schiera sempre dalla parte del potere. Le uniche guerre vinte dagli USA sono quelle costruite negli studi di Hollywood. Dopo la seconda guerra mondiale conclusasi nel 1945 gli USA non hanno fatto altro che collezionare sconfitte, anche quando sembravano vittorie. In Iraq, l’intervento degli Stati Uniti ha lasciato una situazione di caos e guerra continua. Non sono fuori tema, proprio le guerre cinematografiche sono produttrici di emozioni. Gli USA  hanno perso da tempo ogni credibilità morale, ma Hollywood continua a creare eroi americani, onesti, buoni, coraggiosi, che sconfiggono i malvagi. Ogni rigagnolo di Los Angeles contiene dosi residuali di cocaina ed eroina tali che, confluendo nell’oceano, potrebbero  rendere euforiche anche le balene. Perché dunque ci commuoviamo di fronte alle menzogne con effetti speciali? Non ci affidiamo certo alla ragione, ma ci lasciamo andare all’emozione che ci rende ebeti spettatori di panzane colossali. Questo fa l’emozione. L’idea che le nuove generazioni crescano con la fantasia nutrita da finti eroi e puttane vere, non è pensiero che possa rallegrare chi non abbia rinunciato completamente alla ragione rifugiandosi nel  cinismo.   poster110

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Lessico e civiltà.  0

La grammatica generativo-trasformazionale  di Noam Chomsky ha un precedente riferimento in Aristotele, ripreso da Heidegger  in “Introduzione alla metafisica” , quando asserisce che “il logos non è autonomo ma fondato su qualcosa di originario”, cioè radicato nella dimensione che lo precede ontologicamente. Se dunque il lessico accompagna l’evoluzione umana ed ha quindi significativa incidenza antropologica, non si può escludere che possa avvenire anche l’inverso. I media, in particolare cinema e tv, trasmettono un lessico decisamente rozzo e volgare, intriso di richiami genitali. Tutto questo in quale misura incide nella complessiva involuzione di civiltà? Quali saranno la conseguenze sulle future generazioni ? E’ nota la boutade di Richelieu il quale  sosteneva:  “Ci vogliono due generazioni di vita tra persone civili prima di saper stare correttamente a tavola”.  Oggi simile boutade farà inorridire, con qualche ragione, gli antirazzisti di professione, tuttavia guardandoci attorno viene da chiederci quanto tempo dovrà trascorrere prima che si torni tutti a mangiare con le mani. Ritorneremo alle indicazioni contenute  nel libro “De civitate morum  puerilium” di Erasmo da Rotterdam,  nel quale consigliava di usare una sola mano per prendere il cibo dalla pentola, non sputare nel piatto, non toccarsi i genitali durante il pasto ed altri suggerimenti del genere, cose che a noi sembrano assurde ma evidentemente non lo erano al tempo in cui Erasmo scrisse il libro. Tra i frammenti di Archiloco c’è un verso che dice: “La volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa una grande” . Gli studiosi non si sono trovati d’accordo sull’esatta interpretazione di queste oscure parole.  Oggi con la scolarità di massa l’istruzione è diffusa mentre la cultura      è in calo, considerata non più necessaria. L’acquisizione di un più elevato livello di coscienza di sé, che si compì nel corso del Rinascimento, è andato degradando con la modernità. Vi è notevole contraddizione  tra la tecnologia, che implica precisione funzionale, e la casualità improvvida dei comportamenti quotidiani. Prevale l’aspetto irrazionale che concede ampio spazio all’emotività con la motivazione che il mondo tecnologico contrasta con la prassi dei rapporti umani. Così finisce per prevalere il motto che Rabelais immagina posto sul frontone d’ingresso dell’Abazia di Teleme: “ Fa ciò che vuoi”. Siamo vicini al nocciolo delle peculiarità strutturali individuali che presiedono all’esperienza, la quale non è più vista come un percorso in qualche modo obbligato, legato alla crescita umana, ma come  stimolo ludico, ricerca di evasione. Tutto ciò si riflette ampiamente nel linguaggio dell’arte che ha abbandonato la traccia di conoscenza tecnica e culturale per affidarsi all’estemporaneo impulso provocatorio. La modernità ha confermato che gli esseri umani non sanno rinunciare ai miti, ne creano continuamente, in particolare di personaggi “trasgressivi” . Da quando Roland Barthes nel 1957 scrisse “Miti d’oggi” la realtà ha superato le più pessimistiche previsioni. La popolarità di un personaggio oggi si giudica dal numero di follower  sui  network. Lady Gaga pare abbia 43 milioni di follower, supera il Papa ed ogni altro personaggio. La cultura vera  non ha molto seguito. Incide su mentalità e comportamenti correnti  la squallida filmografia Made in Hollywood. La fine della nostra specie non sarebbe  una tragedia,  forse permetterà di  salvare  flora e fauna ormai residuali sul pianeta Terra..     aaaaaaaaaaaaaaaRocker-punk-1968

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