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Segnala mostre ed eventi  8

www.artefutura.org Pechino – Parigi Fotografie di Enrico Bossan 1989parigi-pechino3

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Cenni sull’origine dei romanzi  0

Antonio Delfini nei Diari  scriveva:“Il romanzo è diventato un’enorme truffa umana”. Gli scrittori contemporanei non tengono in alcun conto l’affermazione di Roland Barthes “La letteratura è la ricerca della parola giusta”. E neppure è ricordata la boutade di Oscar Wilde il quale affermava: “chi chiama zappa una zappa dovrebbe essere costretto ad usarla”. La cosiddetta immersione nella realtà, si riduce  alla rappresentazione del nuovo conformismo costituito da stereotipi, tanto antichi quanto il romanzo stesso, se è vero che già Petronio, secondo Hue, era letto per le sue lepide e spesso sconcissime rappresentazione. Vi è questa diffusa menzogna secondo cui la società sarebbe costituita in gran parte da persone per bene. In realtà sono folte le schiere di coloro che considerano  spregevole la virtù che limita la libertà, condiziona il diritto al piacere. E’ nota la boutade di Woody Allen: “ I cattivi vanno all’inferno, ma si divertono molto di più”. Tutto sommato, nella sua cinica concisioni è esattamente ciò che pensano le masse. J.J. Rousseau ha detto che le nazioni corrotte hanno bisogno di romanzi, come i malati di medicine. Ed esattamente come i malati ingurgitano ciò che viene loro dato, anche quando si tratta di placebo, le masse consumano romanzi, con predilezione alla sconcia trasgressività, al fatuo vittimismo, scegliendo spesso la forma più comoda: la tv. Lo schermo propina banalità e volgarità di ogni specie. La parola più inflazionata del nostro tempo è “diritto” . Oggi, più di ieri, chi scrive è attento alle regole del  politically correct, regole che, paradossalmente, non tengono in alcun conto l’etica, solo il rispetto formale sotto il profilo linguistico. Per dirla con parole più chiare e brutali, puoi parlare di pompini inculate, ammucchiate, ma guai se chiami negro un nero, sei messo alla berlina, guai se avanzi riserve sull’omosessualità. C’è un sorta di santo uffizio istituito dalle femministe USA che non tiene in alcun conto la libertà di espressione teorizzata anche da Rawls. Chi non condivide il pensiero unico, finto progressista, è tout court ignorante.  Secondo Hue l’intelletto degli umani è nemico naturale dello sforzo di conoscere, solo una minoranza è attratta dalla possibilità di ampliare i propri orizzonti mentali, i più sono molto più facilmente attratti dall’esca del piacere. Per questo ha facile gioco vellicare il progressismo da salotto,  tendenze ed  appetiti delle masse, fingendo di rompere tabù ormai inesistenti. Bernard Bolzano, filosofo che non a caso era già “fuori moda” ai suoi tempi,si schierava contro lo psicologismo che, per usare la fraseologia di Frege, spalanca le porte al terzo regno, vale a dire ai fenomeni mentali lontani da ogni ombra di verità ma linguisticamente correlati al soggettivismo intimistico tipico della letteratura femminile. Gli scrittori  infatti non hanno preoccupazioni formali, i best seller riguardano per lo più libri gialli o pornografici. Non si riesce a cogliere la natura della letteratura perché si è soggetti, come per la produzione artistica, al mercato. Parafrasando Poincarè  la letteratura non dovrebbe essere una raccolta di parole, come una casa non è una raccolta di mattoni. Siamo al punto cruciale della modernità. Non si scrivono libri per offrire cultura, come non si producono opere d’arte per indurre al bello. In entrambi i casi lo scopo è il guadagno. Il re è nudo. Le sue vesti non sono solo costituite dalla soggezione al potere, molto di più influisce l’ansia di riconoscimento mondano, avidità di guadagno nutrita di colta ignoranza.

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Arte e politica  1

Cosa pensate dei candidati che si contendono il vostro voto? Pensate che possa essere disdicevole esprimere pubblicamente un vostro parere sopratutto se non siete militanti di una parte politica? Sapere cosa pensano gli artisti è utile per capire l’orientamento culturale dell’Italia.

Frida Kahlo Olio su tela

olio su tela data e oggetto sul Portale

olio su tela data e oggetto sul Portale

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Dipingere l’aria.  4

Quale è la materia della pittura? Il colore,la tela, il segno? Le correnti che sostenevano “l’arte per l’arte” esprimevano la tendenza  oggettivamente esistente, la costituzione estetica delle opere come indipendenti da ogni altro riferimento. E’ seguita l’affermazioni di chi sosteneva, non importa dire, non importa fare, l’importante è esserci. E’ chiaro che l’apodittica autorefenzialità dell’arte porta agli estremi oggi palesi. L’arte in realtà è una sorta di alchimia, una simbiosi tra materia e pensiero. Analizziamo, a titolo d’esempio, lo stile di Pieter Brueghel il Vecchio, la solidità dei corpi e dell’aria che tiene il corpo separato dal mondo e nuovamente lo congiunge nel modo più profondo. Con la stessa forza con la quale i corpi s’incorporano nell’aria, essi si attirano anche l’un l’altro, diventano una sola sostanza. Il fiore acquista qualcosa dell’acqua, l’acqua dalla strada , il metallo dal cielo. Così si forma la materia della pittura. Ogni pittura ha dato, da sempre, un posto alla molteplicità della materia che si trasforma e da colore diventa immagine, fantasia, rappresentazione. Il ruolo mitico e unificante dell’arte non necessità del supporto della parola. Ma tutto questo ha un costo, richiede un percorso che non si arresta al ludico mondano, ma entra nelle viscere, corrode ed esalta. Kierkegaard descrive l’artista come un uomo infelice che trasforma in bellezza la sofferenza del cuore, non segue il gusto del filisteo. L’arte è tale quando possiede la capacità di guidare le emozioni ricettive. Assemblare assi, rifiuti, plastica, costruire strutture imponenti, non è creare, ma usare la materia informe come pensieri privi di sensibilità.

Piergiorgio FirinuBrueghel il Vecchio

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Segnalazione mostre ed eventi  20

www.artefutura.org critical theory and practice of the art of Photography Piergiorgio Firinu 2014manzoni dalla teoria alla pratica

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Immagine della sensibilità  2

Qual è l’origine della sensibilità? La cultura si può acquisire, ma in quale misura si può fare altrettanto con la sensibilità? E ancora; cos’è la sensibilità? Non sono quesiti a cui è facile dare risposte. Abitualmente giudichiamo la sensibilità dai suoi effetti, arte, poesia, musica. Riegl contrappone rigidamente il contenuto e la forma. Quindi la difficoltà dell’artista consiste nel tradurre la sensibilità in immagine attraverso una propria ermeneutica della realtà fenomenologica. Si suppone che l’artista possegga un bagaglio culturale e gli strumenti d’interpretazione e rappresentazione delle proprie intuizioni. Un artista di valore, dovrebbe possedere sufficiente carattere e convinzioni che gli consentano di sottrarsi alle tentazioni del facile ricorso alla scorciatoia della provocazione, della mondanità; in breve dal pensiero unico. L’arte contemporanea si è sottratta alla trattazione del contenuto iconografico che implica problemi estetici, ma anche la rappresentazione dell’ontologia dell’essere come si manifesta nella fenomenologia sociale. In linea di principio ciò che viene definita iconologia sociale, non è il semplice riflesso dell’esistente, ma la sua interpretazione. La forma pittorica si è tramutata in cartellonistica. Le espressioni di arte figurativa e mimetica hanno lasciato il posto a un citazionismo da supermercato, non in senso metaforico. Il germe drammatico del conflitto tra cultura e prassi della discontinuità, si è annullato nell’assorbimento mercantile di ogni manufatto che venga presentato sotto il sostantivo “arte”. L’epistemologia dell’arte ha rinunciato da tempo ad esprimere l’intensità espressiva  dei particolari di una realtà in divenire. Vi è una sorta di autismo dell’arte. La vera arte dovrebbe esprimersi attraverso una salutare rottura con i riti mondani, dove certo non è presente la vera, concreta, umanità nelle sue espressioni genuine. Si pensi al famoso passo della Poetica di Aristotele: …” come anche Sofocle  disse, egli rappresentava gli uomini così come dovrebbero essere, mentre Euripide li rappresentava come sono (Aristotele Poetica 25) L’artista contemporaneo, in massima parte, non si pone il problema. Il suo scopo è provocare e divertire, per questo segue l’applicazione di una pseudo teoria estetica ottusa e senz’anima, reifica e insterilisce la sensibilità e stimola il bisogno di sempre più forti sensazioni nel vano tentativo di riattivare una capacità di percezione assopita.

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Segnala mostre ed eventi  38

www.artefutura.org Nicolas De Stael Poesia del coloro 200 opere con descrizione e datanicolas de stael5

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Il cervello del serpente  2

Erroneamente si asserisce che il senso è la misura delle cose. L’intelletto umano è come uno specchio ineguale rispetto alla natura; esso mescola la propria peculiarità con ciò che osserva, e in questo modo le trasfigura, le deforma, riflettendo la propria impronta. Le “idola specus”,  rimanda alla caverna di Platone. Bacone  tenta di definire gli errori nel pensiero  dell’uomo, in questo caso la critica antropologica tracima nella critica sociale; ciascuno di noi,oltre alle aberrazioni comuni al genere umano, ha una spelonca, una grotta particolare in cui la luce della natura si disperde e si corrompe; e a causa delle proprie personali debolezze e propensioni  ciascuno tende a giustificare azioni indegne e per questo si accanisce nel considerare un optional la morale. La cultura di per se non nobilita, in molti casi fornisce strumenti dialettici per giustificare le proprie aberrazioni. Ed ecco dunque la necessità di eliminare riferimenti etici con spurie teorie apodittiche. La sensazione stimola i sensi più della ragione. E’ noto infatti che nella pittura il colore è affidato all’emozione, il disegno alla ragione. Ma la ragione deve essere nutrita di nozioni che la illuminano, non obliterata da sensazioni che l’annullano. Noi attribuiamo molta importanza alla percezione nuda dei sensi e non ci preoccupiamo più di tanto di sottoporre al vaglio della ragione le nostre sensazioni.  Bacone rileva l’importanza sociale del linguaggio, ma rifiuta le deformazioni, gli “idola fori” , che tendono ad adeguare non il comportamento all’etica, ma l’etica ai comportamenti. Nè valgono certo, a ripristinare il naturale  rapporto tra l’intelletto e le cose , argomentazioni, più o meno dotte, che  spesso sono volte a prestabilire alibi di carattere antropologico e sociale. Abolito il principio di  “ragion sufficiente”, ogni comportamento è giustificazione in se stesso. Accantonato il filtro che ragione ed etica esercitano sul debordante impulso alla trasgressione propria degli esseri umani, che sono innanzi tutto animali, tanto che molti comportamenti sono indotti da quella parte basica del cervello detta “cervello del serpente”. Anche il linguaggio è il riflesso della nostra approssimazione logica, usiamo parole che hanno significati volgari, ed è per superare i limiti della nostra istintuale banalità che i linguaggi della cultura e dell’arte hanno, o meglio avevano, lo scopo di elevare lo spirito umano, intendendo con spirito tutto ciò che ci sottrae, o tenta di sottrarsi, al forte condizionamento dei nostri sensi, all’attrazione di ciò che materiale. Condividiamo con gli animali la pressione dei sensi, senza avere l’istinto che in loro frena, guida, corregge. E’ un grave errore affermare che il senso è la misura di tutte le cose. L’uomo ha la possibilità di superare i limiti della propria natura animale, ma solo se si sforza di usare l’intelletto e  in questo modo tenere a freno gl’impulsi primordiali.      caverna rossa500

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Cinque milioni di sfumature del nulla  4

Quando Martin Jay scrisse “L’immaginazione dialettica” aveva in mente la Scuola di Francoforte. In realtà l’immaginazione dialettica pervade tutta la storia della letteratura, con in più una ricerca di precisione espressiva che  Roland Barthes  riassume nella frase: “ La letteratura non è altro che la ricerca della parola giusta”. Alfonso Sastre  esprimeva un elogio morale alla precisione nel suo testo “ La Rivoluzione e la critica della Cultura”. Ma in cosa consiste la ricerca della parola giusta? Per dire cosa? Descrivere mille e un modo per accoppiarsi, come prevale nella letteratura a predominanza femminile di oggi? Oppure  dovremmo continuare nella ricerca continua, a volte frenetica, della spazio, di un varco verso il cielo aperto dell’immaginazione, del sogno che oggi appaiono così disperatamente obsoleti? Melville inventava il capitano Achab per cercare il vello vivo della balena bianca, Moby Dick, è la forma che per lui assumeva la ricerca di un varco verso spazi indefiniti. Il pessimismo di Giacomo Leopardi aveva ancora un appiglio guardando al passato, ad un Asia che non avrebbe mai visto. Più rassegnato e prosaico, nella sua precisione scritturale, Robert Musil, definisce l’uomo  senza qualità. Percorsi mentali nei quali il tracciato della memoria era costituito dalla scrittura. Ne castello di Kafka si perde l’ottimismo, prevale il peso di una umanità senza sogni, che cerca una via d’uscita, vagante per trovare soluzioni impossibili. Anticipava ciò che in effetti sarebbe seguito.  Il  nostro tempo, affidato sempre più ad un baluginante intelligenza emotiva, cangiante come il colore del cielo, molto  meno rasserenante. L’apparenza e la superficialità femminile come prassi. Si è persa la volontà, forse la capacità, di proseguire nella ricerca del filo conduttore che dia un senso ad esistenze allo sbando.  Quando si pensa al valore di una parola, si pensa soprattutto alla proprietà che essa ha di rappresentare un idea, ed è questo uno degli aspetti della linguistica teorizzata da Ferdinand de Saussure. Il problema è che per rappresentare un’idea è necessario avere un’idea da rappresentare. Nel dominio delle apparenze le idee finiscono per non avere cittadinanza. Nella letteratura e nell’arte contemporanee, sono scarse le idee, prevalgono le sensazioni, provocazioni, sessualità, storie laide nelle quali il vivere si traduce in  vizio. Il delitto costituisce il filo conduttore delle storie. Si è rinunciato a porsi la domanda:   qual’ è il fine dell’esistenza? Domanda alla quale scrittori, intellettuali, artisti, hanno rinunciato a tentare di dare risposte.

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