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La facilità di essere peggiori.  0

Capita sempre più raramente di incontrare persone felici. Quasi tutti vorrebbero essere altro da ciò che sono. Vivere un vita diversa da quella che vivono. Forse non hanno consapevolezza che ciò che desiderano essere è spesso peggio di ciò che sono. Vi è una lunga schiera di filosofi, moralisti, libertini, ciascuno sembra avere la ricetta per una vita felice. Difficile essere all’altezza dei propri sogni, anche perché spesso quelli che consideriamo sogni sono in prevalenza desideri concreti, materiali. Prigionieri di noi stessi , concentrati su noi stessi, assorti su noi stessi.  I greci hanno creato miti che sono altrettanto metafore dal valore perenne. La società contemporanea è posseduta da un conformismo desiderante la cui cifra è ben espressa dal mito di Tantalo. Nessuno è all’altezza dei propri sogni e così sceglie quella che considera concretezza ma  in realtà è rassegnazione. Il mito di Sifilo esprime l’incapacità di sottrarci alla coazione a ripetere. Il masso  rappresenta la materialità a cui non sappiamo sottrarci. La fatica di vivere finisce per essere la frustrazione che deriva dal non possedere. E’ lontanissimo da noi l’insegnamento di Diogene Sinope,  inconcepibile accettare la povertà della sua esistenza. Cerchiamo scuse per la nostra infelicità. La nostra mente non ha altri limiti se non quelli della nostra sensibilità e intelligenza. Non è quindi la vera libertà che ci manca, piuttosto  l’incapacità di realizzare noi stessi tenendo a bada gli impulsi del corpo per liberare i nostri sogni. Non è un caso che il sostantivo “spirito” sia pressoché espulso dal lessico moderno. Il mestiere di vivere del quale scriveva Cesare Pavese, e che lui non ha saputo apprendere ponendo fine alla propria vita, si è ulteriormente ingarbugliato per gli innumerevoli strumenti di distrazione che la contemporaneità ci offre. Non è più attuale l’affermazione di Shakespeare: “siamo fatti della stessa sostanza dei nostri sogni”. Semplicemente non abbiamo più sogni ma solo una continua ansia desiderante che giustifichiamo e coloriamo in vario modo.aaaaaaaacesare-pavese.jpg-500

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La post-ignoranza.  0

Forse non dovremmo stupirci se il mondo dell’arte si affida ormai a una sorta di trovarobato tra ready-made e recupero di oggetti strani di ogni genere. La trasformazione della realtà attraverso l’uso delle parole ha reso tutto possibile. Dopo  il postmoderno e la post verità, siamo arrivati alla post ignoranza. Su riviste, libri, inserti culturali,  si leggono sequele di  truismi e banalità. Non c’è più spazio per lo stupore. Il professor Cipolletta, nel libro “Allegro ma non troppo”, segnalava che la popolazione aumenta, l’intelligenza resta costante. Per supplire, la scienza  inventa l’intelligenza artificiale, forse per la difficoltà di sviluppare l’intelligenza naturale. I media costituiscono una rassegna di assoluta insignificanza  e volgarità. Usiamo parole delle quali non conosciamo il significato. L’espressione cinismo ha assunto un significato esattamente contrario a quello della filosofia cinica da cui scaturisce. Antistene, Diogene Sinope, Epitteto erano i maggiori esponenti di quella corrente filosofica. Nell’uso comune, cinismo è qualcosa che concerne disinteresse delle persone mirare ai propri interessi. In realtà i cinici proponevano una vita semplice, essenziale. I Cinici anticiparono di 2300 anni le regole che saranno state adottate da alcuni ordini monastici. Avevano come unica proprietà un mantello che serviva anche da coperta quando dormivano dove capitava. Mangiavano ciò che trovavano. Perché si usa la denominazione di “cinico” in senso diametralmente opposto al significato? La manipolazione del linguaggio è lo strumento per divulgare tesi decettive, in coerenza con il pensiero unico. Il linguaggio verbale e visivo si presta alla  creazione di mitologie fatue, icone che sono l’opposto di una vita sana. Tra l’altro è paradossale l’adozione del temine “Icona”, una  immagine religiosa di origine bizantina, adottata anche dalla chiesa ortodossa russa. Oggi è una icona una attrice pornografica, un cantante omosessuale, un trans gender noto nell’ambiente mondano. Assistiamo a un decadimento umano e culturale davvero penoso. Nel nome della “libertà” dei così detti “diritti individuali” tutto è non solo accettato, ma celebrato. Gli effetti  collaterali, sono disordine, maleducazione, violenza.espression13

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Libertà, felicità, ragione.  0

Nell’evoluzione, o involuzione, della cultura così com’è andata articolandosi nel corso dei secoli si è finito per perdere di vista ciò che costituisce l’essenzialità della nostra esistenza disperdendo significati e scopi in una quantità di rivoli che non nutriti  dalla fluidità della fonte presto inaridiscono. Allora forse è utile ritornare agli antichi, quando la semplicità della vita rendeva tutto molto più semplice. Ogni tentativo di collegarsi a una linea evolutiva naturale finisce per scontrarsi sulla necessità di stabilire norme necessarie alla vita civile. L’insorgere della ragione nella coscienza attua in modo diverso  il principio animale dell’autoconservazione, l’ equivalente dell’amore di sè non è detto si  evolva in estensione progressiva in amore per gli altri ma può solo essere sostituito da una più consapevole e adesione a sè in quanto esseri razionali capaci di produrre criteri universalistici, dai quali  scaturisce anche la giustizia. Su questa discontinuità, Zanone aveva fondato la preminenza normativa del saggio che si pone a confronto con la collettività. La sua politeia, scritta secondo i malevoli sulla coda del cane, cioè in odore di cinismo, poteva apparire paradossale, rivoltante solo a chi non comprendesse il rigore perfezionistico che la fondava. Incesto e cannibalismo non sono  per natura, come non lo è qualunque norma confezionata dagli uomini. Solo  dopo una valutazione razionale adeguata alle circostanze. In altre parole la fondazione di una civiltà presuppone delle regole che vanno osservate pena il ritorno alla condizione primitiva. In un mondo in cui tutto è precario, gli stessi piaceri sono ansiosi, inquietati da timori di ogni tipo, la saggezza si misura sulla garanzia di stabilità che riesce a dare, sulla capacità di tenere a freno gli innumerevoli modi di  sprecare la vita che gli uomini inventano  cedendo alle loro passioni. La felicità è un corollario, un fine che reca in sè la radice dei turbamenti. Più si ricerca con affanno la vita felice, più ci si perde nella nebbia di desideri confusi che inducono in errore. La ricetta di Seneca per la  vita felice fa perno sulla virtù, secondo i canoni più rigorosi dell’autosufficienza stoica. Il sommo bene e l’esercizio della volontà che permette il controllo di sè, la possibilità di perseguire equilibrio che consente di vivere la vera libertà. Costruire la  propria esistenza con un parziale dominio del tempo della nostra vita. Platone ci convince a pensare tutte le cose soggette ai sensi che si eccitano, ci attirano, non hanno una propria realtà è una conferma dei molti altri motivi per cui occorre cercare in sé il senso della vita. Seneca a un certo punto accetta l’idea platonica di uno spazio contemplativo. La dottrina Stoica vede il corpo come se fosse un involucro. Verrà il giorno che si staccherà. Il legittimo desiderio di felicità  dovrebbe indurci a dare valore alla nostra vita nella sua interezza. Marco Aurelio si esprimeva su com’è importante imprimere bene nella mente la realtà. A proposito dei cibi delicati,di bevande raffinate, nutrirci di un  cadavere di un pesce o di un uccello, di un porcello. A proposito dei rapporti sessuali diceva che non sono altro che lo sfregamento di un organo e l’eiaculazione un po’ di muco accompagnato da convulsione. Di fronte a questa realtà noi non dobbiamo rifiutare la vita, ma semplicemente cercare nella vita i valori che la arricchiscono, che  danno un senso in primo luogo alla libertà vissuta in modo consapevole. Seneca ripete spesso che la libertà inizia dal controllo di noi stessi, non ricorrendo ad una esasperata razionalità, per la quale non tutti hanno sufficiente intelletto, molto più semplicemente auto- educarci all’esercizio della volontà. Sentimento del bene non significa necessario perseguire la virtù assoluta, semplicemente controllare la nostra vita,decidere coscientemente le nostre azioni.

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Il corpo.  0

Nel 1972 René Girard pubblicò “La Violence et le sacrè”, indagando tra l’altro la funzione del sacrificio come mediazione nei conflitti sociali nelle società primitive. Le teorie comportamentali  tendono a sottovalutare le influenze del corpo attraverso il quale viviamo le nostre sensazioni. La donna è da sempre particolarmente sensibile al predominio del corpo. Molte le opere d’arte femminili hanno il corpo come riferimento diretto o indiretto. Il lampadario fatto con assorbenti presentato alla Biennale 2005 a Venezia rientra nel vasto filone dell’evidenziazione di tutto ciò che attiene al corpo femminile. Opere che non sempre sono in coerenza con le giustificazioni teoriche che le accompagnano. Non è un caso che la body art sia declinata prevalentemente al femminile. Mona Hatoum mostra in un video i movimenti peristaltici del proprio intestino. La francese Orlan si è sottoposta a una serie di interventi chirurgici, effettuati in pubblico come performances. Mai come nella nostra epoca storica è imposta la centralità del corpo. Non a caso la nostra è l’epoca della prevalenza femminile. Quando si parla di emancipazione femminile in primo piano balza la libertà sessuale, il corpo. Anche le donne arabe focalizzano la loro richiesta di emancipazione  sul corpo. Un antologia di racconti firmati da autrici arabe ha per titolo “Parole di donna, corpo di donna”.  Una prova ulteriore di come la prevaricante cultura occidentale determini e condizioni anche il percorso verso l’emancipazione delle donne di altre culture. Da noi il linguaggio diseducativo della tv è costituito soprattutto d’immagini più o meno erotiche. Comportamenti sociali, sviluppo di strumenti tecnici modificano gradatamente la funzionalità del corpo, un recente studio di scienziati inglesi  sembra dimostrare che vi sono parti del corpo umano ormai assolutamente inutili, retaggio del passato. Ma se il corpo si modica, la natura umana, intesa nel senso di pensieri, comportamenti, sensibilità, di quanto è gia modificata?  L’antica querelle tra Agostino, il quale sostiene che l’uomo nasce orientato verso il male. La tesi pelagiana secondo cui l’uomo nasce buono ed è guastato dalla società in cui vive. L’idea che abbiamo di noi stessi, ci vieta di considerare la terza ipotesi : l’uomo è un animale la cui intelligenza corregge in parte le sue tendenze naturali, di qui contraddizioni e differenze. Ma in questo come in altri casi l’arte, la letteratura, il cinema, sembrano mettere l’accento soprattutto sul concetto di libertà, sulla possibilità dell’uomo di scegliere il proprio destino. Tesi apodittica. Per secoli si sono confrontati deterministi e coloro che sostenevano il libero arbitrio. L’ambiguità della posizione che tutt’ora permane consente a ognuno di tirare la coperta dalla propria parte. Molte delle suggestioni, stimoli, spunti del dibattito sull’arte, trarrebbero vantaggio se venissero abbandonate posizioni basate sulla convinzione che la libertà consente tutto e il contrario di tutto. se è vero, come sosteneva Pascal che l’uomo è una canna che pensa, per questo superiore a tutte le altre creature, è anche vero che l’uomo pensa soprattutto a se stesso e tenta di sublimare le proprie pulsioni, giustificarle, celebrarle, prima ancora di capirne le ragioni profonde che le determinano.

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Secondo Bertrand Russell  0

Secondo Bertrand Russel , “ nessuno può comprendere la parola formaggio, se prima non ha un’esperienza non linguistica del formaggio”. Roman Jakobson contesta l’assunto, a mio avviso con giuste argomentazioni, basate sulle distinzioni, non solo tra le varie lingue, ma anche nella definizione del genere. Qui non è possibile esporre le argomentazioni di Jakobson, basti dire che uno dei limiti della critica e filosofia dell’arte è riscontrabile nelle generalizzazioni linguistiche. Se ogni opera d’arte ha una propria definita ontologia, non è possibile un’ermeneutica  critica  che non si basi sulla singola opera. Spesso il riferimento della critica è ai generi, arte astratta, figurativa, Pop Art ecc. In moltissimi casi, con  una sinèddoche , ci si sofferma sull’artista, ovvero sulla corrente a cui appartiene, anziché  esaminare l’opera  o le opere di cui ci si sta occupando. Questi espedienti narrativi sono  utili per creare il mito del personaggio-artista  ed  esimersi  dall’affrontare l’ontologia dell’opera. La narrazione si avvale spesso di riferimenti impropri, per esempio le neuro scienze, o attuando una sorta di copia incolla di etimologie filosofiche che stridono con l’evidenza che l’osservatore ha di fronte. Pratica e teoria dell’arte devono affrontare problemi complessi  che spesso sono stati creati in un’ansia ermeneutica che nasce dalla necessità  di creare  una ragione di ricerca. Alla fine si sceglie di tagliare il nodo gordiano, elevando a norma l’impossibilità di una reale lettura dell’opera d’arte nelle forme in cui si realizza nella contemporaneità. Nel mettere in evidenza la complementarietà  del linguaggio, oggetto e meta- linguaggio, Niels Bohr  assumendo che: “..esiste una relazione complementare fra l’uso pratico di ogni parola e il tentativo di darne una definizione precisa”.  L’ermeneutica dell’arte si affida esclusivamente alla narrazione, finendo per essere decettiva, senza  chiarire il significato ontologico dell’opera ma accreditandolo come assioma.        aaaaaaaaaaaaaaaa-Garau-3

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Perdita di autonomia dell’arte.  0

 

L’arte è un segno, un linguaggio. Secondo Peirce “un segno è qualcosa che rappresenta o denota un oggetto ad un interprete”.  Egli classificava i segni  in tre serie:  icone che raffigurano il significato. Caratteri pittografici , segni indice che servono a indicare un significato. Simboli, ovvero segni  puramente arbitrari che devono essere associati a certi significati. La critica d’arte si assume il compito di attribuire  significato al segno, in particolare il rapporto fra significato generale  e significati contestuali. Quest’ultimo è un tema linguistico che attiene alla comunicazione reale e non può subire manipolazioni semantiche  neppure modificazioni ontologiche.  Purtroppo è quanto avviene con la  critica e filosofia dell’arte. Si  suppone che il destinatario di un messaggio, in questo caso dell’opera d’arte,  abbia la capacita di decifrazione.   Il problema di cosa caratterizza un’opera d’arte come tale, è stato affrontato da migliaia di critici d’arte e filosofi; il risultato è stato un’accresciuta  entropia semantica. Per ragioni storiche l’avvento delle avanguardie ha coinciso con la crescita esponenziale del mercato dell’arte. Tuttavia, a differenza di quanto comunemente  si crede, non sono state le avanguardie artistiche ad avere creato la situazione attuale. Da sempre ci sono state persone che hanno prodotto oggetti ai quali  attribuivano valenze artistiche. In effetti in molti casi è stato il tempo a valorizzare taluni oggetti, come dimostrano i reperti storici di uso quotidiano.  Insieme al mercato dell’arte. Contemporaneamente alla crescita del mercato dell’arte vi è stata l’esplosione dell’industria culturale che aveva interesse  a valorizzare la narrazione critica e filosofica  relativa all’arte contemporanea che dava impulso al proliferare di pubblicazioni libresche sul  mercato dell’arte. Critica e filosofia hanno assommato a interesse di bottega, ragioni ideologiche, orientate  a disarticolare il pensiero estetico, per dare spazio ad artisti di scarsa qualità ma di forte radicamento ideologico. Il risultato è stato  che il tema dell’arte è finito in un cul de sac. Detto in altri termini, hanno distrutto il giocattolo che poi non hanno saputo ricostruire. Da quel momento l’arte ha perso la propria autonomia. Un codice, in questo caso il codice dell’arte, ha un mittente, l’artista,  un destinatario, l’osservatore dell’opera. Se il codice dell’artista non è decifrabile, si rende necessario l’intervento di  un decifratore . L’artista non comunica più direttamente con l’osservatore, sono il  critico e il filosofo ad attribuire significato all’opera d’arte. Tuttavia la narrazione di critici e filosofi ha parametri di riferimento che non sono gli stessi del comune osservatore. Dunque nel percorso di decrittazione l’opera cambia la propria natura,  assume le caratteristiche  e significato che la narrazione critica- filosofica gli assegna.    aaaaaaaaaaaaaaaa-Garau-1

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Relatà e forma.  0

L’ontologia dell’arte è una creazione immaginifica che risponde ad esigenze di varia natura. Alexandre Kojève nel suo testo su Kandinsky scrisse: “ Picasso riesce a fare un quadro solamente una volta circa su cento in cui mette i colori su una tela”. E tuttavia Picasso è considerato un mostro sacro della pittura contemporanea. Per Kant rimane valido l’antico nesso tra gusto e società, egli affronta il tema tra giudizio puro  e giudizio intellettualizzato, a cui corrisponde la contrapposizione tra bellezza “libera” e bellezza “aderente”. Una dottrina importante per la comprensione dell’arte. Il riconoscimento dell’arte, in base alla fondazione estetica  collegata al giudizio sul gusto, induce a riflettere sulla differenza di giudizio tra ciò che abbiamo in mente e ciò che abbiamo davanti agli occhi. Conseguenza di questa considerazione è che l’opera d’arte dovrebbe essere qualcosa di più che conforme al gusto. Nella interpretazione kantiana sull’estetica, Winckelmann e Lessing,  assumono una posizione chiave. Per entrambi “espressione di moralità” è strettamente legata alla bellezza, soprattutto quando raffigura il corpo umano. Schiller offre  una propria interpretazione della bellezza secondo cui  la pittura esprime, nell’impegno della trasfigurazione,  una estetica che si propone un ideale il quale costituisce una versione possibile della immaginazione creativa. Hegel ha colto, nelle sue lezioni di estetica, e tradotto in concetto l’espressione della spiritualità che dovrebbero essere propria dell’arte.  aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaPicasso-newsletter

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Storia e memoria  0

L’arte riflette, in qualche caso suo malgrado, le strutture e i movimenti sociali. Nel 2000 l’olandese Paul Jozef Crutzen, studioso di chimica dell’atmosfera, per definire l’epoca attuale dal punto di vista delle scienze naturali, propose il termine “ antropocene”., riprendendo un concetto analogo formulato nel 1873 dal geologo italiano Paolo Stoppani. Non c’è dubbio che l’esplosione demografica dovuta non solo ai progressi della medicina, tenuto conto che nei Paesi arabi dal 1900 al 2000, la popolazione è passata da 150 milioni di individui a 1200 milioni. La politica è impotente di fronte a questi fenomeni che registrano il fallimento del velleitarismo scientifico. Che posizione e peso può avere l’arte in questo sviluppo?  Si ha l’impressione che gli artisti, culturalmente inadeguati a comprendere la dinamica socio-politica, si rifugino in dettagli, frammenti, di realtà prive di significato. La frenesia cinetica fa il resto. L’inadeguatezza degli artisti è sempre stata presente, anche se ignorata per ragioni ideologiche, giustificata con la balzana idea che arte, filosofia, politica, debbano prescindere da questioni etiche. Oggi il concetto si è diffuso nella  massa. Quando il 16 ottobre del 1937, nelle isole Soloveckie i  bolscevichi mandarono a morte 1116 persone,  il celebre scrittore Maksim Gor’kij lo considerò un grande trionfo socialista. L’arte sembra costituire paravento e alibi per ogni atto, in questo senso ha  successo. Non può più accadere quanto successe a Simone de Beauvoir,  cacciata nel giugno del 1943 dal Ministero dell’Educazione Nazionale  per avere intrattenuto rapporti sessuali  con una sua allieva. Oggi siamo femminilizzati e moderni. I sessantottini cacciarono De Gaule che aveva attivamente partecipato alla resistenza francese contro i nazisti, lo accusarono di fascismo. Marx, Lenin Trockij e Mao furono inneggiati come eroi. Nel 1972 vennero ritratti accanto a Marilyn Monroe e Yves Saint Laurent  da Andy Warhol. Nel 2017 all’Eliseo è stato eletto Emmanuel  Jean-Michel  Frédéric Macron,  ex funzionario della Banca  Rothschild. La sinistra italiana si è congratulata con l’eletto, non è stata solo questione di cortesia politica. Lo sfarinamento della civiltà in atto da tempo, si avvale soprattutto dell’ignoranza che genera incoerenza. Intellettuali, artisti , politici che si richiamano a ideologie che hanno compiuto massacri, s’indignano per l’atto di un singolo definito fascista. Costoro non dimenticano la storia, semplicemente non la conoscono.

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Pregiudizio e bellezza.  0

Il pregiudizio riflette semplicemente il livello di conoscenza e di condizionamenti ideologici e culturali, oltre alle convinzioni o assenza di convinzioni etiche. Questi sono i presupposti  sui quali s’incardina il sapere di ognuno. In questa prospettiva, coloro che si scagliano contro il pregiudizio, sono mossi da pregiudizio. Non solo, ma spesso non conoscono affatto l’argomento al quale si dichiarano avversi.  Quando ai primordi della civiltà nasce la “cultura”, essa si manifesta in forme articolate sulla spinta della curiosità e dal bisogno. L’arte figurativa, a esempio, precede la scrittura, è la forma primitiva di comunicazione , strumento per esprimere le emozioni, le paure, l’ansia dell’immaginazione evocativa. Nelle grotte di Lascaux la pittura non era attività ludica, costituiva la semplice speranza per la cattura di una preda, ovvero il ricordo per il buon esito della caccia. Solo molto più tardi nasce la capacità di tradurre il suono vocale  in segno. La scrittura da prima è essenziale per poi articolarsi in forme sempre più complesse. Il pensiero si affina  attraverso l’elaborazione della scrittura che lo esprime. Da quel momento l’immagine non è più la sola possibilità di espressione. Nasce la storia. In parallelo con lo sviluppo della parola, cresce la possibilità dell’inganno  che solo la parola consente. La nascita del teatro rappresenta  l’unione di gesto e parole, il gioco tra verità e menzogna. Platone sosteneva che il maggior valore non era contenuto nello scritto, ma solo nell’anima. Eschilo mette in bocca alla sentinella in apertura del suo Agamennone:” Io volentieri  a coloro che sanno parlo, a coloro che non sanno mi nascondo”. Ciò ci riporta alla sapienza millenaria indiana contenuta negli antichi Veda, scritti volutamente in modo criptico perché solo gli indiziati potessero capire. Anche  Pitagora metteva in guardia dal concedere l’accesso alla conoscenza a persone malvagie. Il mondo contemporaneo appare una conferma di quanto fosse giusta la credenza degli antichi sapienti. Le parole servono anche a  descrivere gli aspetti  umani più ignobili, l’arte contemporanea  ha cancellato la nozione di bellezza. Siamo lontani dalla convinzione di Gadamer  secondo Il quale : “…..la bellezza può anche essere percepita  come il risplendere di qualcosa di ultraterreno, e tuttavia è presente nel visibile”.

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Informazione corrotta.  0

Ventitre anni prima che Marshal Macluhan pubblicasse il noto saggio “Gli strumenti del comunicare”, che  conteneva  la nota affermazione: “Il mezzo è il messaggio”, Orson Wells realizzò quasi in solitudine il film “Quarto potere”.  Era il 1941. Sotto lo pseudonimo  di Citizen Kane.  Wells narrava le gesta di  William Randolph Hearst, magnate statunitense della stampa. Come sempre accade , per  ignoranza e corta memoria, i problemi sollevati da Orson Wells sono stati archiviati.  E’ rimasto il problema dei mezzi  di comunicazione che si presentano come il baluardo della democrazia, quando il realtà rappresentano la forma peggiore della cattiva coscienza della società, oggi come ieri. Nel giornalismo vi è stata una  crescita  esponenziale della presenza femminile.  Non vengono comunicate notizie, ma create. I giornalisti  come pappagalli   ripetono ciò che  chiunque può vedere, ma spesso deformano la realtà a vantaggio di una parte politica. In Italia la RAI si presenta come servizio pubblico, pretesto per imporre un canone anche a chi, forse la maggioranza, non guarda i programmi rai. I media  hanno interesse a raccontare ciò che si presume  il pubblico voglio sentirsi dire, non perdendo di vista la propria posizione politica. La conferma la troviamo nelle rubriche “lettere al giornale”. Rubrica che, in teoria, dovrebbe  ospitare le opinioni dei lettori, ma la selezione delle lettere in base alla “linea editoriale”. Gli argomenti che costituiscono il mainstream  del pensiero unico:  donne (femminismo), immigrati, omosessuali. Provarte a scrivere una lettera  avanzare critiche su tali argomenti , verrà sicuramente cestinata.  Il pensiero critico non è incompatibile con l’universo mediatico; sono  in gioco ragioni di mercato e di potere. Dopo i fatti dell’11 settembre a New York, Jacques Derrida e Jurgen Habermas  discussero su ciò che era accaduto. Il dibattito ebbe grande risonanza, ma le tesi dei due filosofi ebbero una connotazione diverse a secondo la linea politica dei singoli  media. I giornali occidentali  non hanno mai messo in risalto l’atroce azione criminale di George Busch ,  l’aggressione all’Iraq  giustificata con l’esibizione all’ONU di notizie false, puntualmente avvallate dai media. I mezzi di informazione definiscono se stessi “baluardo della democrazia” , in realtà sono cassa di risonanza del potere e dei gruppi sociali organizzati, a favore dei quali fabbricano notizie false e propinano fatti in forma decettiva. spesso ignobile. La politica dell’occidente è costituita da una serie infinità di sopraffazioni . Ovviamente anche la cultura, genericamente intesa, fa la sua parte. Si consideri che è stato assegnato il Nobel per la pace a Barack Obama, l’uomo che affiancò il francese  Sarkozy  e il britannico Blair nella aggressione alla Libia, ha finanziato e addestrato  gruppi islamici armati per combattere il Governo siriano. Il gruppo si trasformerà nell’ISIS  che ha  scatenato guerre e massacri che durano tuttora.  Sull’origine di questo disastro la stampa occidentale tacque e continua a tacere.Quarto_potere (1)

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